Delitti e processi degli anni Sessanta: la Torino e l’Italia dell’epoca, una giustizia meno spettacolarizzata di oggi, ma vicende molto seguite dal pubblico, come se fossero romanzi criminali “veri”, scritti sulle pagine di cronaca nera e giudiziaria dei giornali.
Vecchi articoli, vecchi resoconti di processi in Corte d’assise, a Torino. Questo libro li ripropone a mezzo secolo di distanza, così come uscirono allora, giorno per giorno sulle pagine regionali, talvolta nazionali, de L’Unità, inseriti in un racconto avvincente anche per chi di quelle vicende non ha mai sentito parlare.
E’ cambiato il mondo, da allora. Sono cambiati i cittadini, i giornali, le istituzioni, i codici e i processi. Anche l’aula della Corte d’Assise non è più lì, nella Curia Maxima in via Corte d’Appello. E non c’erano , allora, le tv, folle di cineoperatori a riprendere l’interesse del pubblico per la vicenda “noir”, nessun Vespa rifaceva il processo in modo mediatico, spettacolarizzandolo con i plastici e gli esperti in studio, psicologi e periti sempre pronti a mettersi in mostra.
Quei processi, quella Torino, quegli imputati, quelle arringhe. La gioielliera assassinata in via Berthollet. Il processo al vigile urbano che inseguì e uccise il ladro che aveva appena rubato la Flaminia del sindaco Anselmetti. L’omicidio di Chivasso, l’uomo ucciso , tagliato a pezzi , rinchiuso in una valigia, trasportato e gettato in una roggia a Ceva, imputata la giovane vedova con tutto il “clan” familiare siciliano: due fratelli, un cugino, la madre.
Nel libro sono riportati anche l’estradizione di un boss della mafia made in Usa, la truffa di Radiofortuna, la fuga di un imputato dall’aula, il processo a Giulio Einaudi , Michele Straniero, Sergio Liberovici, Margot Galante Garrone, per un libretto di “Canti spagnoli”, giudicato blasfemo e sequestrato dalla Procura. C’era ancora il caudillo Franco, a Madrid. E ci sono anche due cronache di apertura di anni giudiziari, 1963 e 1965, per significare che quasi nulla è cambiato da allora, giustizia sempre in crisi, in qualsiasi aula.
Antonio De Vito, torinese e pugliese, classe 1938, è giornalista dal 1962 (per tutti gli anni Sessanta anche avvocato). Cronista giudiziario e non solo alla redazione torinese de «L’Unità» fino al 1969, poi cronista e inviato a «La Stampa» fino al 1994. Prima e dopo l’istituzione delle Regioni, membro della Gpa della Prefettura di Torino, fino agli anni Novanta. Per decenni negli organismi sindacali e di categoria regionali e nazionali dei giornalisti. Tra i fondatori dell’Ungp, ne è stato vicepresidente per dieci anni. Attualmente è presidente del Gruppo giornalisti
pensionati del Piemonte. Eletto per oltre vent’anni all’Inpgi (Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani): nel Cda dell’ente pubblico, poi nel Consiglio generale dell’Istituto privatizzato, infine nel Consiglio di amministrazione (2008-2012).
Ha pubblicato: Torino, insieme nei quartieri (con altri autori, Omega, 1979); Gli enti regionali del Piemonte (con altri autori, Eda, 1980); Stranitalia, Gli anni (st)ruggenti di Prodi e Berlusconi (Miraggi, 2010); La finestra del prefetto. Mezzo secolo di storia nel paese delle
riforme incompiute (Miraggi, 2011); Il sovversivo col farfallino, Destinazione Ponza (Miraggi, 2015). Domani verranno l’areoplani. Lettere da
un tempo lontano (Miraggi, 2015). Nel 2017 è uscito L'uomo tagliato a pezzi. Delitti e processi dei favolosi anni Sessanta (MIraggi 2017).
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