In 31 episodi il romanzo della vita irregolare del mitico regista ceco attraverso buona parte del Novecento, tra cinema, jazz censurato, belle donne, il Cannes ’68 sfumato “per colpa di Godard” e un esilio americano “di insuccesso”. Un personaggio scomodo, visionario, sarcastico e autoironico, mai accondiscendente con il Potere, spesso irriso e deformato grottescamente.
Volevo uccidere J.L. Godard è un romanzo a episodi, che parte dall’autobiografia dell’Autore per scrivere quella di un’epoca. Attraverso il racconto di vicende realmente vissute da protagonista, Němec ci fa uno spassoso, ironico, passionale e duro, a tratti rabbioso resoconto di un’epoca, dagli anni Cinquanta all’: Est e Ovest, sovietici e americani, retroscena del cinema, attori, registi, belle donne, scrittori e spie; il 1968, con il Festival di Cannes annullato per il Maggio francese (“per colpa” di Godard – da qui il titolo italiano), e con l’invasione sovietica che ha segnato la fine della Primavera di Praga, filmata coraggiosamente dal regista stesso per le
strade, tra i carrarmati.
Scritti a varie riprese tra gli anni Settanta e i Novanta e inizialmente pubblicati su riviste (in volume nel ), i capitoli sono spesso simili a soggetti cinematografici autonomi, raccordati con un montaggio che inquadratura dopo inquadratura li unisce in un unico film scritto su carta e in un manifesto sulla ricerca, umana e artistica prima che politica, della libertà.
Questa è la prima traduzione straniera del libro.
Alessandro De Vito
JAN NĚMEC (1936-2016) è stato un regista cinematografico ceco, definito dallo storico del cinema Peter Hames l’enfant terrible della NováVlna, la Nouvelle Vague Cecoslovacca degli anni Sessanta. Brillante rappresentante di quella stagione di rinnovamento del cinema mondiale, nella tendenza all’assurdo e all’immaginazione riconducibile a esempi come Buñuel e il surrealismo, colpì immediatamente la critica con i suoi primi lavori: Démanty noci (1964, I diamanti della notte) e O slavnosti a hostech (1966, La festa e gli invitati). Il suo cinema fu “vietato per sempre” dopo l’invasione sovietica del 1968, e ha ottenuto importanti riconoscimenti nei festival occidentali. Dal 1974 ha vissuto in esilio all’estero, soprattutto negli Usa, facendo lezione nelle università e girando film di matrimonio.
Rientrato in patria alla fine dell’89, è tornato a girare fino a morire sul set, come si conviene ai grandi, l’ultimo giorno di riprese del film tratto da questo libro, The Wolf from The Royal Vineyard Street, il 18 marzo 2016.
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