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Gaia Ginevra Giorgi: “di una specie che ho tradito”

Ospito qui alcuni estratti del libro L’animale nella fossa di Gaia Ginevra Giorgi, pubblicato da Miraggi Edizioni.

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il mio mestiere ha a che fare con il silenzio

– con il dolore elementare raccolto nelle stanze:

ascoltare l’acqua che gonfia la terra, la luce

che filtra, misurare a lunghi sonni le radure

saper battere in ritirata. scavarmi

un buco nello sterno

ritrovare i fili che mi portano

le radici che mi tengono

***

con questa terra a lungo

sono stata in aperto dialogo:

mi sono abbeverata alla fonte

della sua luce rigorosa,

roccia bianca e schianto d’onda,

sentiero acceso,

esuberanza e poi rovina.

sono figlia di queste grazie

rispondo a leggi organiche,

qui ho imparato a stare. essere oggi

senza te e tuttavia respirare

***

coltivo il bianco – a perdere bianco

giardino della mia memoria

così simile al vuoto, ma più leggero

dell’alabastro più bianco

per combattere la levità

ho il peso delle tue ossa

dei tuoi denti e dei tuoi nervi tutti

– ripenso spesso al tuo piccolo femore

che un carro con grandi ruote aveva spezzato

quand’eri bambina

come a segnarti sulla pelle un destino

so riprodurre tutti gli attacchi di panico

che nelle piazze troppo affollate ti assalivano

– li affronto uno a uno

ma ogni mia battaglia sale a fissare il bianco

dei tuoi passi lievi

della tua risata selvatica

di ragazza

***

mi hanno generata in autunno inoltrato

all’interno di una specie che ho tradito

sono evasa, mi sono messa qui di lato

sospesa abbandonata su un fianco

sono venuta al mondo per piantare in asso

***

cosa diciamo quando diciamo latte

– che parola elementare, la sanno dire tutte

quando diciamo mulino diciamo casa

tra il costone e la conca che si svuota

verso il mare. tutto è vetro, pietra,

legno e carta. le prime ore del giorno

sono stabilite da luce a perdere

che scopre le nervature della terra,

poi i corpi si mischiano in azzurro

novembrino e ombre nuove:

eucalyptus, mimosas e ulivi

derive tra i rovi e le frane

xilù: per dire argentino cangiante

lucente per dare i nomi alle cose piccole

per trasecolare

QUI l’articolo originale: