“Sul filo della lama”: un memoir di David Wojnarowicz sulla diffusione dell’Hiv in America
Il libro di David Wojnarowicz, “Sul filo della lana” (Miraggi Edizioni, 336 pagine, 24 Euro, traduzione di Chiara Correndo, postfazione di Jonathan Bazzi), raccoglie – come recita il sottotitolo – “Memorie della disintegrazione”. In questo memoir urgente e denso, David Wojnarowicz offre uno spaccato violento e caleidoscopico sulla diffusione dell’Hiv in America e su cosa significhi essere omosessuale in una società, quella bigotta reaganiana degli anni Ottanta, dove domina il modello eteronormato della “famigliola felice ” e in cui si reprime a colpi di leggi, sentenze, arresti e pestaggi la voce di chi vive ai margini. Sul filo della lama è un trip acido nel dolore, una sbronza in un dive bar sull’Hudson, un roadtrip furioso nella polvere dell’American Dream, raccontato attraverso una costellazione di capitoli dal taglio ora onirico ora fortemente politico, frutto di una vita dedicata a lottare per il diritto alla salute e alla corretta informazione e per il diritto di amare oltre ogni laccio sociale. Un’opera di un’intensità che scorre a fior di pelle. Ha scritto tra l’altro
Jonathan Bazzi: «David fu una vittima – del padre, dell’omofobia, del capitalismo, della sierofobia –, ma decise molto presto di rispondere alle ferite. E non esclusivamente per sé, in forma privata: tutta la sua produzione è una risposta pubblica, e per certi versi corale, alle molte forme dell’abuso di potere, all’ingiustizia quotidiana, ordinaria, affinché nessun altro debba più espiare colpe inesistenti. Leggere Wojnarowicz oggi significa rendersi conto che il dolore personale può trovare nell’azione estetica condivisa un canale per rendere deflagrante e memorabile il proprio messaggio. Molti di noi credo se ne siano dimenticati, travolti come siamo dalla bidimensionalità propagandistica del dibattito mediatico, ma giustizia e bellezza sono sorelle. Dare al dissenso un sigillo formale potente cambia tutto».
Sul filo della lama. Memorie della disintegrazione non è un libro da leggere con distacco. È un urlo, un pugno allo stomaco, un diario febbrile scritto ai margini di tutto – della società, del corpo, della vita.
Il memoir postumo di David Wojnarowicz, pubblicato da Miraggi e tradotto per la prima volta in italiano da Chiara Correndo, riporta al centro del dibattito culturale una figura chiave dell’underground newyorkese degli anni ’80. Artista visivo, performer, scrittore e attivista, Wojnarowicz è stato tra i primi a raccontare, con una sincerità disarmante, cosa significava essere gay e sieropositivo nell’America reaganiana, dove la comunità LGBTQ+ veniva ignorata, criminalizzata e lasciata morire in silenzio. Sul filo della lama è il racconto frammentario, lirico e rabbioso di una vita vissuta tra la strada e l’arte, tra la marginalità e la bellezza. Wojnarowicz scrive di amori consumati nei porti abbandonati, di amicizie spezzate dalla droga o dall’Aids, di corpi desideranti e vulnerabili, di un’America che promette sogni e restituisce solitudine. La scrittura è ibrida, tra visione poetica e attacco frontale, tra meditazione esistenziale e denuncia politica. È un testo che fonde il personale con il collettivo, la carne con la storia. La struttura è libera, spezzata, a tratti allucinata: non segue una cronologia, ma un flusso emotivo. È un viaggio nella psiche e nella memoria di un uomo che ha trasformato la propria disintegrazione in linguaggio. L’opera è anche un potente atto d’accusa contro l’inerzia istituzionale, un documento politico sull’indifferenza e sull’urgenza della rappresentazione.
L’incendiario memoir dell’artista e attivista newyorkese queer e HIV+
Incastonata tra le vie acciottolate del centro di Torino, Nora book è uno degli spazi LGBTQIA+ più noti in città e venerdì scorso 28 marzo ha ospitato un evento importante non solo per il panorama culturale italiano, ma anche per quello statunitense: la presentazione in anteprima del libro “Sul filo della lama” (Close to the Knives) per Miraggi edizioni, la prima traduzione italiana dell’incendiario memoir dell’artista e attivista newyorkese queer e HIV+ David Wojnarowicz. L’interesse nei confronti della figura di questo artista non si è mai spento e, anzi, è cresciuto esponenzialmente negli ultimi tempi, grazie anche ad una serie di mostre internazionali e documentari incentrati sulla vita e la lotta di Wojnarowicz. Questa riscoperta si è accompagnata ad un nuovo slancio scientifico e mediatico verso quella incredibile fucina culturale che è stata la scena artistica avantgarde della Downtown New York e questo lo testimonia ad esempio la recente acquisizione da parte della NYPL della collezione di Leonard Abram dell’East Village Eye, storica piattaforma che ha documentato la vibrante vita dell’East Village dal 1979 al 1987. Nonostante il vivace interesse a livello internazionale per il lavoro e l’arte di Wojnarowicz, la figura dell’artista è relativamente poco conosciuta in Italia. Questo lavoro di traduzione, curato da Chiara Correndo, ricercatrice e traduttrice, è quindi qualcosa di più di una semplice pubblicazione, poiché si sta rapidamente configurando come l’occasione per far conoscere l’artista in Italia e aggregare studiosi e studiose indipendenti che in Italia lavorano su di lui. L’evento presso Nora book è stato il primo di una serie di appuntamenti nazionali dedicati alla promozione del libro e della figura dell’autore: la traduttrice, in dialogo con il ricercatore e attivista Cristian Lo Iacono, ha presentato ad un pubblico piuttosto folto i contorni dell’opera di Wojnarowicz, i suoi simboli e il suo legame con la lotta di Act Up New York. Il grazioso dehors della libreria era molto affollato, a conferma del grande interesse verso la pubblicazione e della curiosità da parte del pubblico italiano di saperne di più. Il libro verrà presentato l’11 aprile anche a Prato presso il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, polo artistico e culturale fondamentale in Italia che ospita dal 14 dicembre 2024 all’11 maggio 2025 la mostra del fotografo statunitense Peter Hujar. L’esposizione, Peter Hujar: Azioni e ritratti / viaggi in Italia, curata da Grace Deveney e Stefano Collicelli Cagol, ospita 20 scatti realizzati da Hujar durante i suoi viaggi in Italia e una selezione di 39 immagini che immortalano i protagonisti della vibrante scena della Downtown New York. Visto il rapporto di profondo affetto e amicizia che legava i due artisti, si è dunque deciso di dare spazio alla presentazione del memoir nel quadro degli eventi legati alla mostra. L’11 aprile, pertanto, la traduttrice sarà in dialogo con il critico teatrale Enrico Pastore e con l’artivista Tony Allotta, attore e attivista del collettivo Conigli Bianchi che da anni si occupa con passione di corretta divulgazione in materia di salute sessuale per combattere la sierofobia e lo stigma che circonda le persone con HIV.
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