Endecascivoli – recensione di Giovanni Follesa su Unione Sarda
“Endecascivoli”, racconti dal sottosuolo
Le memorie di un padre (minatore poi laureato) accendono le narrazioni di Patrizio Zurru
Se al termine della lettura di ciascuno dei 65 racconti arriva l’impulso di cercare il pollicesù per mettere un mi piace, non c’è da preoccuparsi. È solo uno dei sani effetti collaterali di “Endecascivoli” scritto da Patrizio Zurru e pubblicato per Miraggi edizioni. Storie ritmate e brevi, come dentro un social network, da leggere con la libertà di non seguire l’ordine proposto nel libro.
Vita social
Il nostro tempo, pesante di preoccupazioni, con questi racconti sembra prendersi una tregua, e così si fa largo un’oasi di leggerezza e giocosità che offre riparo soprattutto in ciascuna pagina dispari del libro dove è presente un riquadro bianco concepito per raccogliere pensierini, appunti o disegni. Anzi, scarabocchi come succedeva ai tempi del telefono grigio a rotella della Sip. L’evoluzione di quei ghirigori diventa la vita social del volume: è stato infatti creato un hashtag, #endecascivoli, per interagire con l’autore e magari esprimere un giudizio.
Istruzioni per l’uso
In apertura un bugiardino offre qualche spiegazione sul testo e sul senso della narrazione. «Tutto nasce», spiega l’autore, «dalle storie raccontate da mio padre e dalla successiva richiesta al sottoscritto di mia madre: mettile in bella, come sai scrivere tu. In particolare gli aneddoti sulla miniera». Non hanno titoli i racconti-post, quindi il riferimento è la pagina. Alla 29 si legge: «15 anni di sottosuolo a spalare carbone, e a un certo punto ha deciso che poteva esserci un’altra possibilità, si è messo a studiare per laurearsi, facendo registrare a mia madre le lezioni su un Geloso, che ascoltava nella strada che da casa ogni notte lo pottava in miniera. Avanti e indietro. Play, stop, rewind. Play again, stop, rewind, return home».
Il viaggio
Lo spunto per ciascun brano è reale, spesso sono le memorie a dettare il viaggio alla fantasia per spaziare tra nonsense, sarcasmo, realismo liberatorio. Ovunque si ritrova musicalità, che come brezza di parole investe il lettore per poi scivolare via e lasciare sensazioni rarefatte che sono già ricordi. Pagina 70: «Mio padre, che si faceva i chilometri a piedi per incontrare mia madre, un amore scavato con scarpe coi chiodi sotto, per non consumarsi, arrivare ad Iglesias per un sorriso». Difficile scegliere il passo più divertente, specie quando la narrazione attinge alla memoria collettiva di chi negli anni Sessanta ci è nato. A pagina 25 c’è un viaggio in treno per raggiungere Parigi, alla frontiera il controllo dei documenti, delle borse, delle valigie… e le Superga di tela o le espradillas usate come «potenziale bellico non indifferente» per non condividere lo scompartimento con nessuno. E come non citare Eros Ramazzotti suonato all’infinito da un sopravvissuto jukebox in un pub belga non appena il gestore, troppo ospitale, capisce che Zurru arriva dall’Italia. “Endecascivoli” è questo. È parola che non esiste ma che parla di racconti, scritti perfino durante il tempo di cottura di un minestrone.
Lo scrittore
Nome noto nel panorama editoriale per essere stato prima libraio e ora ufficio stampa, agente letterario, direttore di collana, Zurru è passato per un attimo dall’altra parte, quella degli autori, quasi non per scelta. «Non ho ansie da scrittore», dice a tal proposito, “il libro è un divertissement, niente di più. Determinante è stata la spinta forte delle gemelle Ivana e Mariela Peritore, con le quali lavoro per la collana SideKar, altrimenti chissà… ».
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