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IMMEDIATAMENTE – recensione di Anna Cavestri su Letto, riletto, recensito!

IMMEDIATAMENTE – recensione di Anna Cavestri su Letto, riletto, recensito!

Dic 5, 2019 | RECENSIONI

IMMEDIATAMENTE

A cura di Anna Cavestri
Con la traduzione di Francesco Forlani, Miraggi pubblica un cult di non facile recensione. Libro che è una raccolta di pensieri e riflessioni “sciolte ” come fosse  un taccuino di viaggi, frammenti appunto come dice al termine del libro, dopo la parola Fine.
Dietro il libro Immediatamente di Dominique de Roux ora in edizione italiana c’è un curiosa storia di censura politico-intellettuale-editoriale che vale la pena ricordare. Pubblicato in Francia nel 1972, era una sorta di carnet personale, annotazioni di letture, considerazioni, riflessioni, descrizioni, incontri di chi si era già imposto come un enfant prodige delle lettere francesi.
Era un romanziere, un reporter, un editore: un letterato estremamentecompetente, morto appena quarantaduenne, nel 1977. Aveva fondato, nemmeno trentenne, la rivista «Cahiers de l’Herne», giocata per monografie dedicate a figure laterali, maledette e rimosse della cultura europea: ciò avveniva per lo più per basse ragioni ideologiche e spesso per bieche rappresaglie politiche. Stando a quanto ci riferisce nel risvolto di copertina dell’edizione Miraggi, la pubblicazione di questo suo personalissimo diario frammentario, Immediatamente, irritò il mondo intellettuale ed editoriale francese, in primis Roland Barthes, “costringendo de Roux ad abbandonare la Francia per diventare corrispondente giornalistico e autore televisivo”.
Figlio nobile di una famiglia monarchica, errante tra Germania, Spagna e Inghilterra sul finire degli anni Cinquanta, polemico, traduttore, visionario,internazionalista gollista, vagabondo nei primi anni Settanta in Svizzera e Portogallo, si rifugia a Lisbona e si dedica al giornalismo, diventando corrispondente nelle colonie lusitane e intimo amico del discutibile Jonas Savimbi. Nell’aprile del 1974, al tempo della Rivoluzione dei Garofani, è l’unico giornalista francese presente a Lisbona.
A 25 anni, aveva scritto il suo primo romanzo, aveva consolidato una posizione di battitore libero in controtendenza rispetto al proprio tempo: il «nouveau roman» lo faceva “piangere di noia, il maggio francese gli era sembrato una mitomania collettiva, la sinistra intellettuale una tribù antropofaga che faceva carriera sul cadavere del marxismo.”
La prima provocazione ha a che fare con un giudizio su Georges Pompidou, scritto quando quest’ultimo non era ancora presidente della Repubblica: «Pompidou – questa bella Venere di Lapougue della politica francese – sa tutto. Sa come si incula una mosca, come il 15 agosto presentare i suoi ossequi alla Vergine Maria. Conosce pure l’Inferno e i francesi. Porta sulla Francia uno sguardo da veterinario poiché la Francia di Pompidou è una truffa politica». Prende di mira come accennato sopra,Roland Barthes, pontefice massimo dell’intellighentia parigina: «Un giorno, con Jean Genet, mi dice Lapassade, parlavamo di Roland Barthes; di come avesse separato la sua vita in due, il Barthes dei bordelli con ragazzi e quello talmudista dicevo: Barthes è un uomo da salotto, è un tavolo, una poltrona… No, ribatté Genet: Barthes è una pastorella».
L’Eliseo, così come l’Académie a difesa diGenevoix, fecero pressioni sull’editore di Presses de la Citè, Barthes minacciò di procedere per via giudiziaria contro le edizioni Bourgois. Risultato: la pagina relativa a quest’ultimo venne tagliata via dalle copie ancora in deposito e, su mandato imperativo dell’editore, i librai fecero lo stesso con le copie in loro possesso, de Roux venne licenziato in tronco da Presses de la Citè e si ritrovò messo praticamente alla porta da quella stessa casa editrice che aveva contribuito a fondare. Immediatamente, ha i pregi e i difetti dei libri fatti di frammenti. Nomi, luoghi e bersagli polemici che al momento sembravano importanti, si rivelano con il tempo di circostanza, e le stesse provocazioni che allora lo fecero mettere all’indice, oggi rischiano di apparire incomprensibili Vissuto in un Novecento in cui l’homo ideologicus teorizzato da Cochin per spiegare la Rivoluzione francese e il Terrore aveva ormai raggiunto la sua piena maturità, de Roux venne etichettato dai suoi nemici come «fascista», cosa che nel libro si legge con questa considerazione: «Mi viene voglia di presentarmi così: Io, Dominique de Roux, già impiccato a Norimberga». Quell’etichettatura faceva del resto parte di una singolare inversione del vocabolario: «Il mercenario diviene volontario, l’agente speciale un consigliere, il questurino un patriota, i corpi di spedizione l’aiuto al Paese fratello, l’aggressione deliberata, un’assistenza militare per abbattere la reazione. Il tutto con L’Internazionale in sottofondo».
C’è nel libro un lungo giudizio di Romain Gary a questo proposito, proprio perché Gary con l’homo ideologicus aveva poco o niente da spartire. Scrive bene de Roux, dice Gary, «un autentico scrittore», ma il suo piglio polemico rimanda non tanto a una «questione di fascismo di fondo», quanto a un «fondo fascista». Che però, ammonisce, non esiste: «Il fascismo è sempre stato un contenitore che soffre del vuoto interiore, del suo vuoto, ecco perché può trasformarsi facilmente in fosse comuni. I cadaveri fanno sempre molto contenuto». Ancora Gary : è tempo che De Roux affronti «non altri ma se stesso con ferocia, coraggio e senza pietà. Io è un contenuto che lo chiama, il grande appuntamento letterario è con lui».
Immediatamente è sotto questo aspetto la risposta che proprio Gary avrebbe voluto. Nelle parole di Forlani ( il traduttore): “De Roux non solo fa parte della tradizionedegli infrequentabili del Novecento, ma potremmo dire che sia stato il primo a intuire, di quelle nature scomode e insieme necessarie alla cultura occidentale (Céline, Artaud, Pound, Gombrowicz, Bernanos, tra gli altri), il ruolo di visionari, una grandezza da proteggere a tutti i costi […]. La vocazione di de Roux è in questa funzione vitale di conservazione, diffusione, traduzione e allo stesso tempo crescita parallela della parola che da materiale diventa quasi subito spirituale, corpo a corpo, senza risparmiarsi”.
La bellezza – e anche la forza – di Immediatamente è data dal senso di incompiutezza che pervade tutto il volume. Frammenti che devono essere interpretati, parole che richiamano a un’infinità di parole non scritte, attacchi al moralismo in cerca di una libertà nuova, profondamente soggettiva, che Dominique de Roux nei suoi libri e nei suoi articoli ha ricercato per tutta la vita.
Titolo: Immediatamente
Autore: Dominique De Roux
Edizioni: Miraggi
Pagg.: 256
Prezzo: € 18,00 (in e-book: € 9,99)
Voto: 8
QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:
http://www.lettorilettorecensito.flazio.com/home?art=379
De Roux? Da leggere “Immediatamente” (e ripensare con calma) – di Stenio Solinas su Il Giornale.it

