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Musica solida – estratto sulla Numero Uno su Rockol

Musica solida – estratto sulla Numero Uno su Rockol

Numero Uno: 1969-1974, la storia di cinque anni di successi

La storia della Numero Uno, l’etichetta di Mogol e Battisti, raccontata da Vito Vita

di Franco Zanetti

Ma questa Numero Uno, nei suoi cinque anni di vita, cos’era, chi c’era, come funzionava? Ce lo racconta Vito Vita, grande esperto di discografia e autore del fondamentale “Musica Solida”, che Rockol ha recensito qui.

Nel 1969 alcune tensioni createsi in seno alla Ricordi tra la sua dirigenza e la coppia formata da Mariano Rapetti e il figlio Giulio, responsabili delle edizioni musicali, condussero alle dimissioni dei Rapetti e di altri personaggi attivi in vari settori della Dischi Ricordi, che fondarono una nuova casa discografica: la Numero Uno. Fu coinvolto anche Lucio Battisti, la cui produzione era stata negli ultimi tempi la maggior fonte d’incasso per la Ricordi: il successo al Disco per l’estate 1968 con Prigioniero del mondo e al Cantagiro nello stesso anno con “Balla Linda”, la partecipazione a Sanremo nel 1969 con “Un’avventura” e il primo posto in hit-parade con “Acqua azzurra, acqua chiara”, senza contare gli hit scritti
per altri artisti dell’etichetta, in primis i Dik Dik e l’Equipe 84. Battisti aveva tuttavia un contratto con Ricordi che sarebbe scaduto solo due anni dopo, per cui – pur facendo parte della proprietà della nuova etichetta – non entrò a far parte degli artisti in catalogo fino al 1971.
La sede fu stabilita in Galleria del Corso 2 a Milano, e per la distribuzione venne effettuato un accordo con l’Rca Italiana.
Il logo verde dell’etichetta, con il numero 1 in bianco su campo arancione, fu disegnato da Guido Crepax, fratello del discografico della Cgd Franco. 


Subito la Numero Uno cercò nuovi artisti da mettere sotto contratto, sia con proposte inedite, sia convincendo artisti già noti a passare sotto la nuova etichetta. Nel primo gruppo rientrava la Formula 3, un complesso appena formato con tre musicisti di esperienza quasi decennale: il romano Alberto Radius, il livornese Gabriele Lorenzi e il turnista napoletano Tony Cicco. Il primo 45 giri della Numero Uno fu il loro “Questo folle sentimento”, brano rock scritto da Mogol e Battisti, che li portò subito in hit-parade, arrivando a vendere 350000 copie.

Fu invece particolare il primo album pubblicato dall’etichetta: “E poi domani ancora”. Anche in questo caso era un’artista debuttante, che però eseguiva testi in piemontese firmati dal giornalista Piero Novelli, cugino del futuro sindaco Diego Novelli, con tematiche legate alla malavita, e musicati dal fisarmonicista Mario Piovano. La sua interprete era Luisella Guidetti.

Come responsabile della promozione della Numero Uno venne assunta Mara Maionchi, proveniente dalla Ariston. Il suo primo incarico fu quello di promuovere il 45 giri della Formula 3 “Questo folle sentimento”, che riuscì a far scegliere da Vittorio Salvetti come sigla del Festivalbar 1969 e da Renzo Arbore come disco da far ascoltare tra le novità a “Per voi giovani”, contribuendo così al traguardo delle 350000 copie vendute.
Tra gli artisti sotto contratto nei primi mesi dell’etichetta ci furono poi Tony Renis dall’Rca Italiana, gli Alpha Centauri, gruppo veronese, Bruno Lauzi dalla Ariston, gli Anonima Sound di Ivan Graziani provenienti dalla CBS, Edoardo Bennato, La Verde Stagione, in precedenza alla Equipe con altre denominazioni, Annamaria Rame dalla Italdisc, i Computers, duo formato dai fratelli Gabriele e Mario Balducci, i Jumbo, Sara (Sara Borsarini), Adriano Pappalardo, Mario Berto e Oscar Prudente, mentre su iniziativa di musicisti all’interno dell’etichetta (Mario Lavezzi, Damiano Dattoli e Sergio Poggi) si formarono i Flora
Fauna Cemento.
Come assistente della Maionchi fu assunta una giovane ragazza, Manuela Mantegazza, che in seguito entrò per un certo periodo nei Flora Fauna Cemento. 
Antonella Camera, segretaria di Mogol alle edizioni Ricordi, fu assunta come responsabile dell’Ufficio Stampa insieme a Claudio Bonivento, mentre il responsabile dell’Ufficio Amministrativo era Antonio Coni, ragioniere proveniente dall’Rca e trasferitosi da Roma a Milano; il grafico di riferimento era Cesare Monti, ma i dipendenti della Numero Uno
non erano certo una moltitudine, come ricorda Franco Daldello:


“Nel momento di massima espansione della casa discografica e delle edizioni musicali, penso al biennio 1971-72, non eravamo in tutto più di dodici persone, e parlo di un periodo in cui, in certe settimane, nella hit-parade di Lelio Luttazzi c’erano quattro o cinque canzoni nostre, tra Battisti, Formula 3, Mina con brani Mogol-Battisti, Lauzi, perché con noi Lauzi vendeva, cosa che non gli era riuscita prima con le altre etichette, ed altri artisti, o comunque canzoni nostre a livello editoriale, come “Vendo casa” dei Dik Dik o “Io vagabondo” dei Nomadi o “La prima cosa bella” di Nicola Di Bari, che è una produzione Numero Uno. Noi, con una struttura tutto sommato esigua, facevamo un fatturato annuo di cinque miliardi e mezzo di lire, ma di lire del 1971-72, che rapportati al giorno d’oggi fanno una cifra enorme, e che non era solo dovuto a Battisti, ma a Lauzi, alla
Pfm, alla Formula Tre, a Pappalardo, nonché alle edizioni”. 

Nella primavera del 1971 Colombini abbandonò la Numero Uno (vendendo le sue quote a Battisti). Colombini portò con sé alla Ricordi Edoardo Bennato, che alla Numero Uno aveva inciso solo tre 45 giri. Nel settembre 1971, scaduto il contratto che lo legava alla Ricordi, Battisti passò alla Numero Uno, debuttando con il 45 giri “La canzone del sole/Anche per te” e registrando negli anni seguenti album e singoli entrati nella storia della musica italiana.

Alla fine del 1971 firmò con l’etichetta la Premiata Forneria Marconi, gruppo nato dall’incontro tra i Quelli, transfughi dalla Ricordi, composto da alcuni tra i più noti session-men milanesi e il flautista Mauro Pagani, proveniente dai Dalton; il debutto della Pfm, così venne chiamato da subito il gruppo dalla stampa, fu con il 45 giri “Impressioni di settembre”/”La carrozza di Hans”, due brani epocali con la collaborazione di Mogol al testo del lato A, a cui fece seguito a gennaio ’72 l’album
“Storia di un minuto”. Il gruppo fu il primo tentativo della Numero Uno di lancio internazionale di un artista, grazie alla collaborazione con la Manticore, l’etichetta fondata in Inghilterra da Emerson, Lake & Palmer.

Il 1972 vide anche la pubblicazione di un 45 giri dell’ex cantante dei Ribelli, Demetrio Stratos, con due brani cantati in inglese “Daddy’s Dream”/”Since You’ve Been Gone”, di cui il primo fu inciso nello stesso anno da Mina con un testo di Lauzi, “L’abitudine”. E proprio alla Numero Uno nacque in Stratos l’idea di formare gli Area, registrando una session per l’album di Alberto Radius da solista del ’72 insieme a Giulio Capiozzo, Patrick Djivas e Gaetano Leandro in un brano intitolato appunto Area.

Nel 1973 Mogol decise di acquistare un vecchio mulino ad Anzano del Parco in provincia di Como, e lo fece ristrutturare per allestire in gran parte di esso uno studio di registrazione all’avanguardia, e nel resto della costruzione le stanze da letto per gli ospiti, i saloni e la cucina, data in gestione ai genitori del batterista Gianni Dall’Aglio: nacque così lo studio il Mulino, che divenne il riferimento per la Numero Uno ma fu usato anche da artisti di altre etichette, come i Pooh. Lo stesso anno debuttò con l’etichetta il cantautore milanese Eugenio Finardi, che pubblicò il suo primo 45 giri con due brani rock in inglese, “Spacey Stacey”/”Hard Rock Honey”, per poi passare alla Cramps. Nello stesso periodo si sciolse la Formula 3 e Radius e Lorenzi diedero vita a un nuovo gruppo, Il Volo, con Dall’Aglio, Bob Callero al basso, Vince Tempera e Mario Lavezzi; vennero pubblicati due album, il primo cantato e il secondo strumentale, ma le vendite non furono soddisfacenti anche per la scarsa promozione.

Alla fine del ’74 Mogol scelse di cedere interamente la Numero Uno all’Rca per 400 milioni di lire e alcuni personaggi dello staff decisero quindi di abbandonare l’etichetta e accettare le proposte di altre label portandosi dietro alcuni artisti: Mara Maionchi passò alla Ricordi e la seguì Gianna Nannini, che era appena entrata come cantante nei Flora Fauna Cemento facendo in tempo a incidere un 45 giri e a partecipare nel ’74 a “Un Disco per l’Estate” con “Congresso di filosofia”; Franco Daldello si trasferì alla Cgd convincendo anche il chitarrista-cantante Umberto Tozzi, che aveva appena inciso con la Numero Uno un album con il suo gruppo, i Data.

