Casamatta è l’opera scritta da Josè Diaz Fernández, tradotta in italiano dal ligure Marino Magliani e dal varesino di Busto Arsizio Riccardo Ferrazzi, per la giovane e indipendente, che già vanta diversi candidati allo Strega, Miraggi edizioni.
Una guerra quella ispanico-marocchina spesso dimenticata, che ancora oggi può dare chiavi di lettura a risoluzioni sociali.
Casamatta (El blocao, titolo originale), è il capolavoro indiscusso di uno dei più brillanti scrittori spagnoli, morto in giovanissima età.
L’inutilità della guerra
Fernández, dedicò molte delle sue scritture al conflitto marocchino-spagnolo, sino a infondere nel cuore del lettore, quanto pericolosa e al contempo inutile sia la guerra. La prosa del castigliano, morto in Francia, è tra le più ‘gentili’ e armoniose che possiamo trovare nel panorama culturale letterario dal secolo scorso.
Tutta la prova umana in Casamatta
Tra errori, prove, e dialoghi, Fernández racconta cosa accade a un battaglione che deve essere sempre pronto alla difesa della propria bandiera. Difesa di una libertà che i regimi totalitari e despoti mettono a dura prova. Una prova dettata da forme di malattia che spesso vengono confuse come follia vicino alla genialità. Follie che spingono altri a folleggiare per una giusta considerazione della difesa, che diventa attacco, infamità, tragedia. Si pensi per un attimo alla donna, amata, desiderata, all’eros che manca in un campo di battaglia. Una donna, della stessa nazionalità del nemico, ma che a veder delle milizie ispaniche è una persona che non ha nulla a che fare con strategie di inganno e offesa. Per portare dunque i propri connazionali nella tana del nemico. Una donna che ha tradito la bontà, la semplicità e il rispetto e che nonostante tutto, viene miracolata da chi ha subito l’oltraggio.
Ancora una volta è donna la Casamatta: Angustias
Angustias, che ha intenzioni di rivalsa. Che offende Occhialini perché a suo dire è un borghese e non può battagliare. Pertanto lo mette alla prova. Scacco ad una fabbrica con le tre B in un unico oggetto: bambola/bimbo/bomba. La velocità del testo del bravo Fernandez ti immette nella storia. L’offesa, lo scherno, la provocazione sino a sfiorare la rissa. Non c’è lì un interesse di reale cooperazione, non esiste nemmeno la cooptazione, non c’è discepolanza, c’è solo la volontà di restituire ciò che forse ancora non è chiaro: non l’uomo che va al fronte deve essere disintegrato, quanto il pazzo furioso che ha deciso di colonizzare con violenza.
Dunque Angustias, con Occhialini, messo alla prova, che non si vuol far schiacciare, (è un misogino? è un fittizio ardito?) dal coraggio, folle anche in questo caso, di una donna che lo ha provocato fino allo sfinimento. La fabbrica, l’invenzione che Angustias abbia un marito da poco assunto, sferrare il colpo con un attentato, in breve tempo. L’attentato fallisce. Angustias che si ritroverà Occhialini ad arrestarla, per quella militanza che lei ha insegnatogli. terroristi e barbari devono essere bloccati, nulla importa che siano anarchici.
Racconti dal fronte Casamatta
Diversi sono i racconti, proposti in capitoli, che trovano la base nell’appendice del libro, quando il giovane autore, raccoglieva un pò tutto quanto osservava da cronista. Traslitterazioni di momenti reali vissuti, con la presenza della morte di un cagnolino, o ancora della mossa azzardata dell’anarchica, della quale abbiamo scritto sopra, che coinvolge, prima con la provocazione e secondariamente ad personam, un giovane che non accetta di essere da meno nell’agire al fine di far esplodere un “ambiente, dove dentro vi sarebbe mio marito neo assunto” (questa la balla che denota il poco controllo in ambienti militari, ma anche un aspetto umano di persone che non dimenticano che tutti possono avere chi li aspetta).
Il ricordo mai sbiadito
Fernandez, esalta con la sua penna ogni singolo episodio, che va ad incrociarsi con altri, coinvolgendo il lettore che frattanto apprende dettagli importanti di quella guerra che ancor oggi porta con se degli strascichi non risolti. E allora nel taccuino dei racconti troviamo Come muoiono i soldati. Un racconto dettagliato sulla perdita della vita in quella inutileria che è la guerra: un giovane soldato che forse i 23 anni nemmeno li ha raggiunti. Si coglie tutto il malessere, nel paradosso quasi ironico, della letteratura del Fernandez.
Malinconia, che forse necessita a far crescere, a far capire oggi, anno del Signore 2019, chi è il narratore perfetto e chi l’imbecille che fa demagogia politica con libri, film, rappresentazioni e polemiche, che discrimina ‘fascisticamente‘, personaggi della uguale bandiera (rossa!), solo perché non si inchinano, come voleva Angustias, al proprio pensiero: scrittori, offesa alla scrittura, ma che nel condominio della città di residenza, sono pompati a più non posso.
Bravi narratori e imbecilli contemporanei
Quelle immagini incancellabili dalla memoria di un uomo che vede morire un altro uomo, che narra le vicende di uomini più che di milizie pronti a difendere la propria patria dall’attacco della follia altrui, che rendono bene l’dea di chi è il grande narratore anti franchista e chi l’idiota contemporaneo che oggi scriverebbe di guerre e politiche tanto per far ridere se stesso e il proprio ego, mentre brancolatori lo espongono in fittizie indipendenti per fargli raggiungere la vetta locale di vendite, con dialoghi e negazioni di fenomeni post comunisti… elaborando minchiate che gettano fumo su nuovi speranzosi compagni a difesa delle libertà.
La diagonale Casamatta portata avanti da Magliani, Ferrazzi e Miraggi edizioni
Sembra quasi una miscellanea/monade mai abbandonatasi, ma che si era persa negli anni, il quartetto formato da Fernandez, Magliani, Ferrazzi e Miraggi edizioni.
Appaiono come una diagonale in un campo di calcio che partendo dalla difesa, col personaggio più eccentrico, perché cosi vogliono le regole, il portiere con la maglia di colore diverso per non confondersi dal resto della squadra, attraversa la storia di un conflitto, la storia di una scrittura degna, e veloce, come veloce era l’ala destra Gianluigi Lentini simbolo del Vecchio cuore granata, il Toro, a dribblare avversità giungendo in porta e abbattendo l’avversario con gol capolavori ma anche necessari a salvare la squadra dalla retrocessione.
Ecco questa è la metafora che nei quattro intravediamo: un attraversare la storia, fatta per bene, poi dimenticata (perché anche le vicende della bandiera del Toro furono dimenticate dopo la scelta di giocare in categorie minori, se non il famoso incidente stradale che gli cambiò il corso della vita), con un linguaggio che inizia da Fernandez e grazie ai traduttori e all’intuito e volontà di Miraggi, giunge ferrato a noi lettori, per non lasciar morire questo autore solo in orticelli di demagogica memoria.
QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:
“Casamatta”, Miraggi edizioni consegna all’Italia il platino di Josè Diaz Fernández