Sergio Garau: la poesia è un coltello. Recensione su «Il Fatto Quotidiano»

Sergio Garau: la poesia è un coltello. Recensione su «Il Fatto Quotidiano»

di Lello Voce

Risolza è il nome di un coltello. Un coltello a serramanico, sardo.
Sardo come l’autore – Sergio Garau – di questo eccezionale libro di poesia, risolza, appunto (miraggi ed.).

Perché sia eccezionale è presto spiegato. Intanto perché è un’eccezione nel percorso poetico, ormai quasi trentennale, che lo ha fatto conoscere in tutto il mondo, ma non attraverso la carta di una qualsiasi pubblicazione, bensì in carne ed ossa (e voce, e gesti).
Questo, infatti, è il primo libro di Garau, anche se da decenni Garau viaggia nel mondo, per fare Poetry slam, o per improvvisare letture nei luoghi più impensabili, per partecipare a festival, rassegne, o a qualsiasi azzardo poetico riesca a tentarlo: dall’Isola di Pasqua a Berlino, Parigi, Madrid, da Stoccolma a tutto il Sud America, all’Africa, all’Asia.

Garau spunta ovunque. Sorride sotto il cappello ed inizia una delle sue indimenticabili, travolgenti performance.

È una poesia atletica e prossemica, la sua, che abita alla perfezione lo spirito slam, ma che ancor prima incarna, fino in fondo, rinnovandola, la tradizione della Poèsie Action. Garau corre, gesticola, salta, senza trasformarsi mai in un clown, anzi facendo del suo corpo un arco teso che scaglia parole a volte strabilianti, che abbraccia storie inquietanti e iperboliche, che calcia e pugna ingiustizie e orrori, che carezza dolori.

Questo è Sergio Garau: la poesia come corpo e come suono. Come azione, per l’appunto.

Chi avesse dei dubbi potrebbe sfatarli leggendo la poesia che apre risolza, una dichiarazione di poetica che non ammette replica: Accendere la pagina. Avviare il testo. / Sfilare le trame e affilare le lame/ (…) / percorrere il confine tra le lingue – l’unico che si può attraversare / senza correre il rischio di farsi sparare – . / Entrare da soli in una guerra cibernetica. / Prendere un virus e determinare la diagnosi / esaminando la radiologia fonetica.

Già, perché ogni viaggio di Garau è un viaggio linguistico: come altri visitano musei e cercano panorami, boschi, laghi, mari, montagne, lui esplora le lingue, alla ricerca della loro radice sonora comune, le divora e le risputa fuori in forma di poesia. Dal vivo ed ora anche sulle pagine di un libro sbalorditivo, in cui tutte queste lingue convergono, confliggono, si amano e si detestano, si cacciano e si seducono: italiano, sardo, inglese, svedese, tedesco, bulgaro, russo, greco, arabo, spagnolo, francese, oltre a quelle che inventa lui, mettendo tutto a frullare insieme.

Garau non traduce i suoi testi per l’audience straniera, tra-duce (trasporta e tradisce) se stesso in ogni nuova lingua e la sua poesia è dunque eminentemente intraducibile. Non ha bisogno di alcuna traduzione, solo di un ascolto schietto e di attenzione. Poi a tutti sarà evidente come quella lingua – pur non essendo la sua – è certamente anche la sua.

Forse perciò a me un libro tanto cosmopolita ha dato da subito l’impressione di essere assolutamente sardo. Intimamente sardo.

Ma nonostante tutto questo, pur nel centro della Babele, le poesie di Garau sono chiarissime, evidenti, esplicite, quando riflettono sulle perversioni della cibernetica, o denunciano lo scandalo del poligono militare di Quirra, quando parlano d’amore, o riflettono sulla natura e sul cosmo, o invece ironizzano, taglienti, sui cliché e sui luoghi comuni della nostra quotidianità.

Perciò questo libro è un coltello. È un libro aggressivo, politico, scandaloso. Fatto apposta per spaventare il suo lettore. Sia nelle sue forme che nei suoi contenuti. Ma è anche, prima di tutto, un fossile. Come e più di qualunque altro libro di poesia.

Le pagine di risolza conservano il calco di qualcosa che è stata voce viva, respiro, gesto. Ne recano traccia, ci offrono la forma alfabeticamente immobile e cava di una dinamica sonora ormai già svanita. Ma di questo fluire il testo porta traccia evidente, non solo in forma di insetto catturato nella giada, ma come testimonianza geologica del passaggio della lava vulcanica.

I testi si susseguono a strati, ininterrotti: a volte si fronteggiano, ma quella che all’apparenza sembrava una traduzione a fronte di un testo in una o più lingue straniere, si rivela, un attimo dopo, una digressione che tesse una nuova tela di parole, o invece un’impronta imperfetta in cui sopravvivono solo gli intraducibili nomi propri, persi in una costellazione di segni d’interpunzione, di tracce del silenzio tra le parole. E ai testi si affiancano le icone, le translitterazioni, i segni diacritici, i simboli digitali. E tutto sta insieme perfettamente. Lo spazio non è mai soltanto quello della frase, ma sempre quello della pagina.

