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Tutto l’amore che manca – recensione di Anna Cavestri su Quelli che… Letto, riletto, recensito!

Tutto l’amore che manca – recensione di Anna Cavestri su Quelli che… Letto, riletto, recensito!

Pino alla soglia dei 40 anni è in momento di grande crisi, “un vuoto cosmico “. Rimasto senza lavoro, abbandonata dalla compagna, abbandonato il percorso terapeutico intrapreso , senza amici e dipendente da alcol e marijuana. Dall’Abruzzo a Torino per lavoro e con una ferita ancora aperta lasciata dal suo primo e grande amore da cui è stato tradito.È un percorso faticoso il suo, tra momenti di lucidità razionale, che lo portano a pensare di essere forte ed in grado di superare le difficoltà soprattutto la dipendenza e momenti in cui tra i fumi dell’erba e dell’alcol si perde in solitario sgomento. Capta per caso un discorso : “ho smesso per sempre di fumare quando sono tornato dove ho cominciato la prima volta “ , e con questo pensiero che frulla nella sua testa , come un messaggio mandato a lui, si fa forza.In un percorso difficile ognuno ha i suoi tempi e la razionalità non basta. Pino se lo ripete come un mantra, “ devo cambiare a cominciare da quello che mangio “, ma continua a bere e fumare, tentando qualche goffo approccio con qualche donna, storie che non durano, sesso e non sempre, senza neanche affetto. Ha un amico con cui si confida un omino dei Lego (i mattoncini colorati) , con lui sì ,a volte se lo porta in tasca, e con lui, parte per ritornare al punto in cui ha iniziato a fumare. Amsterdam, e in quei tre giorni che trascorre lì non si fa mancare niente, pensando che sarà l’ultima volta. Tre giorni in preda ad annebbiamenti, visioni e sbandamento. Per poi fare ritorno a Torino. Un fatto di cronaca successo al suo paese d’origine ad una compagna di liceo, pare per mano dell’uomo con cui è stato tradito dalla sua prima fidanzata, minano il precario equilibrio in cui si trova. Forse anche per sanare la ferita d’amore bisogna tornare dove è iniziata? Si sente pronto e parte verso il suo paese d’origine, quello stesso dove si dice essere nato Ponzio Pilato. Lì c’è la sua famiglia e c’è Isabella la donna che non ha mai dimenticato.Isabella sembra che lo aspetti e gli porge le braccia. Pino è di nuovo preda della razionalità e dell’istinto, senza alcol e erba questa volta. Potrà un lavaggio di mani essere salvifico in una situazione che non è quella che aveva immaginato? Potrà guarire la sua ferita d’amore? Un libro che lascia spazio a riflessioni, a fare i propri conti, ad interrogarsi con quello che ci manca ( ognuno il suo) È scritto in seconda persona, come ci fosse un occhio sempre attento su Pino, un libro pieno di sorprese che a volte lasciano col fiato un po’ sospeso. Una lettura interessante e scorrevole.

QUI l’articolo originale:

https://www.facebook.com/groups/lettorilettorecensitoblog/permalink/679405259391727

TUTTO L’AMORE CHE MANCA – recensione su Librando Magazine. Nuove penne

TUTTO L’AMORE CHE MANCA – recensione su Librando Magazine. Nuove penne

La trama

Aognuno di noi può capitare di parlare con un oggetto, una pianta o un animale. Giovanni Spartivento, dopo aver perduto in pochi giorni lavoro e fidanzata, liquida lo psichiatra dal quale era in cura e, rimasto solo con la sua ossessione per le donne e la consolazione della marijuana, adotta come confidente un omino della Lego: «Un piccolo aggiustatutto con la tuta e il cappello blu; una via di mezzo tra un idraulico e un operaio, dall’espressione seria ma bonaria». Insieme, intraprendono un viaggio che da Torino li porterà prima ad Amsterdam e poi, in seguito alla notizia dell’omicidio di un’ex compagna di scuola, a Bisenti, paese natale di Giovanni. Bisenti è però anche il paese di origine di Ponzio Pilato… e non sempre le questioni si risolvono lavandosene le mani.

La stanza è vuota, nessuna traccia di vita in quei ventotto metri quadri che ti sembrano una scatola. Ti senti carne avariata in una confezione di plastica: l’atmosfera protettiva ha finito il suo effetto e ti manca l’aria; cominci a marcire e ne senti la puzza ovunque. Sei seduto a terra, nudo, davanti a uno specchio spietato che riflette un’immagine che non riconosci. Siete due statue identiche che stanno per prendersi a cazzotti dopo anni di guerra fredda. Quelle parole ti hanno toccato nel profondo e hai deciso che devi dare una svolta alla tua vita. Serve un taglio netto a tutto senza nessuna pietà, nessuna speranza e nessuna alternativa. Siete solo tu, la lampadina appesa a un cavo che penzola dal soffitto, la bottiglia di un whisky a basso costo e lo specchio. Quel maledetto vetro a cui vorresti dare un pugno e romperlo. Ma hai paura, è questa la verità, nuda come te. Pensi che sarà doloroso, ma fa male anche guardarci dentro e fissare la tua immagine come se aspettassi che sia lei a parlare per prima. Sai bene che non ti darà nessuna risposta e l’unica consolazione è che non farà domande.

Qui l’articolo originale:

AUTOSTOP PER LA NOTTE di Massimo Anania è uno spaccato sociale che mai cambierà – intervista di Salvatore Massimo Fazio su L’urlo

AUTOSTOP PER LA NOTTE di Massimo Anania è uno spaccato sociale che mai cambierà – intervista di Salvatore Massimo Fazio su L’urlo

L’autostop di Massimo Anania è uno spaccato sociale che mai cambierà – L’intervista

L’autore pubblicato da Miraggi edizioni, da un anno è sempre sul pezzo col suo romanzo

Chi ha scritto Autostop per la notte l’ho incontrato alla XXXII edizione del Salone Internazionale del libro di Torino. Piemontese di Piossasco (To), che però vive lontano dalla sua amata terra, è uno degli emergenti più noto al pubblico italiano.

Con Autostop per la notte, pubblicato da Miraggi edizioniMassimo Anania, firma il testamento del cambiamento che mai avviene, e delle volte è pure gradevole, anche se ti scarica in problemi legali. Libro interessante, che spiega il successo itinerante da oltre un anno.

La vicenda narra di uno studente universitario che fa autostop per raggiungere gli amici in centro a Torino. Chi lo carica, lo trascinerà con sé a un festino al quale partecipa la Torino bene. Droga, gioco, donne belle e facili. Lo studente si apparterà con una di queste e nel momento dell’apice dell’erotismo… scopre essere un travestito. I due litigano, perché il ragazzo non si sente di aver rapporto con un trans. Vi è uno snodo: il ragazzo fugge scoprendo di essere vittima di una raggiro in cui è implicato un pericoloso personaggio. Chiederà aiuto ad un amico, parecchio ambiguo, ma molto affidabile. Fino ad un colpo di scena che spiega il successo di questo bravissimo autore sul quale ha puntato Miraggi edizioni.

 

Il tuo successo non annunciato, lo è però diventato: è anche il tuo esordio?

«Autostop per la notte è il mio esordio letterario in assoluto. Ho collaborato per una decina di anni con un quotidiano della provincia di Belluno e con alcuni periodici di genere e diffusione, ma il romanzo pubblicato per Miraggi è il mio debutto assoluto».

 

 

 

(In foto Massimo Anania)

Miraggi edizioni, 10 anni di editoria indipendente, lanciatasi nel firmamento, come sei arrivato a questa straordinaria realtà?

«Un giorno una mia amica mi disse di leggere un libro, che mi prestò- Era rivestito di carta da pacchi e con un disegno stilizzato e un buco attraverso il quale si intravedeva la copertina reale. Il libro era molto bello, con una struttura non facile e con immagini potenti. Quel libro era “Cacciatori di frodo” di Alessandro Cinquegrani e quel giorno ho desiderato propormi a Miraggi. Dopo aver inviato il testo, dopo un anno e mezzo mi sono ritrovato nelle librerie, a conferma dell’onestà intellettuale di questa realtà italiana».

 

Come spiegheresti in poche parole il tema del romanzo?

«Autostop per la notte è una sguardo alla società, da un angolazione diversa. Un ragazzo ancora troppo ingenuo per la sua età, la sua voglia di vita e di trasgressione si scontrano con individui poco puliti e pronti a fregare il prossimo nel nome del dio denaro».

 

Cosa ti ha spinto a scrivere di questo tema e perché e per chi lo hai scritto?