De Roux? Da leggere “Immediatamente” (e ripensare con calma) – di Stenio Solinas su Il Giornale.it

Feb 7, 2019 | RECENSIONI

L’autore francese fu un battitore libero sempre in controtendenza rispetto al suo tempo

Stenio Solinas –

Dietro Immédiatement, il libro di Dominique de Roux ora in edizione italiana (Immediatamente, Miraggi editore, pagg. 252, euro 18, traduzione di Francesco Forlani) c’è un curiosa storia di censura politico-intellettuale-editoriale che vale la pena ricordare.

Pubblicato nel 1972, era una sorta di carnet personale, annotazioni di letture, considerazioni, riflessioni, descrizioni, incontri di chi si era già imposto come un enfant prodige delle lettere francesi. All’epoca trentasettenne, de Roux aveva esordito a vent’anni fondando la rivista L’Herne, finanziata con la vendita di alcuni gioielli di famiglia. A 25 aveva scritto il suo primo romanzo, Mademoiselle Anicet, a 26 trasformato la rivista in Cahiers de l’Herne, Pound, Bernanos, Céline, Gombrowicz, Borges… Nel decennio successivo, fra saggi (La mort de L.-F. Céline, L’Ecriture de Charles de Gaulle, L’ouverture de la chasse), pamphlets (Contre Servan-Schreiber), attività editoriali (le edizioni Christian Bourgois, di cui fu uno dei fondatori, Presses de la Citè, di cui era consulente letterario), romanzi (Maison jaune, L’Harmonika-Zug) aveva consolidato una posizione di battitore libero in controtendenza rispetto al proprio tempo: il «nouveau roman» lo faceva piangere di noia, il maggio francese gli era sembrato una mitomania collettiva, la sinistra intellettuale una tribù antropofaga che faceva carriera sul cadavere del marxismo…

Immédiatement segnò per molti aspetti una sorta di cesura fra ciò che c’era stato prima e ciò che ci sarebbe stato dopo e la frase con cui si apre, «Molto spesso, ho preso congedo», farà dire a biografi e familiari che si trattasse di una cesura volontaria, un farla finita con il mondo in cui si era sino ad allora mosso, grazie a una triplice provocazione, politica-letteraria-intellettuale, propedeutica a una sua inevitabile espulsione.

La prima provocazione ha a che fare con un giudizio su Georges Pompidou, scritto quando quest’ultimo non era ancora presidente della Repubblica: «Pompidou – questa bella Venere di Lapougue della politica francese – sa tutto. Sa come si incula una mosca, come il 15 agosto presentare i suoi ossequi alla Vergine Maria. Conosce pure l’Inferno e i francesi. Porta sulla Francia uno sguardo da veterinario poiché la Francia di Pompidou è una truffa politica». La seconda riguarda Maurice Genevoix, segretario perpetuo dell’Académie française: «Uno scrittore per somari». La terza prende di mira Roland Barthes, pontefice massimo dell’intellighentia parigina: «Un giorno, con Jean Genet, mi dice Lapassade, parlavamo di Roland Barthes; di come avesse separato la sua vita in due, il Barthes dei bordelli con ragazzi e quello talmudista (sono io a precisarlo); dicevo: Barthes è un uomo da salotto, è un tavolo, una poltrona… No, ribatté Genet: Barthes è una pastorella».

L’Eliseo, così come l’Académie a difesa di Genevoix, fecero pressioni sull’editore di Presses de la Citè, Barthes minacciò di procedere per via giudiziaria contro le edizioni Bourgois. Risultato: la pagina relativa a quest’ultimo venne tagliata via dalle copie ancora in deposito e, su mandato imperativo dell’editore, i librai fecero lo stesso con le copie in loro possesso, de Roux venne licenziato in tronco da Presses de la Citè e si ritrovò messo praticamente alla porta da quella stessa casa editrice che aveva contribuito a fondare…

La sua vita successiva sarà quella di chi aveva deciso di non rassegnarsi al recinto del letterato. Farà dei reportage in Angola e in Portogallo sarà una sorta di consigliere di Jonas Savimbi, il guerrigliero leader dell’Unita, nella «rivoluzione dei garofani» si illuderà di trovare l’idea di un impero d’Occidente in grado di costruire fra Portogallo e territori d’oltremare una nuova alleanza… Morirà nel 1977, a 42 anni, per una malformazione congenita al cuore di cui era naturalmente a conoscenza e che per molti versi spiega la precocità, l’attività febbrile, le intemperanze ideologiche e di cuore: sapeva che il tempo a disposizione era poco e intendeva sfruttarlo sino all’ultimo.

Immédiatement ha i pregi e i difetti dei libri fatti di frammenti. Nomi, luoghi e bersagli polemici che al momento sembravano importanti, si rivelano con il tempo di circostanza, e le stesse provocazioni che allora lo fecero mettere all’indice, oggi rischiano di apparire incomprensibili. Il suo valore è altrove, nei pensieri umorali, nelle confessioni a viso aperto: «Lo spirito senza la carne è onanismo. La carne senza spirito è bestialità». «Mi dice Jean, dopo aver parlato di mio figlio Guillaume: Non sei che un attore. A volte il fondale va in pezzi e continui a recitare senza sapere che reciti la tua stessa vita». «Essere moderno vuol dire cedere alle circostanze». «L’odio, dimensione borghese della rabbia». «Non voglio più appartenere alle circostanze della mia vita». «Come far capire a certe persone che funziono solo in condizioni aberranti. Allorché, invece, tutto ciò che è borghese è partecipe di un qualsivoglia interesse». «Guadagnarsi da vivere. Tanto tempo perduto in denaro guadagnato».

Vissuto in un Novecento in cui l’homo ideologicus teorizzato da Cochin per spiegare la Rivoluzione francese e il Terrore aveva ormai raggiunto la sua piena maturità, de Roux venne etichettato dai suoi nemici come «fascista», cosa che in Immédiatement gli detta questa considerazione: «Mi viene voglia di presentarmi così: Io, Dominique de Roux, già impiccato a Norimberga». Quell’etichettatura faceva del resto parte di una singolare inversione del vocabolario: «Il mercenario diviene volontario, l’agente speciale un consigliere, il questurino un patriota, i corpi di spedizione l’aiuto al Paese fratello, l’aggressione deliberata, un’assistenza militare per abbattere la reazione. Il tutto con L’Internazionale in sottofondo».

C’è nel libro un lungo giudizio di Romain Gary a questo proposito esemplare, proprio perché Gary con l’homo ideologicus aveva poco o niente da spartire. Scrive bene de Roux, dice dunque Gary, «un autentico scrittore», ma il suo piglio polemico rimanda non tanto a una «questione di fascismo di fondo», quanto a un «fondo fascista». Che però, ammonisce, non esiste: «Il fascismo è sempre stato un contenitore che soffre del vuoto interiore, del suo vuoto, ecco perché può trasformarsi facilmente in fosse comuni. I cadaveri fanno sempre molto contenuto». Sulle «fosse comuni» per la verità il bolscevismo avrebbe potuto dare delle lezioni, così come il Terrore rivoluzionario giacobino, ma questo Gary non lo può dire, altrimenti l’impalcatura del suo ragionamento non sta in piedi e quanto a praticare «letterariamente l’odio», in Francia come altrove la sinistra colta non andrà certo a lezione dalla destra ignorante… Su una cosa però Gary ha ragione: è tempo che de Roux affronti «non altri ma se stesso con ferocia, coraggio e senza pietà. Io è un contenuto che lo chiama, il grande appuntamento letterario è con lui». Immédiatement è sotto questo aspetto la risposta che proprio Gary avrebbe voluto.

Leggi la recensione anche su http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/de-roux-leggere-immediatamente-e-ripensare-calma-1640272.html

Dominique de Roux e Riccardo De Gennaro, miraggi agli antipodi della narrativa – di Lorenzo Mazzoni su Il Fatto Quotidiano

Dominique de Roux e Riccardo De Gennaro, miraggi agli antipodi della narrativa – di Lorenzo Mazzoni su Il Fatto Quotidiano

Feb 3, 2019 | RECENSIONI

“Il mestiere del giudice è abominevole, perché condannare significa arrivare troppo tardi”. Immediatamente, di Dominique de Roux(traduzione di Francesco Forlani; Miraggi edizioni), è uno scomodo, riuscito e originale volume di frammenti che racchiudono la poetica e la visione del mondo di una delle figure più singolari del Novecento francese, e non solo.

Immediatamente

Figlio nobile di una famiglia monarchica, errante tra Germania, Spagna e Inghilterra sul finire degli anni Cinquanta, polemico, traduttore, visionario, internazionalista gollista, vagabondo nei primi anni Settanta in Svizzera e Portogallo, si rifugia a Lisbona e si dedica al giornalismo, diventando corrispondente nelle colonie lusitane e intimo amico del discutibile Jonas Savimbi. Nell’aprile del 1974, al tempo della Rivoluzione dei Garofani, è l’unico giornalista francese presente a Lisbona.

Immediatamente, racconta questo lungo errare. Tracce di New York, Haiti, Amburgo, Ginevra, Parigi, Lisbona, di almeno quattro continenti e un numero cospicuo di nazioni. Sono presenti le interpretazioni filosofiche e politiche dell’autore sui fatti epocali che vanno dal Dopoguerra agli anni Settanta. Riflessioni sagaci, a volte destabilizzanti: “Il crollo delle ideologie a beneficio degli estremismi nazionali. Il razzismo nazista non è stato nient’altro che un’estetica dell’assassinio. Rinascimento estetico = assenza totale di carità (…) Appena terminata la biografia del maréchal de Richelieu, un cazzone con dietro un maréchal (…) Chi si prende la briga di parlare del Mein Kampf? Un giorno rimarrà di Hitler soltanto questo libro che non opera nella storia ma nell’inattuale. È un’antologia totale del totalitarismo”.

La bellezza – e anche la forza – di Immediatamente è data dal senso di incompiutezza che pervade tutto il volume. Frammenti che devono essere interpretati, parole che richiamano a un’infinità di parole non scritte, attacchi al moralismo in cerca di una libertà nuova, profondamente soggettiva, che Dominique de Roux nei suoi libri e nei suoi articoli ha ricercato per tutta la vita.

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di Lorenzo Mazzoni
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Leggi l’articolo anche qui https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/03/riccardo-de-gennaro-e-dominique-de-roux-miraggi-agli-antipodi-della-narrativa
Immediatamente di Dominique De Roux – recensione a cura di Nicola Vacca

Immediatamente di Dominique De Roux – recensione a cura di Nicola Vacca

Feb 1, 2019 | RECENSIONI

immediatamenteMi piace definire Dominique De Roux il Karl Kraus francese. Scrittore e intellettuale fuori dal comune, cavaliere delle lettere in territorio nemico, fa parte degli irregolari e degli impresentabili del  Novecento.
Fu il creatore dei «Cahiers de l’Herne», una collana che riportò al centro della vita culturale scrittori maledetti, liberi e anticonformisti (che molto gli somigliavano) come Céline, Pound, Artaud, Lovercraft.
De Roux riuscì a presentare criticamente al grande pubblico autori del calibro di Borges, Gombrowicz, Solženicyn, Koestler e movimenti come la beat generation.
Siamo davanti a un grande scrittore controverso che decise di essere sempre un uomo libero, di non appartenere a nessuna banda letteraria. La sua penna e la sua intelligenza si schierarono apertamente contro il mondo culturale del suo tempo.
De Roux, come Kraus, nelle sue invettive non risparmiò proprio nessuno.
In Italia non è molto conosciuto e soprattutto è pubblicato poco. Grazie a Francesco Forlani da Miraggi edizioni esce Immediatamente, libro di frammenti e aforismi in cui l’irriverente scrittore francese intinge la sua penna corrosiva di provocatore e di agitatore culturale.
Immediatamente esce in Francia nel 1971 e De Roux è vittima di una violenta reazione del mondo intellettuale francese. Il primo a scagliarsi contro di lui fu Roland Barthes.
Dolo l’uscita del libro «l’impresentabile» De Roux fu costretto a lasciare la Francia.
Dominique De Roux è uno straordinario inattuale che vale la pena conoscere e approfondire. Uno scrittore irregolare che rientra a pieno titolo nella tradizione dei pensatori controcorrente.
Un uomo e un intellettuale che veste da uomo sempre libero i panni del polemista e scrive del proprio tempo sedendosi orgogliosamente dalla parte del torto, in compagnia degli spiriti scomodi e degli infrequentabili.
Immediatamente è un libro di illuminazioni che folgorano. Dominique De Roux è uno scrittore che scrive per disturbare e con i suoi aforismi taglienti ha squarciato, come sanno fare soltanto gli irregolari e gli uomini di pensiero che decidono di rispondere soltanto alla propria coscienza, tutto il marcio di un’epoca che sa solo esprimersi attraverso la rappresentazione ipocrita di se stessa.

«Viviamo il tempo degli istrioni di massa. Coloro che fanno gesti differenti non sono più originari di nessuna parte»; «Al gaullismo succederà la Germania, o peggio ancora i francesi».

Per De Roux scrivere è rinunciare al mondo. Una grande e coraggiosa lezione inattuale.
Quando le epoche si fanno torbide dobbiamo assolutamente leggere gli inattuali. Perché solo loro sanno dirci le cose come stanno.
Leggiamo assolutamente Dominique De Roux che, come Cioran, Kraus, Céline e tutti gli altri infrequentabili, ha diffamato e squartato il suo tempo.

Dominique De Roux (1935-1977) fu un letterato fine e controverso. Il primo romanzo, Mademoiselle Anicet, è del 1960; nel 1963 fonda la rivista «Cahiers de l’Herne», raccolta di numeri monografici dedicati alle figure maledette o misconosciute della letteratura europea (Céline, Gombrowicz e Pound, tra gli altri). Nel 1966 dà alle stampe il saggio La morte di Céline (Lantana), che inaugura il catalogo della casa editrice Christian Bourgois, co-fondata dallo stesso De Roux.
Immediatamente esce nel 1971 e la violenta reazione del mondo intellettuale, con Roland Barthes in prima linea, costringe De Roux ad abbandonare la Francia per diventare corrispondente giornalistico e autore televisivo. Inviato soprattutto in Portogallo, documenta le guerre nelle colonie africane e nel 1974 è l’unico inviato speciale francese a Lisbona durante la rivoluzione dei garofani, che portò alla caduta di Salazar e della dittatura portoghese.
Pubblica l’ultimo romanzo, Le Cinquième Empire, cinque giorni prima di morire improvvisamente per infarto, nel 1977; La Jeune Fille au ballon rouge e Le Livre nègre usciranno postumi.

:: Immediatamente di Dominique De Roux (Miraggi Edizioni 2018) a cura di Nicola Vacca

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