In questo libro si fa poesia persino con la lista dei ringraziamenti, con la nota dei ‘debiti’ letterari, o con le strane stringhe alfanumeriche che a volte fanno capolino a piè pagina, enigmatiche e inquietanti.
risolza insomma è anche un libro-oggetto, un’opera di poesia concreta. Definirla una raccolta di poesie sarebbe imperdonabilmente superficiale e ingiusto.

E questo libro, che in effetti non è un libro, ma qualcosa di radicalmente diverso da ciò che si intende con la parola libro, qualcosa che andrebbe eseguito, o guardato, prima che letto, è il libro di poesia più importante, bello, convincente e necessario pubblicato quest’anno in Italia. Vi conviene procurarvelo, perché scommetterei che difficilmente l’autore ne pubblicherà altri nel prossimo ventennio.

QUI l’articolo originale: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/08/30/sergio-garau-la-poesia-e-un-coltello/8104009/

Risolza | Il gioco della poesia recensione poliglotta alla raccolta di Sergio Garau

Risolza | Il gioco della poesia recensione poliglotta alla raccolta di Sergio Garau

di Davide Galipò

appena uscito per Miraggi Edizioni l’attesissimo libro di Sergio Garau, poeta performativo che  più di altri, negli ultimi vent’anni, ha portato i suoi versi – mimati, urlati, destrutturati – per i festival e i palchi di un’Italia sempre più “serva”.
Il libro di Garau non si presenta però come il classico “best of”, ma contiene una serie di sezioni per affrontare la contemporaneità. Amante, fin dalla giovanissima età, quando inizia a militare nel collettivo torinese Spara Jurij, della sperimentazione, Garau fa sfoggio di un ricercato plurilinguismo: dallo spagnolo al portoghese, dal tedesco al russo, dall’italiano al sardo – sua lingua natìa – in traduzione a pagina a fianco, come si confà agli autori di un certo peso, perché Garau, tra le altre cose, oltre ad essere stato presidente della L.I.P.S., numerosi campionati nazionali e mondiali di poetry slam li ha scalati e vinti.
Risolza ci mette di fronte faccia e schermo alla nemesi di ogni scrittore: l’Intelligenza Artificiale. In un gioco delle parti, Garau rivela al lettore come l’IA distruggerà il genere umano, come il Ponte sullo stretto crollerà durante la sua inaugurazione, come una partita a Tetris finita male scatenerà la Terza guerra mondiale.
Che si tratti del G8 di Genova, delle basi militari di Quirra, delle zone rosse del Covid, Risolza ricompone una zona geograficamente immaginaria, temporaneamente autonoma, dove tutto è possibile grazie all’esperienza del linguaggio.
C’è anche una profezia (sbagliata) sul nuovo Papa donna: Petra I, ma era difficile indovinare. C’è anche una parte inerente al gaming, dove l’autore compone i suoi haiku nello scenario di alcuni noti videogiochi, da Pac-Man Space Invaders, ed è questa, forse, la parte meno sperimentale.
Dal punto di vista stilistico, Risolza è estremamente eterogeneo, fino a diventare asemico, con la costante di un verso estremamente politico, che si scatena come un coltello a serramanico a fendere l’aria.

“La lama
nel ritmo via posta
corpo cambio
del senso del sangue
sorrido ora all’orrido
senza                             fine.”

Le post-poesie di Garau sono piccole installazioni artistiche pronte ad “accendersi” grazie alla compartecipazione del lettore, per quanti saranno pronti a passare al livello successivo nel grande gioco della poesia contemporanea. Quello che presuppone una presa in carico, nella consapevolezza di essere tutti virgole e non punti, nel codice linguistico.
In questo libro non troverete sentimentalismi, lirismo, ironia spicciola, cabaret, divismo, francoarminio, gabrieledannunzio, dantealighieri, facili sensazionalismi e nani che sembrano giganti nel tramonto occidentale.
Del resto, come scriveva Edoardo Sanguineti, la poesia non è mai poetica.

QUI l’articolo originale, anche in RUSSO, SPAGNOLO, GRECO, TEDESCO, INGLESE, FRANCESE:
https://neutopiablog.org/2025/06/19/risolza-il-gioco-della-poesia/?fbclid=IwY2xjawLAz_tleHRuA2FlbQIxMQABHgKUingLTpa_qOkMal9lB_6NYbbVGy1UfB1nXTaE2SulRAZ3uPhnkTYaTz90_aem_5gLhreb_V9qVUcm8RB2jSw&sfnsn=scwspwa