«Scrivo per quell’esigenza spietata di raccontare una storia, inventare, creare luoghi, personaggi e azioni. Credo che creare qualcosa sia una delle più grandi soddisfazioni della vita, c’è qualcosa di divino nel creare, è come se l’essenza divina si mescolasse all’uomo.
Non mi chiedo mai chi leggerà i miei libri. Voglio scrivere ciò che sento e trattare gli argomenti che preferisco. In questo momento mi attira la parte oscura dell’individuo e finisco per descrivere situazioni al limite e pensare cose non sempre condivisibili. Ognuno di noi ha qualcosa da nascondere: una paura, una debolezza, un difetto, un vizio o un fatto da non raccontare e sono queste le cose che mi attraggono e i meccanismi psichici che li governano».

 

 

(In foto la cover della copertina del libro)

Le candidature a premi importanti ti hanno emozionato? Hai sperato di uscirne vittorioso?

«Le candidature fanno piacere ma non pensavo di vincere e non me ne sono preoccupato. Le cose più belle sono arrivate dai lettori. Molti mi hanno scritto in privato per darmi le loro impressioni, qualcuno mi ha mandato una sua foto con il libro. Poi sono arrivate tante segnalazioni e tante recensioni da lettori che curano o collaborano con siti che trattano libri e gruppi di lettura».

La tecnica, la struttura, anche questa è stata una bella novità…

«Sicuramente il ritmo del libro ha molto colpito il lettore. Volevo che questo libro fosse veloce dall’inizio alla fine. Desideravo che il lettore non smettesse di leggerlo ed arrivasse alla fine. Il romanzo è scritto in seconda persona e questa è la caratteristica che più ha incuriosito. Mi piace scrivere così e lo farò ancora. Nel corso della narrazione ho inserito diversi flussi di coscienza scritti in prima persona per portare il lettore direttamente nella testa del protagonista con un cambio improvviso. Credo che sia l’unico romanzo che finisce senza il punto».

Anche una flou chart è stata la sorpresa…

«Sì, alla fine della narrazione c’è un capitolo intitolato Se fosse un film, che contiene la colonna sonora del libro. Un brano per ogni capitolo, selezionato da Walter Moroni. E ancora, nella versione e-book e dopo la prima ristampa, sono stati inseriti alcuni disegni tra un capitolo e l’altro. Questi sono di Luca Ferrari batterista dei Verdena, Fabrizio Berti, Sharon Colli, Michela Roffaré, Farbod Ahmadwand e mio figlio Samuele. E tengo a ringraziare anche Eric Lot, che è l’autore delle foto di copertina».

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

L’autostop di Massimo Anania è uno spaccato sociale che mai cambierà – L’intervista

Autostop per la notte – Intervista a Massimo Anania di Chiara Stival su Italian-directory.it

Autostop per la notte – Intervista a Massimo Anania di Chiara Stival su Italian-directory.it

Autostop per la notte, libro d’esordio di Massimo Anania recentemente pubblicato da Miraggi Edizioni, si legge tutto d’un fiato: il ritmo della scrittura rispecchia le vicissitudini raccontate, è sostenuto, incalzante fino a giungere a quell’estremo che vede come unica soluzione la necessità di un tuffo in un’altra dimensione. Questo stacco prende la forma del flusso di coscienza che interrompe il vorticoso incedere della narrazione con pause di disorganizzata riflessione, momenti di sospensione utili nella musicalità di questo immaginario pentagramma.

L’alternanza tra i fatti reali che accadono a Maurizio, il protagonista, e le sue incontrollate riflessioni mantengono la cadenza sincopata per l’intero romanzo, un continuo movimento tra mondo reale e un mondo che si fa onirico per l’intero romanzo.

Autostop per la notte è ambientato a Torino, scelta che evidenzia maggiormente il contrasto tra possibile e impossibile, tra chiaro e scuro; il capoluogo noto per essere catalizzatore di magia bianca e magia nera, si mostra come una Torino signorile e aristocratica e al contempo segreta, chiusa in palazzi inaccessibili e governata da personaggi potenti, perché ricchi e privi di scrupoli.

In questo sfondo notturno e labirintico, un gesto abituale per Maurizio, quello di fare autostop, lo proietta in un susseguirsi di accadimenti che sfuggono al suo controllo e a qualsiasi sensata previsione, che si intrecciano anche quando sembra si siano finalmente districati.

L’apparente casualità, che innesta un’avventura durata tre giorni, assume diverse sembianze, inizia con quella del gentile automobilista che gli concede un passaggio, poi prende forma di donna e infine quella di un professore; il fluire degli eventi trasportano protagonista e lettori in una breve quanto incessante discesa agli inferi urbani.

Intervista

Come definisci Autostop per la notte: romanzo breve o racconto lungo?

Il confine tra romanzo breve e racconto lungo è difficile da stabilire, personalmente lo vedo come un romanzo breve ma non credo sia errato definirlo racconto lungo.

La seconda persona singolare per la narrazione è una scelta audace: perché la usi?

Mi trovo a mio agio in fase di prima stesura, anche se non è semplice da utilizzare mi permette di tenere il ritmo della narrazione elevato. E ho scoperto che mi piace parecchio.

In gabbia © disegno di Luca Ferrari

Perché hai scelto Torino per ambientare la tua storia?

È una scelta d’istinto, ho vissuto a Torino per 26 anni e adesso che vivo lontano l’apprezzo di più e ne sento la mancanza. Tutto quello che scrivo è ambientato a Torino, non potrei scegliere un’altra città. L’unica eccezione potrebbe essere inventarsi un mondo nuovo, ma credo che in un modo o nell’altro somiglierebbe al capoluogo piemontese.

L’autostop è una pratica in disuso ma è il fatto che mette in moto tutte le altre connessioni del racconto: come ti è venuto in mente?

Per me l’autostop è stato il mezzo più usato per gli spostamenti dai sedici ai diciannove anni. A Torino non era difficile trovare qualcuno che si fermasse e questo mi permetteva di risparmiare i soldi dell’autobus e soprattutto di sottostare agli orari imposti dal servizio pubblico. All’occorrenza mi fermo a bordo strada con il pollice rivolto all’insù anche adesso.

Autostop per la notte © disegno di Farbod Ahmadvand

La tua passione per l’arte si unisce in questa “avventura” in diverse forme. Partiamo dalla prima: chi sono gli illustratori delle immagini che compaiono nel libro?

Gli scorsi anni ho organizzato diverse mostre di pittura alle quali hanno partecipato numerosi artisti. Mi piaceva l’idea di aggiungere qualche illustrazione nel romanzo e ho chiesto a qualcuno di loro di realizzare un disegno. Tra gli illustratori ho selezionato artisti che per tecnica potessero darmi un qualcosa in più. Farbod Ahmadwand dipinge fondendo gli insegnamenti della scuola europea con quella persiana. Luca Ferrari è il batterista dei Verdena che tra un tour e l’altro si diletta con la pittura e i collage. Sharon colli ha un modo unico di interpretare il disegno attraverso il quale riesce ad esprimere in modo deciso concetti anche semplici. Fabrizio Berti, Michela Roffarè e Sonia Luzzatto sono artisti che hanno esposto in diverse gallerie sul territorio nazionale e in diverse manifestazioni culturali non solo in Italia ma anche all’estero. Poi c’è un disegno di mio figlio di otto anni: un giorno gli ho chiesto di disegnarmi una macchinina e ha fatto un lavoro così bello che non potevo fare altro che includere.

Il passaggio © disegno di Samuele Anania

C’è anche un video che promuove il libro: da dove nasce questa idea?

L’idea è del regista Eric Lot che ha anche realizzato le foto di copertina. Riprese, montaggio e musica sono opera sua, e credo che riesca a guardare il mondo da un punto di vista inusuale e in futuro potrà togliersi grandi soddisfazioni.

Spesso accompagni le tue presentazioni con la musica: perché questa scelta?

Perché mi piace mettere insieme arti diverse e per dare libertà di espressione al maggior numero di artisti possibile. L’interazione tra musica, colori e parole è in grado di elevare il livello dei singoli artisti, pur esprimendo sentimenti e idee diverse.Consiglio: se sei un lettore interessato ai romanzi brevi, consigliamo Il blues delle zucche.

