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Torno per dirvi tutto – recensione di Claudio Della Pietà su Gli amanti dei libri

Torno per dirvi tutto – recensione di Claudio Della Pietà su Gli amanti dei libri

“Mio padre non c’è più e questa volta è lui ad avere bisogno di me”

I motivi per cui si legge sono tanti, ogni giorno sondaggi e interviste ne raccolgono e addirittura inventano di nuovi. Si legge per passione, per rilassarsi, per vivere un’avventura senza muoversi dal divano, per approfondire e magari capire, si legge per ridere o smettere di piangere, si legge per divertirsi e l’elenco è lunghissimo. Talvolta si legge anche per cercare risposte, specie a vicende che occupano, attraversano o travolgono le nostra vite (due delle più classiche sono la morte e la sofferenza nelle sue varie forme), e più cerchi meno ti sembra di trovare, o peggio ancora (?!), più ti nascono dentro nuove domande.
Una in particolare mi è nata e poi rimasta dentro, sperando di farla quanto prima all’autore, mentre ho letto “Torno per dirvi tutto”, romanzo scritto da Lory Muratti e pubblicato da Miraggi Edizioni nella collana Golem. L’entusiasmo con cui mi è stato proposto questo libro, che è parte di un progetto più grande, e comprende anche un album musicale, mi ha trasmesso la certezza di avere tra le mani un lavoro di grande valore. E tale si è rivelato.
Protagonisti principali del libro sono Lory Muratti stesso e il padre, che però conosciamo un istante dopo la sua morte. Ce lo comunica il figlio stesso, quando prende l’aereo all’ultima chiamata per volare da Parigi a Praga, dove il padre viveva e lavorava.

“Tu non hai mai saputo dire certe cose e io porto il peso di chi, non potendo fingere con se stesso, è obbligato a fingere con il mondo.”

Questa che riporto è la prima di tre frasi, che suddividono idealmente a mio parere il romanzo in altrettante parti, caratterizzate da una serie di eventi che qualificano in modo evidente l’intero romanzo: un’evoluzione continua, graduale, composta da frequenti presagi, annunci, ipotesi, interrogativi che i numerosi attori pongono soprattutto a se stessi. Lory sopravvive al padre e ora non può più fingere, deve prendere atto di una nuova realtà, di una nuova vita, di una nuova presenza del padre. E non solo di lui. Altre presenze si manifesteranno.

“…è là dove tutto si confonde che si devono costruire i nuovi significati.”

A Praga, città che affascina al solo pronunciarne il nome, città letteraria e ispiratrice di scritture e letture, e non ultime di grandi musiche, lì Lory compie i gesti e i riti previsti per salutare il padre, e aiutato da amici cerca anche di sbrigare le tanto fastidiose pratiche burocratiche, e gli incontri con persone apparentemente escluse dal funebre contesto che lo assorbe, incontri casuali e non, si innestano comunque nel suo quotidiano, e anziché aiutarlo o distrarlo, paiono confondergli le idee. Lory percorre più strade contemporaneamente, una di nome Ecli, una Mark, e una terza. I percorsi si intrecciano, si sovrappongono, come in una pista sulla sabbia le singole biglie azzardano sorpassi, si scontrano e faticano talvolta ad uscire dalla stessa buca in cui sono precipitate.
Ad un certo punto però il nostro protagonista, con cui ormai condividiamo ogni attimo della giornata, ha bisogno fisicamente d’aria, di spazio, di un reset direbbero gli informatici: ctrl-alt-canc. Lory, insieme ad Ecli, si sforza di uscire dalla sabbia. Ritorna dove lo abbiamo conosciuto, torna a Parigi. E lì accade un fatto incredibile, che lo sfiora, un fatto che pare non avere nulla a che fare con la storia sua e nostra: ma quale tragedia in questo mondo super connesso, globalizzato, aperto a tutto e chiuso a tutti, può solo sfiorarci? Così infatti non sarà, e diventerà e lo storia diventerà facilitatrice dello svelamento definitivo, sigillato dalla terza frase.

“Ogni cosa va scoperta e compresa a tempo debito.”

Profondo viaggio nell’animo umano, nel mistero della psiche e delle relazioni, questo viaggio interiore insieme agli spostamenti fisici tra grandi città europee, esalta la forza dei rapporti tra le persone, l’interdipendenza, la ricerca di sé stessi e degli altri, moltiplica dubbi e domande in una apparente confusione, come avvolti da una fitta e gelida nebbia che non permette di comprendere.
La scrittura di questo autore per me nuovo, tiene il lettore sempre nella giusta tensione, sempre in equilibrio sul filo, con lo sguardo fisso sull’ipotetico obiettivo. E le continue aspettative che sa creare, che annuncia anche palesemente e in diversi momenti, spronano il lettore, infondono entusiasmo e saldano il legame con i diversi personaggi. Non ci sono solo Lory e il suo defunto papà, di qualcuno ho solo accennato, ma il romanzo è ricco di donne e uomini, e anche se li intravediamo per poche pagine, lasciano tracce importanti.
Di questa lettura mi è rimasto quello che ho cercato di raccontare in queste poche righe. Spero si parli molto di “Torno per dirvi tutto” e che molti tornino sul web, sui giornali e ovunque per dirci tutto, di ciò che il romanzo dirà loro.

