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CULTURA: “Il bruciacadaveri” di Ladislav Fuks

Ladislav Fuks
Il bruciacadaveri
traduzione dal ceco di Alessandro De Vito
postfazione di Alessandro Catalano
Miraggi edizioni, Torino 2018
Ed. orig. 1967
pp. 219, euro 18.00

Il signor Kopfrkingl è un borghese apparentemente soddisfatto di sé, della sua famiglia e della condizione sociale in cui si trova a vivere. Nulla lo rende più felice della moglie Marie, ribattezzata Lakmé, la sua “celeste”, dei figli Zina e Mili, della sua casa sovraccarica di ogni comfort e di oggetti di pregio. Ha un buon lavoro al crematorio cittadino, una legge molto avanzata permette la cremazione nel suo paese, e il mestiere di “bruciacadaveri”non solo gode di buona reputazione, ma ha anche un’aura di missione etica. Kopfrkingl crede nella reincarnazione, è assiduo lettore di un prezioso quanto misterioso libro sul Tibet e sul Dalai Lama ed è convinto che la riduzione in cenere dei cadaveri acceleri pietisticamente la trasmigrazione delle anime. Non soddisfatto delle sue entrate, coinvolge il signor Strauss, forse ebreo, sicuramente molto sfortunato, in un’attività parallela di diffusione e promozione della cremazione.

Il signor Kopfrkingl ha, però, una debolezza insanabile: teme di non fare abbastanza per la propria famiglia, che manipola come un amorevole burattinaio. È sempre lui a parlare, consigliare, affascinare, ai suoi congiunti consente qualche monosillabo, un sorriso o uno sguardo accondiscendente. Come le statue di cera del panopticum di Madame Tussaud, tutti coloro che gli stanno intorno sono materiale malleabile nelle sue mani, in nome del loro bene. Ma cosa sia il bene è qualcosa di sempre più fumoso e reversibile, perché il signor Kopfrkingl vive a Praga nel 1938, nei Sudeti furoreggia il partito filonazista di Henlein e a fine settembre i territori cecoslovacchi a maggioranza tedesca sono inglobati dal Reich hitleriano, con la silente condiscendenza di Francia e Gran Bretagna.

Ed è in questo contesto che il suadente corteggiamento di Willi Reinke, un nazista convinto, fa breccia nell’animo fragile di Kopfrkingl. La goccia di sangue germanico che scorre nelle vene del borghese di Praga si erge per la prima volta a giudice contro i nemici del bene comune: gli ebrei, verso cui Kopfrkingl ha sempre provato un’ipocrita benevolenza, gli oppositori del progetto di Hitler, i deboli e gli ingenui. Nulla lo fermerà nel sacrificio di costoro in nome di un modo futuro dall’infinito benessere e poco importa se dovrà sopprimere anche i suoi cari.

Metafora plurisimbolica dell’ascesa del nazismo e della sua fascinazione su uomini mediocri, futuri burocrati dell’industria dello sterminio, il Bruciacadaveri fu pubblicato da Ladislav Fuks nel 1967 e, l’anno successivo, il regista Juraj Herz ne trasse una trasposizione cinematografica dal grandissimo successo. Dopo l’invasione sovietica libro e film furono ritirati dalla distribuzione; Ela Hlochová Ripellino lo tradusse in italiano per Einaudi nel 1972. Fuori commercio da tempo, la nuova edizione con la traduzione di Alessandro De Vito e la ricca postfazione di Alessandro Catalano, viene a colmare un vuoto che troppo a lungo ha circondato la figura dello scrittore Ladislav Fuks. Giovane testimone dell’invasione nazista e della Shoah, pur non essendo ebreo, si è spesso identificato con i suoi compagni e amici perseguitati, fino a istituire, in molte sue opere, un rapporto simbiotico fra sé e loro, fra i cechi e gli ebrei di fronte al flagello dell’odio nazista.

 

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