“Autostop per la notte”: la recensione di Sandro Moiso su carmillaonline.com

“Autostop per la notte”: la recensione di Sandro Moiso su carmillaonline.com

Uno studente universitario borderline, una coppia di truffatori tarantiniani, un malavitoso d’alto bordo e un professore ex-sessantottino sono i protagonisti di una vicenda che si pone a metà strada tra un noir atipico e una commedia nera, in cui la violenza e la morte sono presenti senza mai diventare del tutto esplicite.
Ambientato tra le periferie torinesi e le residenze collinari di una borghesia il cui stile di vita sembra ormai coincidere quasi totalmente con quello della criminalità organizzata, il breve romanzo d’esordio di Massimo Anania può costituire una lettura estiva piacevole e disincantata.

L’autore, nato in una nebbiosa Torino nel gennaio del 1975, vive attualmente in Veneto, dove oltre a lavorare in una grande impresa si occupa di arte e letteratura, e sembra trasfondere alcune sue caratteristiche comportamentali nel personaggio principale, lo studente tiratardi che sembra obbligarsi ogni notte ad attendere l’alba sperando che questa sia sempre più lontana. Notte che non sempre, come nella migliore tradizione del noir oppure della letteratura fantastica, porta con sé consiglio.

Notte che, anzi, può nascondere inganni e incontri con demoni meschini, destinati a trascinare i nottambuli non troppo scaltri in catene di eventi da cui risulta poi difficile uscire senza conseguenze. Notte buia, ma non tempestosa, e piuttosto confusa: soprattutto quando un poco sapiente cocktail di cocaina e whisky può far perdere il poco ingegno che si ha a disposizione.

Una storia assai poco politically correct in cui l’attrazione sessuale gioca un ruolo non secondario. Un’attrazione sensuale e ambigua, destinata ad ingannare più che a soddisfare nel momento del suo fisico realizzarsi.
Un’avventura notturna le cui conseguenze saranno ri-governate da una ragione malavitosa che, in un mondo dominato e colonizzato dal feticcio denaro, non è in fin dei conti peggiore di quella contenuta nel conformismo dominante. All’interno di vicende che, nonostante alcune smagliature nella trama, spesso sono narrate con un linguaggio cinico e, a tratti, visionario.

Sandro Moiso

Leggi la recensione di Sandro Moiso anche qui
https://www.carmillaonline.com/2018/08/09/tutto-in-una-notte-o-quasi/

Massimo Anania tra autostop e un po’ di sé

Massimo Anania tra autostop e un po’ di sé

Massimo Anania, com’è nato “Autostop per la notte”?
“Volevo scrivere un racconto, doveva essere una narrazione per una antologia. Poi, però, la storia ha preso campo da sola: ben presto si è trasformata da racconto a romanzo e così è arrivato “Autostop per la notte”. Non è stato difficile, anzi, per la prima stesura sono bastate poco più di due settimane e ho terminato dopo appena quindici giorni. Mentre scrivevo pensavo “quello che viene, viene”. Ed è venuto questo libro”.

Da dove arriva l’idea dell’autostop?
“Da una parte per il mito dell’autostop, la mia generazione è cresciuta con questo modello, il fatto di essere caricati in macchina da uno sconosciuto è sempre stato un mix di curiosità e trasgressione; dall’altra, per la mia esperienza personale. Prima di prendere la patente, tra i 18 e i 19 anni, l’autostop è stato il mio mezzo di trasporto”.

Quindi c’è un velo di autobiografia?
“Il protagonista di “Autostop per la notte”, Maurizio, è un ragazzino piuttosto ingenuo che è curioso di scoprire nuove cose. Mentre procedevo con la narrazione, Maurizio si è avvicinato sempre più a me ragazzino: anche io ero così inesperto e voglioso di scoprire il mondo. C’è poi l’episodio della festa, con tantissime persone che partecipano: non me ne sono reso conto subito, ma tanti particolari e soprattutto la descrizione dei presenti era incredibilmente simile a ciò che avevo vissuto io. Insomma, qualche fatto è frutto di immaginazione, ma altri traggono spunto dalla mia esperienza”.

Il romanzo è ambientato a Torino: che rapporto ha con la città?
“Molto stretto, anche perché fino a 25 anni ho sempre vissuto all’ombra della Mole. Da qualche tempo, invece, mi sono dovuto trasferire: ora abito in Veneto, a Belluno. E devo ammettere che Torino mi manca tanto, non me lo sarei aspettato. Mi sento più legato a Torino ora che sono lontano rispetto a quando ci vivevo”.