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Un poema vertiginoso, un monologo (o un soliloquio) costruito su un paradosso dichiarato: chi scrive immagina che sia una donna, il suo amore, l’amore straziato e finale di tutto il poema, a scrivere. A parlare a sé immaginando il suo unico lettore fare la stessa cosa. In questo rifacendosi, non so se e quanto volontariamente, ad una delle ultime poesie di Hölderlin
 prima della follia, dove lo svevo si immagina che Diotima (Suzette Gontard), gli scriva versi di commiato e distanza

Se da lontano ancora mi conosci,
é ci separammo ed il passato 
per te che dividesti i miei dolori 
può ancora rappresentare qualche bene, 
dimmi come ti aspetta la tua amica?

Panella Battisti

Pasquale Panella, più noto come autore di testi per l’ultimo Battistiche come poeta è invece, a mio avviso, il più affascinante dei giocolieri, il più illuminante e raffinato iniziatore di misteri quotidiani e amorosi.

Il Poema Bianco, dove è il bianco che fa la poesia, che crea i versi per sottrazione, è un inarrestabile flusso di parole e struggimenti post-mortem su un amore finito. La storia e l’anti-storia, il pieno e il vuoto di questo finale che si autoavvera..

Panella Battisti

Panella non è nella classifica dei più venduti. Credo che pochi, o nessuno, sappiano dei suoi libri introvabili. Eppure scrive versi memorabili sull’assenza:.

Il telefono
Quando lo guardo
Sento il violento
Sentimento del niente
(sono, quindi, eccessiva
o eccedente) 
Quando squilla
Tutto il mondo chiama e parla
Quando il telefono non squilla
Sei sempre tu
Che non mi chiami

O cita direttamente i versi di Diotima allo svevo:

Siccome lontano,
in quanto lontano,
ti muovi sconosciuto,
uscito dalla nostra
porta aperta,
come il futuro
del nostro passato
verso una vita certa
(si ha sempre l’impressione
che chi esce dalla nostra
poi viva molta vita
esposta all’aria aperta
e al chiuso si diverta,
e con tutto in mostra)

È un attimo ritrovarsi in questo pensiero disastrato e disastroso. In questa fine del pensiero. Che l’amore è rappresentanza del pensiero novecentesco.

Falla finita novecento
Dai, su, falla finita
non è più tempo

Il Poema è fatto in quattro parti, quarti, quartetti. La prima è il poema, la seconda lo scarto, la terza la fine. La quarta una sceneggiatura che disegna la poetante, la voce che il poeta ha voluto dare a questo lutto. Una sorta di autodenuncia.

La voce è femminile, certo,
perché tu sei vile
Ti scrivi come se io
ti avessi scritto
Poi credi che l’abbia fatto per davvero
(tu che leggi, ovviamente tu che leggi)

Panella Battisti

Arricchito da una prefazione più che amicale del filosofo Lucio Saviani, pubblicato nel 2017 dall’editore Miraggi, Poema bianco, quasi introvabile e quasi sconosciuto, un po’ Hölderlin dalla torre di Tubinga un po’ La voce umana di Cocteau, è un’opera bellissima e spiazzante. Il primo volume da sistemare nel primo scaffale dedicato alla poesia, nella biblioteca che andremo a costruire.

QUI l’articolo originale:

https://bit.ly/3vDsrJY