Negli anni seguenti la Numero Uno, di fatto diventata una sussidiaria dell’Rca, continuò a pubblicare i dischi di Battisti e di qualche nuovo artista, come il cantautore triestino Gino D’Eliso e Mara Cubeddu, ex cantante dei Daniel Sentacruz Ensemble, ma i più rilevanti furono senz’altro il percussionista napoletano Tony Esposito con “Rosso napoletano” (1975) e “Processione sul mare” (1976) e Ivan Graziani, ex Anonima Sound, con i suoi album storici: “I lupi” (1977), “Pigro” (1978) e “Agnese,
dolce Agnese” (1979).

QUI l’articolo originale:

https://www.rockol.it/news-718206/numero-uno-1969-1974-la-storia-di-cinque-anni-di-successi?refresh_ce&fbclid=IwAR0-0unOyKv9BrcVbRx83hdObV7UBjN1LzveWNsbGUJKDBzjnruKqG-n87o

BORIS VIAN – recensione di Franco Zanetti su Rockol

BORIS VIAN – recensione di Franco Zanetti su Rockol

GIANGILBERTO MONTI – BORIS VIAN

Boris Vian, scrittore, paroliere, drammaturgo, poeta, trombettista e traduttore francese, morto a soli 39 anni nel 1959, non è mai stato particolarmente apprezzato in Italia – l’unica sua canzone relativamente nota è “Le deserteur”, tradotta in italiano da Giorgio Calabrese e interpretata fra gli altri da Ornella Vanoni e Ivano Fossati.

Grande estimatore di Vian è il cantautore e scrittore Giangilberto Monti, che ne ha tradotto e inciso le canzoni e l’ha portato in scena in due spettacoli teatrali.

Ora Monti racconta vita e opere di Vian in un libro fra il saggio e il romanzo, punteggiato di dialoghi verosimili, suddiviso in dieci capitoli ognuno dei quali è contraddistinto da una delle canzoni del francese.

È un lavoro informatissimo e appassionato, che tratteggia il ritratto dettagliato di un personaggio multiforme che meriterebbe di essere più conosciuto anche da noi.

Franco Zanetti

 

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

https://www.rockol.it/recensioni-musicali/libri/1024/giangilberto-monti-boris-vian?refresh_ce

MUSICA SOLIDA – recensione di Franco Zanetti su Rockol

MUSICA SOLIDA – recensione di Franco Zanetti su Rockol

VITO VITA – MUSICA SOLIDA

Ho letto con grande godimento le oltre 400 pagine di questo libro, scritto dal competentissimo Vito Vita, che amplia e completa il lavoro del rimpianto Mario De Luigi nel suo “Storia dell’industria fonografica in Italia” (recensito qui più di dieci anni fa https://www.rockol.it/recensioni-musicali/libri/537/mario-de-luigi-storia-dell-industria-fonografica-in-italia) avendo come sottotitolo “Storia dell’industria del vinile in Italia (interessante notare come non sia stata scelta la dizione “Industria discografica”: del resto ormai parlare di “dischi” non ha quasi più senso, e il destino di un’industria privata dell’oggetto che le ha dato il nome è inevitabilmente grigio se non nero).

Vita mette in fila, cronologicamente secondo la loro data di nascita, le mille (o quasi) aziende produttrici di dischi che sono nate, cresciute e morte in Italia a partire dalla fine dell’Ottocento. Il suo è un lavoro certosino e meritorio, non solo perché ci ricorda che ci sono stati momenti (creativamente ed economicamente) assai più gloriosi di quello che stiamo vivendo, ma anche perché riporta alla memoria i nomi delle persone che alla discografia italiana hanno dato lustro. A titolo del tutto personale, mi ha anche fatto ricordare tanta gente che credevo di aver dimenticato, e che invece era solo nascosta in qualche intreccio arrugginito dei miei neuroni cerebrali (Mela Bacchini! Giusta Spotti! Gianna Morello!).

Se questo libro ha un limite, è che spesso la massa enorme di informazioni che contiene lo riduce, inevitabilmente, a un mero elenco di nomi e di titoli – e non dubito che Vita avrebbe potuto scrivere il doppio delle pagine (ma chi gliele avrebbe pubblicate?) arricchendolo ulteriormente di informazioni e riflessioni. Ecco, magari le tre interviste conclusive sono pleonastiche, ma le scelte autoriali vanno comprese e accettate.

Tuttavia, “Musica solida” – bel titolo, in contrapposizione alla fastidiosissima definizione di “musica liquida” – ha i pregi del libro storico, e sono certo che Mario De Luigi l’avrebbe apprezzato come indubitabilmente merita.

Franco Zanetti

 

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

https://www.rockol.it/recensioni-musicali/libri/1014/vito-vita-musica-solida?refresh_ce