fbpx
«La Stampa – Cultura»: Tra Calvino e le visioni degli architetti, Torino è diventata Filmopolis

«La Stampa – Cultura»: Tra Calvino e le visioni degli architetti, Torino è diventata Filmopolis

di Alessandra Comazzi

Scianca e Comazzi raccontano i luoghi dove è nato e prospera il cinema in Italia

Quando si che un luogo, conosciuto e vissuto, è diventato un set, Un rapporto tra realtà e finzione assume un senso metafisico che incrocia essere e apparire. La finzione simula la realtà, a volte la supera, e appare in scala inferiore se è ricostruita. Ma Torino Filmopolis (Miraggi Edizioni) racconta i set autentici, non ricostruiti, proprio quelle strade,

quelle piazze, i monumenti, i palazzi. Se ne incontrano tanti, in città, di

set. E l’atmosfera è sempre un po’ da Truman Show. Ti aspetti che a un certo punto spengano il sole finto, o che laggiù si veda il mare. 

È stato Giorgio Scianca, architetto, e, per inciso, pure mio marito, ad avere l’idea. Appassionato di cinema fin dai tempi dei cineforum al liceo Sociale, ha incrementato la passione occupandosi di architetti nei film, trovando e analizzando circa duemila pellicole dove Nei130 anni della settima arte non mancano le serie egli sceneggiati tv l’architetto è protagonista o c’entra comunque qualcosa, la vertigine della lista, come dice Umberto Eco. Ne erano nati due libri, La recita dell’architetto e Quo vadis, architetto. E adesso un altro grande scrittore ha fatto nascere Torino Filmopolis: Italo Calvino. Dice Scianca: «Nella mia formazione e nella vita di architetto, non di critico cinematografico e nemmeno di scrittore, i libri di Calvino sono sempre stati una fonte di ispirazione e di metodo. Se scrivessi un romanzo, il titolo sarebbe Se una notte d’inverno un architetto. Le città invisibili sono quelle in cui ho vissuto e che ho frequentato. Marcovaldo è stato la suggestione diretta. Ho cercato di raccontare una città con i film girati nelle sue strade, attraverso le sragioni della s1oria e dell’anima, sovrapponendo tempi e luoghi, con tre limiti precisi: i 130 anni del cinema, lo spazio pubblico (niente interni, quelli sono tutta un’altra storia) e i confini metropolitani». 

Quindi le quattro stagioni, a cominciare dall’estate, scandiscono il viaggio. Che è un percorso tra i luoghi raccontati dai registi, abitati dagli attori, ammirati, o criticati, dagli spettatori. Se nel libro c’è Scianca che si occupa di film, poi ci sono io che mi occupo di serie tv, sia pure con minore esaustività. Partendo da alcuni temi trattati dal punto di vista cinematografico, tento un’analisi dal punto di vista televisivo. E risulta impossibile non ricordare che Torino è stata, ed è,

ugualmente fondamentale per il piccolo schermo. Accanto ai romanzi sceneggiati, ispirati ai grandi titoli della letteratura italiana, francese, russa, la tv doveva insegnare alle masse, si giravano gli “originali televisivi”, tratti da soggetti inventati apposta: e il primo Rai fu La domenica di un fidanzato, di Ugo Buzzolan, che diventerà poi critico televisivo de La Stampa. La bobina non esiste più. In compenso esiste la memoria. Magari Torino Filmopolis aiuterà un poco a recuperarla. Anche solo per vedere, per ricordare, un passato cittadino che non era così migliore come spesso siamo portati a vagheggiare. Potrebbe essere un’idea esportabile per tutte le città d’Italia che hanno ispirato il cinema. 

Alla fine del libro, un QR Code permette di avere l’elenco completo di tutti i 458 film esaminati, con trailer e clip, in modo che il viaggio continui con le immagini. Torino ha visto nascere quest’arte in Italia, ha un Museo del Cinema fondamentale nel mondo, ha una Film Commission tra le più attive in Europa e un bel numero di festival internazionali, primo fra tutti il Tff. Ripercorrere in quaranta racconti, dal 1908 a oggi, i momenti cinematografici vissuti dalla città, significa

ritrovarne l’anima, un “come eravamo” vivente, ma anche un come siamo, pensando a come saremo. Dai tempi del muto, con le comiche del piccolo Robinet, si arriva al fantasmagorico The Opera di Davide

Livermore; passando attraverso pellicole diventate classiche, La donna della domenica, Profondo rosso, Santa Maradona, Dopo mezzanotte, si approda a quelle che raccontano una metropoli nuova, periferica, non banale: Anywhere Anytime dell’iraniano Milad Tangshir, premiato all’ultilno festival di Venezia, Peripheric Love di Luc Walpoth, Amanda di Carolina Cavalli. E scrive Calvino, sempre lui, «la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano».

Premio Salerno Letteratura 2025: Lucie Faulerovà vince con «Io sono l’abisso»

Premio Salerno Letteratura 2025: Lucie Faulerovà vince con «Io sono l’abisso»

SALERNO – È Lucie Faulerovà la vincitrice dell’edizione 2025 del Premio Salerno Libro d’Europa, inserito nella 13ª edizione di Salerno Letteratura. Con “Io sono l’abisso” (Miraggi edizioni) Faulerovà si è aggiudicata il primo premio con il riconoscimento della platea dei lettori. Nella terna, selezionata dai comitati direttivi di Salerno Letteratura, Duna di Sale e #fuorifestival, c’erano anche Tom Hofland con “Il cannibale” (CarbonioEditore) e Munir Hachemi con “Cose vive” (La nuova frontiera).


“Io sono l’abisso”, per la traduzione di Laura Angeloni, è stato tradotto in spagnolo, macedone, bulgaro, serbo, ungherese, polacco, croato, lettone, egiziano e sloveno. Passato e presente, realtà e fantasia, compongono un mosaico di continui chiaroscuri, e lo stile è un’architettura perfetta: tenero, poetico, ironico, di straordinaria purezza. Colpita da una serie di tragedie familiari e abbandoni, la protagonista del romanzo, Marie, si trova a fare i conti col suo passato, nel difficile tentativo di approdare a un futuro. I suoi ricordi, come tasselli di una realtà frantumata che man mano va a ricomporsi, ci presentano il quadro di una famiglia spezzata dall’impeto violento di una malattia. L’amore è il collante su cui i tre membri rimasti si sforzano di ricostruire le fondamenta della loro vita, ma la battaglia più difficile, per la protagonista, è quella con sé stessa, con l’attanagliante senso di colpa che le impedisce di affrontare i propri demoni interiori e di chiedere aiuto. Inizia in treno, questa storia, e in treno finisce, ma nel percorso è condensata una gamma di emozioni infinita. Un vero viaggio nella vita, ma anche nella morte e nel dolore, un dolore che trasuda anche nelle scene che strappano un sorriso e si insinua in ogni piega, perché Marie, la protagonista, non si risparmia e non ci risparmia. Non fugge dalla violenta raffica dei ricordi, forse non ne ha la forza o forse intuisce che il buio del tunnel va attraversato, che indietro non si torna. Ed è proprio nel buio che spiccano maggiormente gli sprazzi di luce, e in queste pagine di sprazzi di luce, pur nella tragedia, ce ne sono tantissimi. I legami di famiglia, l’amore di un cane, un aquilone al vento, un fruscio di foglie, un cielo pieno di stelle, la lieve carezza di un sorriso. Passato e presente, realtà e fantasia, compongono un mosaico di continui chiaroscuri, il viaggio in treno scandisce il ritmo, tra accelerazioni e rallentamenti, e lo stile è un’architettura perfetta: tenero, poetico, ironico, di straordinaria purezza. Lucie Faulerová è nata nel 1989 ed è una della più brillanti giovani autrici ceche. Dopo gli studi di boemistica ha cominciato a lavorare come redattrice editoriale. Il suo romanzo di debutto, Lapači prachu (Gli acchiappapolvere, 2017) è stato nominato ai premi Magnesia Litera e Jiří Orten. Smrtholka, del 2020, il cui titolo letteralmente significa Ragazzamorte, e indica la dea della morte Morana, è stato nominato per il premio Magnesia Litera nel 2021 e nello stesso anno ha vinto il prestigioso Premio dell’Unione Europea.

“Io sono l’abisso” è la sua prima opera tradotta in italiano.

QUI l’articolo originale: https://www.primapress.it/premio-salerno-letteratura-2025-lucie-faulerova-vince-con-io-sono-labisso/

Lucie Faulerova vince il premio Salerno libro d’Europa

Lucie Faulerova vince il premio Salerno libro d’Europa

Lucie Faulerovà è la vincitrice dell’edizione 2025 del Premio Salerno Libro d’Europa, che si è tenuto ieri nell’atrio del Duomo nell’ambito della tredicesima edizione di Salerno Letteratura“Io sono l’abisso” (Miraggi edizioni) ha conquistato la platea dei lettori che l’hanno scelta ed applaudita per il suo lavoro. Nella terna, selezionata dai comitati direttivi di Salerno Letteratura, Duna di Sale e #fuorifestival, c’erano anche Tom Hofland con “Il cannibale” (CarbonioEditore) e Munir Hachemi con “Cose vive” (La nuova frontiera). Il premio è sostenuto da Bper banca.

Io sono l’abisso”, per la traduzione di Laura Angeloni, è stato tradotto in spagnolo, macedone, bulgaro, serbo, ungherese, polacco, croato, lettone, egiziano e sloveno. Passato e presente, realtà e fantasia, compongono un mosaico di continui chiaroscuri, e lo stile è un’architettura perfetta: tenero, poetico, ironico, di straordinaria purezza.

Segnalazione di «Che peccato essere una curiosità» di Enrico Pastore su «Dramma.it»

Segnalazione di «Che peccato essere una curiosità» di Enrico Pastore su «Dramma.it»

di Maria Dolores Pesce

In Europa tra fine ‘800 e inizio ‘900, per poi oltre proseguire, esplode, dentro una concezione borghese del patriarcato che riproponeva i consueti schemi di subordinazione e sudditanza ma insieme paradossalmente li smentiva nel trionfo della libertà personale e individuale, la contraddizione del femminile proprio per la sua (del femminile) nascente indisponibilità a farsi imprigionare in quegli schemi.

È innanzitutto la drammaturgia nordica ma non solo, tra l’altro quasi esclusivamente maschile, a farsi portatrice dei quella contraddizione e di quella indisponibilità che lo sguardo appunto maschile ‘pativa’ anche angosciosamente mentre, secondo l’insegnamento szondiano, contribuiva non poco alla crisi, speculare a quella sociale, del dramma moderno. Questo bel libro di Enrico Pastore affronta però il tema da un punto di vista diverso, quello delle artiste cioè, oggi diremmo performer, che non furono solo oggetto di quella mutazione ma se ne fecero concretamente carico subendone anche gli effetti. Non solo personaggi, da Salomè all’Olympya di Hofmannsthal, ma veri e propri corpi alieni che ribaltavano la percezione del femminile, incidendo sulla struttura stessa della rappresentazione. Nomi di artiste, da Sada Yacco a Cléode Mérode, da Edith Craig a Valentine de Saint-Point e Emmy Hennings, non a caso, come spesso capitava e ancora capita a molte artiste, praticamente dimenticate nonostante l’impulso essenziale che hanno saputo dare al rinnovamento del teatro. Ma non è un bagno di memoria, è soprattutto un riconoscimento di valore, dovuto e comunque tardivo. Forse altrettanto importante di quello che in precedenza segnò l’esordio sulla scena della donna, non solo come personaggio ma in carne ed ossa, e così capace di modificare anche il senso stesso del personaggio teatrale. Un lavoro importante e approfondito, come testimoniato dalla corposa bibliografia, quello di Enrico Pastore, definito da Renzo Francabandera nella sua prefazione non solo un’operazione di rottura, ma soprattutto di condivisione capace di dare l’avvio a forme sempre più complesse, nel Teatro e nella Società. Una dimostrazione ulteriore di come l’attività di quelle artiste ‘eversive’ non fosse rivolta esclusivamente alle donne nel teatro ma anche, modalità questa tipica del femminile, all’intero teatro e inevitabilmente alla intera Società. Un volume ricco e articolato da consigliare perché parlando del passato parla soprattutto al nostro presente.

QUI l’articolo originle: https://www.dramma.it/index.php?option=com_content&view=article&id=39243%3Ache-peccato-essere-una-curiosita-di-enrico-pastore&catid=53&Itemid=45&fbclid=IwY2xjawKqhYxleHRuA2FlbQIxMQABHlWkrMPOoO5_oJwJso-5X_g7gXx02y8LlyNAti8SiksBBfa_8H3-C-TyW4MR_aem_SGgevDk_dW4YDDcpH2plBw

Segnalazione di «Sul filo della lama» su «Artribune»

Segnalazione di «Sul filo della lama» su «Artribune»

di Dario Moalli

Sul filo della lama. Memorie della disintegrazione non è un libro da leggere con distacco. È un urlo, un pugno allo stomaco, un diario febbrile scritto ai margini di tutto – della società, del corpo, della vita.

