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La casa editrice Miraggi pubblica ancora una volta un testo per temerari scalatori di memorie introspettive, dà voce a tutti quegli autori che hanno l’ardire di smantellare strutture tradizionali e puntare su anarchia e disobbedienza. Dunque stavolta rimbomba l’eco del torinese Luca Ragagnin che strizza, con stile appuntito, torbidi contenuti per restituire confusione e disorientamento ad un lettore comunque predisposto e pronto ad affidarsi all’idea di un epilogo irrisolto.

Agenzia Pertica è il contenitore di una storia nella storia raccontata e vissuta da un protagonista arrovellato nella continua analisi di sé in rapporto a tutto ciò che esiste fuori di sé tra pronostici, sconfitte, razionalizzazioni, tentativi, adagiamenti, rese e caos.

Domizio Pertica è uno scemo, anzi uno scrittore scemo; è così che in continuazione propaga la propria indole da sarcastico paroliere autolesionista, non capisco se abbia davvero consapevolezza di essere uno scrittore fallito e frustrato oppure è il comunissimo alibi di tutti i disillusi presentatori di sé, a cui ad un tratto si accende la spia che li arma di coraggio e buoni propositi, utili per cambiare radicalmente strada.

Pertica apre addirittura un’agenzia investigativa, che si tramuta in un abile espediente per raccontare esilaranti avventure di sé protagonista e dei rocamboleschi personaggi con cui si intrappola e gioca a disattendere le aspettative del lettore.

Agenzia Pertica è una conca scivolosa su cui galleggia un’amara e parodica visione del mondo editoriale, irrorata da tecniche meta-narrative, a cominciare dallo sdoppiamento tra autore e personaggio; il conducente narrativo si rivolge, con ironica disinvoltura, ad un immobile “prezioso lettore” che lotta tutto il tempo con una punteggiatura quasi dadaista, probabilmente emulata per inframezzare certe pagine surreali e solleticanti.

Differenti linguaggi e incontrollate strutture stilistiche scolpiscono la trama onirica ma mai casuale, ogni tassello ha una sua ragione di esistere, un’articolata psicologia che stimola la fervida immaginazione di chi se ne accorge, l’introspezione è pressata da connotati reali in cui si diluisce l’ironia accompagnata da una sfumatura di amarezza. Un accenno di nevrosi rende le vicende opache e i contorni caricaturali.
Non resta che riflettere di nuovo e stabilire che significato dare al sorriso per scoprire geniali soluzioni di sopravvivenza.
L’unico modo per non morire è non nascere

Ombretta Costanzo

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