Buona lettura

QUI l’articolo originale:

http://www.gliamantideilibri.it/torno-per-dirvi-tutto-lory-muratti/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork&fbclid=IwAR2v3YLiF_fFLekHcENz87294aDfhC4sdYtp36ZGAIBXSMVduAqElI6ScWU

PENULTIMI – recensione di Martino Ciano su Gli amanti dei libri

PENULTIMI – recensione di Martino Ciano su Gli amanti dei libri

Come un viaggio che ricorda Canto alla durata di Peter Handke, così Francesco Forlani ci porta tra i penultimi, ossia, coloro che ancora conservano qualcosa del nostro vecchio Occidente.

Le sue parole vanno al di là della tradizione, della nostalgia; non c’è aria di polemica nei suoi versi, ma riecheggia la domanda delle domande: qual è il senso di ogni cosa? Ma come sappiamo la risposta da dare sarebbe tanto ovvia quanto impossibile.

Non è un caso che questi versi siano stati composti in Francia, nella patria di Camus, di Sartre, di Céline, che per primi hanno dato vita alla critica della modernità che non è solo dissenso o negazione ma, soprattutto, riflessione e interpretazione del capitalismo, della scienza, del progresso.

Pertanto, i penultimi di Forlani non sono altro che uomini e donne che lavorano per sopravvivere, che vivono per rincorrere qualcosa, che non si interrogano perché forse già hanno la risposta, che si inseguono a vicenda lungo le strade del mondo perché così fan tutti, eppure, davanti a un momento di silenzio, di noia, di smarrimento, di discernimento, loro si riappropriano di una coscienza antica e si affidano a quella poetica della resistenza che smuove l’anima.

Forlani è testimone di queste masse che invadono ogni mattina il metrò, le strade, i negozi, e avverte lo smarrimento di ogni individuo, la voglia di non farsi risucchiare, la necessità di esserci. Anche lui fa parte di questa folla, dei penultimi che ancora non vogliono abbandonare la lotta, ed è proprio per questo motivo che il verso diventa più di un rigo d’inchiostro, ma qualcosa che va inciso perché deve durare, altrimenti non sarebbe testimonianza.

L’autore parte da ciò che è negativo, brutto e sgraziato. Non si può fare altro. Eppure, il gioco dell’arte sta proprio in questo, rendere fruibile e positivo tutto ciò che andrebbe disintegrato, proprio perché ciò che resta possa essere da monito per il futuro; affinché nulla sia più la penultima scelta prima del giudizio finale.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

https://www.gliamantideilibri.it/penultimi-francesco-forlani/

LA VITA MOLTIPLICATA – recensione di Martino Ciano su Gli amanti dei libri

LA VITA MOLTIPLICATA – recensione di Martino Ciano su Gli amanti dei libri

Dieci racconti costellati da personaggi “divisi in loro stessi”. Storie di anime scisse che vivono in piani diversi della coscienza. In poche parole, Simone Ghelli dà voce a una prolifica commedia umana in cui nessuno si accontenta della realtà e che, pertanto, trova il suo habitat al di là dell’oggettività.

C’è un tempo esterno e un tempo interno. La percezione dell’uno e dell’altro origina un discorso intimo. Infatti, l’irreversibilità delle ore mai coincide con la reversibilità dei ricordi e con il futuro-presente in cui dimorano speranze e desideri. Eppure, è qui che tocchiamo con mano il patire, ossia, il “sentirsi”, che non vuol dire a tutti i costi “appartenersi”, anzi, spesso crea la famigerata incomunicabilità che si instaura tra mondo e soggetto.

Chi sono quindi i personaggi dei racconti di Ghelli?

Sicuramente, sono personaggi che dialogano con il disagio, che vivono un presente che non  appartiene loro, che si difendono prendendo le distanze dal mondo pur attraversandolo con grande dignità. Eppure, nonostante i loro sentimenti contrastino con la realtà, essi cercano quel medium capace di instaurare un dialogo con la quotidianità. Insomma, per loro dar voce ai pensieri vuol dire moltiplicare i punti di vista attraverso cui valutare il Mondo. Le loro doglianze alimentano una rivolta solitaria che non esclude la Terra, ma ne allarga l’orizzonte.

È facile entrare nei pensieri di questi personaggi, Ghelli ha uno stile asciutto che prende per mano il lettore. Proprio il lettore è chiamato a seguire la trama, che non si sviluppa orizzontalmente, ma verticalmente. Si sale sempre di più fino a giungere alla sintesi perfetta, ossia, all’impatto con la quotidianità.

Cos’è la realtà secondo Ghelli?

Il mondo si addensa negli occhi di chi lo guarda, pertanto, non esiste l’oggettività, ma solo una intima decodificazione di tutto ciò che si percepisce. La realtà che lo scrittore ci pone davanti è quel gran spettacolo che ci coinvolge e che sa ingannarci. È quindi la soggettività il gran rifugio, una sorta di “camerino” in cui possiamo prendere fiato e ripetere il copione prima di tornare in scena. Fatto sta, che è difficile recitare una parte che non piace, ed è in quel momento che tutto diventa faticoso e farraginoso; anzi, impossibile da mascherare.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

https://www.gliamantideilibri.it/la-vita-moltiplicata-simone-ghelli/