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I Pellicani – recensione di Giorgia Gatti su Premio Comisso

I Pellicani – recensione di Giorgia Gatti su Premio Comisso

Pellicani figlio si presenta dopo 20 anni alla porta del padre. Non si vedono da quel giorno in cui lui se n’è andato sottraendo al genitore i risparmi che erano in casa.Pellicani arriva e trova un caseggiato disabitato e in rovina, l’unico appartamento ancora abitato sembra essere proprio quello di suo padre, ma al suo interno non trova il genitore, ma un vecchio paralitico, immobilizzato a letto e assistito quotidianamente da una donna, che ogni mattina lo nutre, si occupa della sua igiene e del lavaggio della biancheria.Fin qui tutto normale, tutto plausibile, tutto verosimile, vero?E invece no, non è così. Pellicani figlio racconta in prima persona ogni suo movimento e ogni suo pensiero, ed è così che ci accorgiamo che siamo all’interno di una mente allucinata, che siamo nella mente di un Don Chisciotte al contrario.Un eroico renitente, che con fierezza critica e si sottrae alla società, che non riconosce il padre in quel vecchio paralitico, che vede in ogni gesto umano, in ogni oggetto inanimato intorno a lui, un qualche messaggio diretto a lui, un giudizio, un rimprovero, che lui, da renitente, rifiuta.L’allucinazione è la realtà in cui Pellicani si muove, portando i suoi gesti al grottesco e crudele, verso se stesso e verso il padre, in nome di quel rifiuto della società che lo anima.È un romanzo esilerante, eppure scioccante e doloroso. Sergio La Chiusa è geniale e senza remore varca i limiti del verosimile e del moralmente accettabile, con una capacità narrativa e di pensiero che generano nel lettore un’empatia disturbante.

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LA TEORIA DELLA STRANEZZA – recensione di Giorgia Gatti su I libri di Mompracem

LA TEORIA DELLA STRANEZZA – recensione di Giorgia Gatti su I libri di Mompracem

Così imprevedibile, così strana la vita

Miraggi Edizioni arricchisce la collana Novavlna con La teoria della stranezza di Pavla Horáková, solo all’apparenza leggero, che ha la forma di una narrazione che scorre fresca e con la giusta dose di ironia.

In realtà, tra le pagine si attraversa la città di Praga e ci sofferma sulla sua storia recente, invogliati dalle riflessioni di Ada, la protagonista, che di fronte agli edifici, ai parchi, ai quartieri, ne coglie i tratti risultanti dagli avvenimenti.

Sono passati appena centocinquant’anni da quando, proprio qui, i condannati sottoposti a tortura morivano di scorbuto, settant’anni da quando dal cielo cadevano le bombe, appena trent’anni da quando Havel veniva pedinato, proprio su queta strada.

Ada è una ricercatrice in Antropologia, il suo sguardo sul mondo allarga l’applicazione del metodo scientifico di ricerca al quotidiano, dando luogo a prospettive inaspettate anche ad una semplice passeggiata nel parco:

In anni di osservazione ho capito una cosa. I barboni sono per la maggior parte dotati di una chioma foltissima. È evidente. Ho preso in esame talmente tanti esemplari che posso escludere qualsiasi pregiudizio o errore. I pelati sono meno dell’un per cento. Ma cose dedurne? Le dure condizioni di vita preservano in qualche modo dalla perdita dei capelli? Si tratta di una sorta di irsutismo secondario attribuibile alla vita all’aperto? O c’è una qualche relazione tra il gene della folta chioma e l’incapacità di adattamento alle regole sociali?

Da queste riflessioni disseminate per il romanzo, frequenti nei pensieri di Ada, si compone il quadro più affascinante di questa teoria: la possibilità che l’apparente caos sia il risultato di una catena di cause e conseguenze scientificamente tracciabile. E di come, all’opposto, la realtà dimostri che una catena di cause e conseguenze tracciabili può comunque dare luogo ad eventi totalmente inaspettati. Arrivando a far aderire questa stranezza anche alla Storia.

I copricapi si trascinano dietro una vera carica esplosiva. […] 

Pare che non sia un caso che nella civiltà occidentale le guerre siano passate di moda proprionel periodo in cui gli uomini hanno deposto i cappelli e le donne hanno smesso di annodarsi  foulard e indossare gli articoli creati dalle modiste. Come se coprire la testa causi un onnubilamento della mente, forse blocca i chackra principali, impedendo l’uso del buonsenso.

La stranezza, appunto, l’imprevedibile corso di una vita, che sembra però prevedibile a posteriori, seguendo le tracce al contrario, sapendole forse intercettare nel momento presente, eppure, l’esistenza dimostra che ogni vita rimane così, imprevedibile.

Ada osserva che forse anche i miracoli o i fatti soprannaturali, inspiegabili, sono solo eventi di cui non riusciamo a trovare le tracce a ritroso, per ora.

Ciononostante, ciò che rende la vita degna è proprio questa sua stranezza e il fatto che raramente ci fermiamo ad individuare gli anelli di quella catena che formano il percorso alle nostre spalle, e che già indicano, forse, il percorso che abbiamo davanti. 

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