RUR – recensione di Ludovico Lamarra su Nerdface
«Nulla è più estraneo all’uomo della sua immagine»
I robot. Quanto dobbiamo essere grati alla creazione di questo archetipo narrativo per la nostra formazione di nerd? Per molti di noi i robot sono stati il primo contatto con una cultura dell’intrattenimento nuova e dirompente, diffusa su scala nazionale dalla miriade di canali locali della televisione italiana a cavallo tra anni ’70 e ’80.
Il primo robot
Dall’apripista Goldrake abbiamo assaporato talmente tante sfumature di cuore e acciaio d’aver perso il conto. Eppure, come giustamente sottolineato da Alessandro Catalanonella bella postfazione di R.U.R.: Rossum’s Universal Robots, fumetto imponente proposto da Miraggi Edizioni nella collana miraggINK, il creatore dei robot e dello stesso termine coniato per identificarli è ancora ignorato dalla maggior parte degli stessi fruitori delle storie che li vedono oggi protagonisti.
Un curioso destino
È questo, infatti, il curioso destino cui è andato incontro Karel Čapek, autore ceco che nel 1920 pubblica il dramma in tre atti R.U.R.: Rossum’s Universal Robots, messo in scena la prima volta l’anno successivo al Teatro Nazionale di Praga. A differenza di Mary Shelley col suo Frankenstein o di Bram Stoker col suo Dracula, Karel Čapek non è celebrato per aver dato alla luce i suoi «robota», esseri senz’anima fabbricati dall’uomo per assolvere ai ruoli produttivi della società.
E così, divenuti patrimonio collettivo, i robot hanno subito profonde mutazioni. Oggi, grazie a Miraggi Edizioni, quanti avranno l’intelligenza d’approcciarsi alla stupenda opera di Kateřina Čupová, che ha trasformato il dramma di Čapek in fumetto, potranno per esempio scoprire che in origine i robot non erano di metallo, ma di materia organica, più simili ai Replicanti di Blade Runner che a una qualsiasi creatura di Go Nagai.
Il perché di un oblio
Non è questa la sede per addentrarci nei numerosi motivi storici e culturali che hanno condotto i robot lontanissimi da Karel Čapek e, paradossalmente, la lettura della versione di R.U.R.: Rossum’s Universal Robots a romanzo grafico potrebbe fornirvi proprio gli spunti adatti per le vostre riflessioni, rappresentando allo stesso tempo una piacevole scoperta.
La trama
La vicenda è ambientata in un futuro prossimo come lo si poteva immaginare agli inizi del Novecento: una giovane donna si reca in visita allo stabilimento di produzione R.U.R., dove sono fabbricati i robot. Inizialmente non svela i motivi della sua presenza e la vediamo incontrare i diversi responsabili dei vari comparti, che le illustrano la meraviglia tecnologica di un essere incapace di emozioni e di riprodursi, più forte di un uomo e insensibile al dolore fisico, creato per liberarci dalla schiavitù della fatica e del lavoro.
Non tutte le voci degli uomini e delle donne addetti alla fabbrica sembrano concordi e, non a caso, agli inservienti più umili è data la voce della critica, che sarà fatta propria anche dalla donna in visita, per giunta tenuta all’oscuro fino all’ultimo di un segreto che potrebbe cambiare per sempre le sorti dell’umanità.
I tanti piani di lettura
R.U.R.: Rossum’s Universal Robots è un’opera complessa e dai numerosi piani di lettura, motivo che probabilmente ha contribuito a renderla meno digeribile alla cultura popolare. L’idea di una massa proletaria priva d’identità e da sfruttare in mansioni logoranti è un evidente richiamo alla Seconda Rivoluzione Industriale, i cui effetti su società e ambiente saranno al centro di tanta produzione letteraria, per restare solo in questo ambito espressivo. Ma è inevitabile anche pensare a una prima riflessione sul Comunismo reale e al miraggio di un’utopia di liberazione tramutatasi in dittatura.
Una distopia in tavole
Kateřina Čupová riesce nell’impresa di rappresentare una distopia angosciante, immaginata un secolo fa e senza possibilità di ritorno, usando colori pastello e uno stile visivo per certi versi fanciullesco, rendendola anche più vicina ai nostri tempi. Sono proprio i colori a dettare i cambi di atmosfera, insieme ad alcune tavole di grandissimo impatto, sorrette ed enfatizzate dal formato imponente del fumetto e dalla scelta di una carta di grande qualità e grammatura.
Siamo grati che la tradizione dei robot abbia saputo prendere strade pure molto diverse da quelle tracciate da Karel Čapek. È stato rassicurante crescere immaginando d’avere giganteschi protettori sempre pronti a difenderci da nemici alieni, al massimo a «odiare gli stupidi» o «il peccato e non chi lo commette».
Da Rossum a Skynet
Ma grazie a Kateřina Čupová e alla sua riduzione di R.U.R.: Rossum’s Universal Robots non possiamo più ignorare come altri filoni meno rassicuranti in materia abbiano ripreso un filo molto indietro nel tempo, che ci ha condotti fino a Skynet. Capiamo, forse, il motivo del suo oblio: sfruttamento e prevaricazione sono mostri ben peggiori di qualsiasi succhiasangue o scienziato pazzo, sono uno specchio al quale non tutti riescono a guardare.
QUI l’articolo originale: