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di Marilù Oliva

Sul filo della lama” è una raccolta di testi autobiografici, un memoir irriverente, crudo, cinico ma verissimo in cui l’artista David Wojnarowicz si consegna al destinatario senza mezzi termini, palesando quello che Jonathan Bazzi definisce il suo “cuore scorticato”

“Al tramonto le auto sembravano tanti acquari su ruote: sguardi anfibi di sconosciuti compressi dietro ai finestrini. Imponenti edifici di granito con finestrelle screziate da luci fluorescenti, forme grigie indistinte nei vicoli fradici, merda e spazzatura rotolano nel vento vicino ai tombini intasati, spruzzi di luce al neon rossa e verde scivolano sull’asfalto bagnato. Un barbone emaciato con piedi nudi e lividi – un tempo anche lui è stato bambino di qualcuno – si è intrufolato nel vecchio scatolone di un frigorifero nascosto tra le erbacce di un parcheggio vuoto”:

David Wojnarowicz è stato un artista poliedrico nato nel 1954 e vissuto solo 37 anni (è morto per una complicanza dovuta all’Aids). Scrittore, osservatore acuto del mondo, fotografo, performer, visual artist e attivista, è ora stato portato nelle librerie italiane grazie all’editore resistente e indipendente Miraggi Edizioni, con un libro tradotto da Chiara Correndo e post-fatto da Jonathan Bazzi: “Sul filo della lama”, con sottotitolo eloquente di dostoevskijana memoria: “Memorie della disintegrazione”.

Si tratta di una raccolta di testi autobiografici, un memoir irriverente, crudo, cinico ma verissimo in cui lui si consegna al destinatario senza mezzi termini, palesando quello che Bazzi definisce il suo “cuore scorticato”. Ci mostra la barbarie dei bassifondi, l’altra faccia di una società, quella a stelle e strisce, spesso troppe volte ovattata e ridipinta attraverso film a lieto fine, lustrini e splendori. Qui non c’è la famiglia felice (la sua men che meno, visto che durante l’infanzia fu vittima di abusi da parte del padre, che poi si eclissò), non ci sono storie d’amore melense, ma incontri fugaci e talvolta violenti, scene hot dove il piacere diviene lenitivo della disperazione più profonda, rivendicazioni precise, all’inseguimento di un diritto che si fa sempre più flebile:

“Alcuni mesi fa lessi sui giornali che la Corte Suprema aveva emesso una sentenza secondo la quale gli omosessuali in America non hanno diritti costituzionalmente garantiti contro la violazione della loro privacy da parte del governo. Nel testo si leggeva che l’omosessualità in America è da sempre condannata e che solo eterosessuali, coppie sposate o famiglie possono godere di questi diritti”.

C’è l’Aids, malattia che allora concedeva poche speranze, ci sono le cure, gli amici che scompaiono, le conversazioni, i dubbi, l’ineluttabilità di una vita intensa ed effimera quale fu la sua, divorata fino all’ultimo respiro. Poi ci sono risse, malintesi, meravigliosi scorci urbani psichedelici, accuse coraggiose senza remore di esiti legali (scoprirete, ad esempio, che il cardinale O’Connor è il più grande bugiardo del mondo in fatto di preservativi e sesso protetto e che molti rappresentanti del governo Bush sono pericolosi omofobi). Non mancano le analisi concenti, le speculazioni filosofiche, le bugie e i controsensi smascherati della vita, sui quali, però, non ci si interroga con domande infruttuose, piuttosto la denuncia diviene il canto di un cigno per una nuova consapevolezza che ci porti verso una società più giusta.

Il tutto riportato con un linguaggio feroce e sublime, inseguendo la poesia anche di fronte alla parte più infima dell’esistenza e proponendo talvolta il simbolo dentro un flusso sempre lucido di pensieri, come ipostasi di più alti significati:

“Se si riuscisse a sopportare la luce, ci si accorgerebbe di un cuore centrale con appendici di piovra. Tentacoli come vermi lunghissimi palpitano di pulsazioni stroboscopiche nella bruma bluastra che essuda dal centro. Il centro non è esattamente percepibile con la vista, è più una sensazione: il pingue meccanismo della civiltà, la distruzione totale e programmata del mondo così come lo conosciamo, le svastiche ambulanti che latrano parole di morte quasi fumettistiche”.

QUI l’articolo originale: https://www.huffingtonpost.it/blog/2025/06/03/news/unesistenza_sul_filo_del_rasoio-19340259/?fbclid=IwY2xjawKr76JleHRuA2FlbQIxMQABHlJBok372EpNTxRnSOWZxxAjOuJfOgEqSlqoTKEwsi92dbhaLzAdZXvlcznL_aem_anNQtvKWiEuUa589AYaCsQ