Il memoir postumo di David Wojnarowicz, pubblicato da Miraggi e tradotto per la prima volta in italiano da Chiara Correndo, riporta al centro del dibattito culturale una figura chiave dell’underground newyorkese degli anni ’80. Artista visivo, performer, scrittore e attivista, Wojnarowicz è stato tra i primi a raccontare, con una sincerità disarmante, cosa significava essere gay e sieropositivo nell’America reaganiana, dove la comunità LGBTQ+ veniva ignorata, criminalizzata e lasciata morire in silenzio. Sul filo della lama è il racconto frammentario, lirico e rabbioso di una vita vissuta tra la strada e l’arte, tra la marginalità e la bellezza.  Wojnarowicz scrive di amori consumati nei porti abbandonati, di amicizie spezzate dalla droga o dall’Aids, di corpi desideranti e vulnerabili, di un’America che promette sogni e restituisce solitudine. La scrittura è ibrida, tra visione poetica e attacco frontale, tra meditazione esistenziale e denuncia politica. È un testo che fonde il personale con il collettivo, la carne con la storia. La struttura è libera, spezzata, a tratti allucinata: non segue una cronologia, ma un flusso emotivo. È un viaggio nella psiche e nella memoria di un uomo che ha trasformato la propria disintegrazione in linguaggio. L’opera è anche un potente atto d’accusa contro l’inerzia istituzionale, un documento politico sull’indifferenza e sull’urgenza della rappresentazione.

Alessandro De Vito scrive dei «vigliacchi» di Josef Škvorecký su «tuttolibri»

Alessandro De Vito scrive dei «vigliacchi» di Josef Škvorecký su «tuttolibri»

I vigliacchi Josef Škvorecký è uno dei grandi classici della letteratura ceca. 

Siamo in Boemia agli sgoccioli della seconda guerra mondiale, e gli ultimi giorni, dal 4 all’11 maggio del 1945, sono altrettanti capitoli. La guerra, con le sue atrocità, resta costantemente sullo sfondo, ma è un romanzo in cui vengono celebrate la vita e la giovinezza. Protagonisti sono i ragazzi che suonano in un complesso jazz, stravedono per tutto ciò che è americano e inglese, e a modo loro sono già dei “ribelli” nel confronto del mondo degli adulti: costretti malvolentieri ad arruolarsi in un arrangiato esercito cecoslovacco basato, guardacaso, in una fabbrica di birra, tra ironia e sarcasmo, slanci ideali e comprensibile paura – i tedeschi sono in ritirata incalzati dai sovietici – i loro principali interessi restano la musica e le ragazze. E pensare al futuro, come fanno i giovani di ogni epoca, con atmosfere quasi da film che precorrono gli anni Sessanta.

Scritto nel 1948-49 da uno Škvorecký ventiquattrenne e pubblicato solo nel 1958, era arrivato una prima volta in Italia nel 1969 nella traduzione di Giuseppe Mariano per Rizzoli, condotta, all’epoca, sulla seconda edizione del romanzo (1964), una stesura in parte censurata e in parte riscritta dallo stesso autore perché ne fosse concessa la pubblicazione. Ora il romanzo si può di nuovo leggere integralmente e nella sua forma originaria e più viva.

I vigliacchi si distingue per una lingua e uno stile molto personali che alternano registri bassi e quotidiani a una struttura letteraria articolata. I dialoghi tra amici, diretti e cinematografici, sono pieni di gergo giovanile – non è facile mantenere quella freschezza e immediatezza a distanza di generazioni e di decenni senza indulgere alle mode passeggere del contemporaneo, e senza utilizzare espressioni che in italiano sono regionali. Invece le lunghe elucubrazioni, i sogni a occhi aperti e le riflessioni post-adolescenziali del protagonista Danny (alter ego dell’autore in molti suoi romanzi) sulle ragazze, sulla guerra, ma in fondo sempre sul senso della vita, spesso sono periodi talvolta più lunghi di una pagina. Solo la sapienza letteraria di un autore amante del jazz e del cinema consentono al lettore di non perdersi e percorrere le pagine una dopo l’altra con leggerezza e apparente semplicità.

In Škvorecký la vita, che sia amore o guerra, risuona con i contrappunti del jazz, dello scat, dell’improvvisazione studiata, del ritmo sincopato. E moltissimi sono i verbi che richiamano suoni e rumori, si “sente” la colonna sonora almeno quanto si “vedono” i personaggi: un film su carta. Ma del jazz e del cinema ci sono anche l’abbandono della ragione e della ragionevolezza per le ragioni del cuore, che sono quelle dell’essere giovani, da ragazzi e sempre.

 

Anteprima su «RollingStone» del video «La Caduta» di Lory Muratti e Andy.

Anteprima su «RollingStone» del video «La Caduta» di Lory Muratti e Andy.

Il brano – il cui video è girato al celebre Plastic di Milano – è tratto da ‘L’ora delle distanze’ il libro e disco che vede la collaborazione tra i due artisti.

Un salto temporale. Seguito da un tuffo vertiginoso in un mondo elettrico e caleidoscopico. Sono le sensazioni che restituisce La caduta, il nuovo singolo che, a dirla tutta, nuovo non è ma inedito sì, di Lory Muratti e Andy dei Bluvertigo, mentre ci catapulta in un universo sospeso nel tempo e nello spazio. Un progetto visivo, nato due decenni fa e che ancora oggi pulsa con immutata potenza, viene ora arricchito da una nuova tappa con il videoclip “lungo vent’anni” dopo che era stato messo in letargo per così tanto tempo. Non per consunzione, ma perché è come se aspettasse il momento giusto per risorgere.

A dare il via al revival visionario L’ora delle distanze, il libro pubblicato dal duo lo scorso settembre (Miraggi Edizioni), che ha riportato in superficie quelle canzoni e quelle immagini che sembravano evaporate. Non era così. È bastato che tornassero a guardarsi dentro: «E lì, nelle nostre profondità – raccontano i due artisti – che si annidano le forze e la voglia di continuare controcorrente. Farlo tendendo una mano a chi ci è accanto, ascoltando e condividendo il percorso, è più facile e ha un senso ancora più profondo». Infatti il romanzo era una sorta di porta d’ingresso per una “contro-realtà” affollata di personaggi post-punk, glamour e rock’n’roll, anime ribelli e colorate che si muovono come ombre danzanti tra le opere fluo create dallo stesso Andy. In perfetto stile Muratti & Bluvertigo, L’ora delle distanze è anche un vinile 45 giri (Riff Records/the house of love), per chi vive di musica ancora in parte tattile e dalle distorsioni vintage, e poter «immaginare un presente dove i sogni e il colore resistono contro una realtà sempre più corrotta e in bianco e nero».

Per celebrare il ritorno, Muratti e Andy hanno scelto un luogo simbolo della notte milanese come il Plastic, in occasione della one-night Popstarz Memorabilia. Qui, in uno spazio-tempo che si avvolge su se stesso, vecchie e nuove immagini si mescolano, creando una realtà alternativa, e dialogano con i riverberi delle immagini di loro stessi nel passato, in un affascinante gioco di specchi. Nel videoclip li accompagnano la performer Xena Zupanic e il Principe Maurice, figure tanto enigmatiche quanto potenti. Presenze che, come spettri dall’aria nostalgica e abbacinante, popolano anche le pagine del libro. Il risultato? Una festa per gli occhi e la mente. Da usare con cautela, però, il rischio è di non riuscire più a tornare nella realtà. Non a caso, già il romanzo ci metteva in guardia: «Le voci arrivano sempre più chiare. Non sono più solo e proseguo verso nuovi incontri e nuove speranze che tengono impegnate la testa e le mani con le quali mi diverto a disegnare per aria. Adesso che ricordo di saperlo fare, non ho più alcuna intenzione di smettere. Ci sono notti in cui gli oggetti cadono e questa è decisamente una di quelle».

QUI l’articolo originale: https://www.rollingstone.it/musica/news-musica/guarda-la-caduta-il-nuovo-video-di-lory-muratti-e-andy-dei-bluvertigo/951366/

Lory Muratti e Andy Bluvertigo specchiano le coscienze nel singolo La Caduta

Lory Muratti e Andy Bluvertigo specchiano le coscienze nel singolo La Caduta

Il brano parla di presenze che abitano nelle profondità della mente del protagonista e di tutti coloro che vorranno lasciarsi cadere in un vortice luminoso

La Caduta è il nuovo singolo di Lory Muratti & Andy Bluvertigo. Il brano è incluso nel 45 giri L’ora delle distanze stampato su vinile colorato e pubblicato in Ottobre da Riff Records / the house of love. Disponibile per l’acquisto anche in bundle con il romanzo scritto da Muratti e illustrato da Andy: https://linktr.ee/muratti_andy Dopo la pubblicazione del romanzo illustrato L’ora delle distanze” (Miraggi Edizioni) e del primo omonimo singolo, Lory Muratti & Andy Bluvertigo proseguono il loro percorso condiviso rendendo disponibile La Caduta.

La caduta ci porta nel cuore delle Distanze ovvero in quella “contro-realtà” fatta di personaggi post-punk, glamour e rock’n’roll, coloratissimi, irriverenti e imprevedibili raccontati fra le pagine del libro. Figure che diventano specchi di quello che siamo. Presenze che abitano nelle profondità della mente del protagonista e di tutti coloro che vorranno lasciarsi cadere in un vortice luminoso perché, come recita il testo della canzone: “Se le cose cadono, non è molto strano che io abbia in mente te che ti sai rialzare”.

Lory Muratti e Andy Bluvertigo tornano a parlare di speranza dando voce al sogno in risposta a coloro che in questo tempo ci vorrebbere sconfitti, caduti a terra invece che dentro noi stessi, alla ricerca del coraggio per rialzarsi sempre: “E lì, nelle nostre profondità – raccontano i due artisti – che si annidano le forze e la voglia di continuare contro-corrente. Farlo tendendo una mano a chi ci è accanto, ascoltando e condividendo il percorso, è più facile e ha un senso ancora più profondo”. Un progetto fuori dagli schemi, nato dalla voglia di “immaginare un presente dove i sogni e il colore resistono contro una realtà sempre più corrotta e in bianco e nero”. L’ora delle distanze è un viaggio psychofantasy, dark e pop al contempo in cui musica, letteratura e pittura si fondono. Un libro scritto da Lory Muratti, ispirato e illustrato dai quadri visionari di Andy e due brani realizzati a quattro mani che compongono il doppio Lato A dell’omonimo 45 giri. Un lavoro interdisciplinare che si appresta a diventare anche un evento live in equilibrio tra concerto, teatro, installazione e Dj set. Un’esperienza multimediale pensata per coinvolgere più sensi e per essere vissuta in profondità: “Le voci arrivano sempre più chiare. Non sono più solo e proseguo verso nuovi incontri e nuove speranze che tengono impegnate la testa e le mani con le quali mi diverto a disegnare per aria. Adesso che ricordo di saperlo fare, non ho più alcuna intenzione di smettere. Ci sono notti in cui gli oggetti cadono e questa è decisamente una di quelle”.

QUI l’articolo originale: https://tg24.sky.it/spettacolo/musica/2024/11/11/lory-muratti-andy-bluvertigo-la-caduta

Muratti e il co-fondatore dei Bluvertigo – L’ora delle distanze per Lory e Andy

Muratti e il co-fondatore dei Bluvertigo – L’ora delle distanze per Lory e Andy

Un progetto multi-format che esprime la voglia dei protagonisti di esprimersi con più mezzi. “L’ora delle distanze” (Riff Records / the house of love) ispirato all’omonimo romanzo illustrato (Miraggi Edizioni) uscito lo scorso settembre (disponibile per acquisto qui qui) è il proseguimento in musica della pubblicazione dell’omonimo romanzo illustrato. A cantare sono Lory Muratti e Andy Bluvertigo in un mondo in bianco e nero raccontandoci di una fuga-rifugio verso la dimensione parallela delle “Distanze”.

“L’ora delle distanze” è un viaggio psychofantasy, dark e pop al contempo in cui musica,
letteratura e pittura si fondono. Un libro scritto da Lory Muratti, ispirato e illustrato dai
quadri visionari di Andy e due brani realizzati a quattro mani che compongono il doppio
Lato A dell’omonimo 45 giri.

Il lato B del singolo, “La caduta” (in uscita sulle piattaforme digitali l’8 novembre 2024) ci porta nel cuore di quella “contro-realtà” fatta di personaggi post-punk, glamour e rock’n’roll, coloratissimi, irriverenti e imprevedibili. Figure che diventano specchi di quello che siamo. Presenze che abitano nelle profondità della mente del protagonista e di tutti coloro che vorranno lasciarsi cadere in un vortice luminoso perché, come recita il testo della canzone:
Se le cose cadono, non è molto strano che io abbia in mente te che ti sai rialzare”.
Un progetto fuori dagli schemi, nato dalla voglia di “immaginare un presente dove i sogni e il
colore resistono contro una realtà sempre più corrotta e in bianco e nero”
.

Un lavoro interdisciplinare che si appresta a diventare anche un evento live in equilibrio tra
concerto, teatro, installazione e Dj set. Un’esperienza multimediale pensata per coinvolgere
più sensi e per essere vissuta in profondità. I due autori raccontano: “Le voci arrivano sempre più chiare. Non sono più solo e proseguo verso nuovi incontri e nuove speranze che tengono impegnate la testa e le mani con le quali mi diverto a disegnare per aria. Adesso che ricordo di saperlo fare, non ho più alcuna intenzione di smettere. Ci sono notti in cui gli oggetti cadono e questa è decisamente una di quelle.”

Lory Muratti è scrittore, musicista, regista, attore e dj. Nel 2005 pubblica il romanzo d’esordio
“Valido per due” a cui fa seguito il libro+disco “Hotel Lamemoria” (2007) entrambi editi sotto
lo pseudonimo “Tibe”. Musica e narrativa continuano a incontrarsi nelle sue opere con i
successivi “Scintilla” (2013), “Lettere da Altrove” (2020) e “Torno per dirvi tutto” (2022).
Sul fronte visivo si occupa di video-arte e videoclip musicali. Le sue installazioni come
sound designer lo hanno portato fino a “Luminale Frankfurt 2010” e “Biennale di Venezia
2011”. Sviluppa i suoi progetti all’interno del laboratorio creativo e casa di produzione “the
house of love” che dirige in un ex ricovero barche affacciato sulle sponde del Lago di Monate.
Andy è musicista, pittore, dj e produttore. Nei primi anni ’90 fonda con Morgan i
“Bluvertigo” con i quali pubblica tre album, un disco live (MTV Storytellers) e una raccolta
di successi conquistando un “MTV Music Awards” e rendendosi protagonista di numerosi
tour, cinque partecipazioni al Festival di Sanremo e altrettante al concerto del Primo
Maggio.
Opinionista televisivo, dj nei club e nei festival di tutta Italia, produttore di band emergenti, è da
sempre attratto dalle arti figurative. L’originale rappresentazione della contemporaneità
attraverso l’uso del colore fluorescente, centro vitale della sua diversificata produzione
artistica, gli ha consentito di raggiungere un successo internazionale valendogli collaborazioni
con marchi quali Coveri, Carlsberg, Iceberg, Redbull, Fiat, Huawei e molti altri.

QUI l’articolo originale: https://www.thewaymagazine.it/targets/lora-delle-distanze-per-lory-e-andy/?doing_wp_cron=1731071415.5592629909515380859375

ATTENZIONE! È “L’ORA DELLE DISTANZE”: INTERVISTA A LORY MURATTI E ANDY DEI BLUVERTIGO

ATTENZIONE! È “L’ORA DELLE DISTANZE”: INTERVISTA A LORY MURATTI E ANDY DEI BLUVERTIGO

Su «Modulazioni Temporali»

Il 17 settembre è uscito in libreria, in radio e in digitale “L’ora delle distanze”, romanzo edito da Miraggi Edizioni, ma anche titolo del singolo pubblicato da Riff Records. Gli artefici di questo splendido lavoro che unisce letteratura, pittura e musica, sono Lory Muratti Andy dei Bluvertigo. Un progetto sui generis molto affascinante, “un viaggio psychofantasy, dark e pop”. Lory Muratti ha scritto il libro ispirandosi ai quadri visionari di Andy, e insieme i due artisti hanno scritto e arrangiato il singolo omonimo. Un lavoro molto potente, di cui abbiamo parlato con i diretti interessati per avere ulteriori approfondimenti.

Ciao Lory, ciao Andy, iniziamo parlando di voi due: vi conoscete da tanto tempo? So che nel 2007 Andy partecipò con un assolo di sax al disco “Hotel Lamemoria” di Tibe, il nome che usava Lory a quel tempo.

ANDY: Ci conosciamo da molto prima, intorno agli anni 2000. Il soggetto del libro nasce in quegli anni e poi è stato sviluppato nel tempo. Ho iniziato a frequentare Lory grazie agli H Park: sviluppavamo contemporaneamente il discorso di casa-laboratorio, ovvero posti condivisi in cui ognuno, con la propria competenza e la propria passione, poteva unire le forze e creare una sinergia: artisti, musicisti, fonici, allestitori, videomaker, ecc. L’idea era quella di lavorare in collettivo, io con Reset House e successivamente con il laboratorio Flu-On, e Lory con gli H Park. Ci siamo subito trovati in linea come modo di vivere e di concepire la creatività, ed è bello ritrovarsi ora da vecchi ed essere ancora più entusiasti di questo, perché finalmente, unendo le forze, è venuto fuori un libro vero e proprio, stampato, cartaceo. È un bellissimo momento di condivisione.

La sinergia tra voi due si sente molto. Il protagonista del libro si divide a metà: di giorno è il Pusher del Colore, in un mondo in bianco e nero, mentre di notte diventa Fluon. Sembra un vostro alter-ego.

ANDY: Sì, con tutte le nostre psicosi. A tratti sembra un’autobiografia, io mi sento molto rappresentato all’interno del racconto, non è solo l’aver fatto i dipinti che hanno mosso il decorso narrativo. 

LORY: L’idea era proprio di raccontare di questo alter-ego di Andy, che lui aveva immaginato dando un nome al personaggio, ma anche al suo laboratorio in quel periodo, Flu-On appunto. Poi è chiaro che in ogni narrazione l’autore finisce col mettere degli aspetti del sé. Fra l’inizio del libro, il mondo in bianco e nero, e l’immersione nel colore nel mondo delle Distanze, quindi tra il Pusher del Colore e il Fluon notturno nella sua massima manifestazione, c’è un po’ di legame con quello che noi siamo. Io mi riconosco molto nell’incipit del libro, dove emerge un po’ di più la mia sensibilità rispetto alle cose che mi circondano e il modo che ho di guardarle. Ma nella parte in cui viene descritta la trasfusione del colore che porta all’immersione nel mondo delle Distanze, dove compare Fluon nella sua versione più intima, mi sono calato nei panni di Andy-personaggio, dell’Andy in una sorta di Cartoonia, cioè quel luogo-non luogo in cui io ho immaginato di calarmi i suoi dipinti per far muovere i personaggi che lui disegna come se fossi nei suoi panni. In questo processo c’è stata una forma di simpatica schizofrenia: io sono uscito un po’ da me per entrare in lui e contestualmente i suoi personaggi sono diventati simbolicamente delle marionette da far muovere per me in maniera molto stimolante.

Il libro inizia con una frase potentissima, che è anche il primo verso del brano “L’ora delle Distanze”, ovvero “un mondo annoiato dai sogni è un mondo da far saltare per aria”. Mi trovo d’accordo con questa affermazione, mi reputo anche io una sognatrice. Andando avanti, i versi dicono “noi invece, stupidi idioti, ci siamo rimessi di nuovo al lavoro […]”: gli “stupidi idioti” sarebbero i sognatori?

LORY: Ovviamente è provocatorio, non c’è un giudizio, è un darsi dello stupido da solo, perché ci si ostina a portare avanti una missione matta, della quale non si può fare a meno. Anche se il mondo attorno è completamente corrotto verso altre direzioni, lo stupido idiota si mette di nuovo al lavoro, anche se non lo pagano, va avanti imperterrito.

ANDY: In realtà il sogno e la visione sovrastano il lamento, molto spesso siamo contornati da una sorta di malcontento, ma nella consapevolezza di questo profondo grigiore o desolatezza, noi ci sentiamo colorati, non ci risuona il lamento. 

LORY: Siamo consapevoli che le cose non vanno bene, ma senza soccombere a questa evidenza, la descriviamo per andare avanti. Anche il videoclip ha questo tipo di intenzione: non vuole essere pesante nell’accezione del dover fare i depressi perché qualcosa non va per il verso giusto, è prendere coscienza di questo, per poter andare comunque avanti. Non è un’accusa fine a se stessa.

ANDY: È il primo step del 45 giri, indica l’inizio del libro, per questo il video è prevalentemente in bianco e nero. L’altro lato del 45 giri con l’altra canzone “La caduta” sarà invece l’immersione in questa Cartoonia che io ho sempre cercato di visualizzare nel mio modo di dipingere. Non faccio parte di quegli artisti di arte contemporanea con un concetto profondo, non faccio arte concettuale, faccio pop art. Ho sempre definito la mia pittura come una realtà parallela a Cartoonia, e con la narrazione del libro Lory è riuscito a trasformare il percorso pittorico, anche con dipinti che avevo dimenticato di aver fatto, e ha dato loro un senso, ha creato il fil rouge di una vicenda che si muove all’interno dei quadri.

QUI l’articolo originale: https://www.modulazionitemporali.it/attenzione-e-lora-delle-distanze-intervista-a-lory-muratti-e-andy-dei-bluvertigo/