fbpx
“Torneremo ad Amsterdam”: la recensione su Tuttosport

“Torneremo ad Amsterdam”: la recensione su Tuttosport

Due amici, Ettore e Paolo, e un viaggio attraverso l’Europa. Si comincia in Islanda, si arriva a Torino, al Filadelfia. Apparentemente sembra un tour senza una filo conduttore, alla ricerca di incontri improbabili con personaggi famosi oppure di una scazzottata con un gruppo di danesi sovrappeso. Eppure c’è una logica di fondo in “Torneremo ad Amsterdam” (Miraggi edizioni, 107 pagine 12 euro), il romanzo scritto da Fabio Selini. Ed è una logica granata, nel senso di Torino. Di quei tifosi che hanno sognato di conquistare l’Europa con la Coppa Uefa nel 1992 e vennero fermati nella doppia finale da traverse e decisioni arbitrali controverse. Ettore e Paolo hanno in mente di prendersi una rivincita, nel nome di chi lottò contro tutto e tutti, come Emiliano Mondonico e la sua famosa sedia sollevata al cielo. E questa rivincita riparatrice arriva. Come? Lo scoprirete nelle ultime pagine.

 

“Torneremo ad Amsterdam”: la recensione su Tuttosport

La notte in cui il Toro sfiorò la Coppa Uefa: “Torneremo ad Amsterdam” su La Stampa/Torino

Una sedia alzata diventata simbolo di appartenenza. E ora anche un libro che ricorda la notte più coinvolgente della storia recente granata. Il Toro non poteva che fare da sottofondo alla nuova fatica di Fabio Selini, bresciano che si è innamorato del Torino grazie a Pulici e Graziani. “Torneremo ad Amsterdam”, edito da Miraggi e nelle librerie dal prossimo 15 dicembre al prezzo di 12 euro, è stato presentato ieri al Circolo della Stampa-Sporting.

Non è un’opera storiografica però, ma un romanzo che racconta la storia di due amici quarantenni, Ettore e Paolo, che nel loro viaggiare senza una destinazione precisa per l’Europa – apparentemente, perché tutte le tappe coincidono con la cavalcata granata: dall’Islanda fino all’Olanda – si ritrovano come ultima metà nella città dei tulipani, dove 26 anni fa il Torino guidato da Emiliano Mondonico si giocò la finale di ritorno di Coppa Uefa contro l’Ajax mancando il successo a causa di tre pali (dopo il 2-2 dell’andata). «A quella partita, l’unica finale del Toro, penso dalla notte del 13 maggio 1992», le parole di Roberto Cravero, storico capitano granata, al quale è stata affidata la prefazione.

In quella squadra giocava anche Silvano Benedetti, oggi responsabile della Scuola Calcio del club di Cairo. «Fu un’esperienza bellissima, nonostante la delusione – le parole dell’ex difensore, allora però non ci rendemmo pienamente conto dell’occasione di entrare ancora di più nella storia. L’abbiamo capito dopo».

Francesco Manassero

“Torneremo ad Amsterdam”: la recensione su Tuttosport

Selini: «Amsterdam è perdere senza perdere»

Fabio Selini, “Torneremo ad Amsterdam” è un libro a forti tinte granata. Quando è nata l’idea?
«Quella notte ha segnato intere generazioni: perdere una finale senza perdere, colpire tre legni in un’unica partita, storie che soltanto un tifoso del Toro può vivere e immaginare. Non superare, perché comunque quella rimane una ferita ancora aperta. E così ho deciso di raccontare la splendida cavalcata senza lieto fine: ho sentito come una fitta 15 anni fa, quando in viaggio ad Amsterdam andai al museo dell’Ajax e vidi quella coppa che doveva essere nostra. A 40 anni era giunta l’ora di fare i conti con la realtà e cercare di superare quel trauma».

Chi sono i protagonisti?
«Ettore e Paolo sono due grandi amici uniti dalla stessa passione, il Toro. La vita non è particolarmente felice per loro, hanno tanti problemi, ma quando vedono correre i granata su un prato verde dimenticano tutto. E allora partono per un viaggio per tutta Europa, proprio come fecero i ragazzi di Mondonico: Reykjavik, Atene, Madrid, e poi Amsterdam, tappe che un tifoso granata conosce a memoria. Tutto, però, non finisce all’Olympic Stadium, ma al Filadelfia: la nostra casa è rinata, quello è il luogo dove potersi ritrovare tutti insieme. E pensare a un futuro migliore, alzando lo sguardo e vedendo in lontananza la collina e Superga, altro luogo sacro per noi granata. A me è capitato proprio il 25 maggio 2017, all’inaugurazione del nuovo Fila con tutta la mia famiglia».

Come hai vissuto le serate delle due finali?
«All’andata per cause di forza maggiore ero rinchiuso in una casa di riposo a Mantova: mi isolai in un enorme stanzone vuoto con tre amici, mi diedero tanto supporto durante quel botta e risposta tra noi e l’Ajax fino al 2-2 finale. Al ritorno, invece, ero a casa con pochi intimi. Superai il primo palo di Casagrande, sopportai a malincuore quello di Mussi, ma alla traversa di Sordo non ce la feci più: mi inginocchiai davanti alla televisione, non ci volevo credere. Non ci potevo credere. E invece era tutto vero, e ancora oggi, nonostante abbia superato i 40 anni, fa ancora tanto male».