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LA CONFUSIONE NON È MAI STATA COSÌ BELLA recensione di Mariangela Taccogna su Mangialibri

LA CONFUSIONE NON È MAI STATA COSÌ BELLA recensione di Mariangela Taccogna su Mangialibri

Davanti al mare crollano le barriere e si apre lo scrigno delle emozioni. Tra il desiderio di essere trascinati via dall’amore e la realtà, restano le domande e la nostalgia. Nostalgia di un amore intenso fatto di piccoli gesti, di quotidianità. A nulla serve cancellare ogni traccia se nella mente indelebili restano i ricordi. Fuggire via ma insieme, godersi il mare, i baci e gli abbracci, le risate e gli sguardi. Passeggiare mano nella mano, dormire teneramente vicini e struggersi dal desiderio. Nottate ad occhi spalancati e cuore ferito, pensare e ripensare a chi è lontano ma non smette di essere lì, nello stesso letto che odora ancora d’amore. Un amore che non è mai abbastanza, una fame di baci che non saziano, un desiderio di ‘per sempre’ che ritorna prepotente ad ogni sguardo. L’amore è tutto ciò che serve, è il luogo dove far riposare il cuore dalle scorribande della giovinezza, è il sogno che si avvera, è un corpo da esplorare. Ma anche vuoto da colmare, dolore che non permette di reagire, attendere e sperare in un ritorno. Ritrovarsi a cercare ancora lei e illudersi di trovarla in una bottiglia di Jack Daniels o nelle braccia di un’altra. Fermare il tempo nel ricordo dell’ultimo bacio fino a smettere di aspettare…

Quattro capitoli (Il mare, Io e te, Il cuore spezzato e Il tramonto) per dipingere, attraverso più di cinquanta poesie, una storia d’amore contemporanea, fresca e giovane come i protagonisti. Stefano Colucci, classe 1995, rappresenta certamente la “generazione 2.0” e racconta, con una scrittura liquida e veloce (espressione di una instancabile frequentazione di numerosi social network), l’amore attraverso gesti, luoghi ed oggetti anche banali: le sigarette, le felpe oversize, il Mc Donald’s. Un autore giovane e molto ‘social’, un linguaggio schietto e concreto, un tema evergreen, una pioggia di ‘like’ sui social che precede la pubblicazione e la raccolta di poesie è presto fatta. Successo garantito tra i giovani lettori che possono rispecchiarsi in un linguaggio fatto di brevi, lapidarie frasi (lo stesso che sperimentano quotidianamente fuori e dentro i social network) e di uno stile con interessanti potenzialità ma che risulta ancora acerbo. Esattamente come la generazione che rappresenta. Istantanee di una quotidianità che chiede di andare oltre e di sperimentare sentimenti ed emozioni che non hanno tempo. La raccolta si conclude con un monito che diventa quasi uno slogan, un consiglio, una speranza: “Innamorati di tutto”. Più che una dichiarazione d’amore, una dichiarazione all’amore.

La confusione non è mai stata così bella

Matthias Martelli: “Sono un giullare che gioca (anche) a scrivere poesie”

Matthias Martelli: “Sono un giullare che gioca (anche) a scrivere poesie”

Matthias Martelli, partiamo dall’amore o partiamo dal contraccolpo?
Partiamo dall’amore, si deve partire sempre dall’amore. Ma subito dopo arriva proprio lui, inaspettato: il contraccolpo, l’onda d’urto riculatoria. Gli effetti indesiderati dell’amore. Piernasi, l’autore-personaggio del libro, si innamora spessissimo, di decine di donne diverse, ma è un amore goffo, strambo, malriuscito, strampalato. Un amore desiderato ma che difficilmente si avvera, e quando sembra avverarsi, eccolo, sempre lui: il contraccolpo!

Oppure saremmo potuti partire anche da Pruno Piernasi: chi era costui?
Pruno Piernasi è il più grande poeta contemporaneo. Un uomo difficile, duro, facilmente irritabile e pieno di sé. È un po’ la parodia del grande poeta contemporaneo. Si esprime con un linguaggio fintamente aulico, che alla fine si rivela inevitabilmente comico. Perché il Piernasi non parla e scrive come tutti noi: il suo lessico è pieno di parole storpiate, spesso inventate di sana pianta, che vanno a costruire una poesia nuova, spesso buffa, sicuramente originale. Piernasi, infine, è un personaggio inventato da me, ma ultimamente non ne sono più così sicuro: forse esiste realmente.

La poesia, oggi: più luci o più ombre?
Ci sono grandi poeti sia popolari sia di nicchia. Il rischio ogni tanto è cadere da una parte nella banalità del “sole, cuore, amore” e dall’altra parte nell’eccessiva ricercatezza e aulicità, che poi è quello che prendo in giro in questo libro.

Amore di nicchia o amore popolare? Quale buttiamo dalla torre?
Non buttiamo nessun amore dalla torre, per carità! Butterei piuttosto la pedanteria, la spocchia e l’eccessiva autocritica, che distruggono creatività e originalità. Mentre dai discorsi sull’amore toglierei quella vena di banalità che rischia di affogare il sentimento e di renderlo insulso.

La comicità nella poesia: ce la spieghi?
La poesia comica è un genere antico, che risale fino al XIII secolo: basta pensare alla comicità giullaresca di Cielo (o Ciullo) D’Alcamo in “Rosa Fresca Aulentissima”. Si pensa che la comicità sia qualcosa di inferiore rispetto al tragico, di più semplice, io credo invece che scrivere poesie comiche sia un’arte raffinata. Fra i poeti di oggi stimo particolarmente Guido Catalano, che ha inaugurato un genere, con Catalano spesso si ride, ma non solo, è davvero geniale. Tuttavia la mia comicità in “T’amo aspettando il contraccolpo” è molto diversa: sono un giullare che prende in giro i poeti tronfi, quelli così seri che perdono credibilità. E nella parodia, alla fine, il finto poeta rischia di diventar poeta per davvero.

Ci racconti la tua infanzia, che certamente ha avuto un ruolo importante anche in questo libro?
Tutto dipende da dove sei nato”, diceva Dario Fo. Io sono nato a Urbino, un luogo così meraviglioso da non sembrare vero. Faccio parte dell’ultima generazione che giocava per i vicoli e nei cortili. In quelle vie si incontravano i personaggi di Urbino: studenti, artisti, professori, poeti, scrittori, e anche pazzi, pazzi buoni ovviamente, con cui chiacchieravamo e facevamo amicizia. Dentro i miei personaggi ci sono i matti buoni d’Urbino.

T’amo aspettando il contraccolpo lo vedremo a teatro o lo troveremo solo in libreria?
Lo vedremo dappertutto, per le strade, nel teatri, nelle librerie, nelle case. Una vera persecuzione. A parte gli scherzi: sì, credo sia un testo legato anche alla performance.

A proposito di teatro: ormai i tuoi spettacoli valicano i confini italici. Com’è stata l’esperienza di Londra?
È stata un’esperienza entusiasmante. Non voglio fare il solito discorso sulla superiorità di certi paesi europei rispetto all’Italia, ma l’impressione purtroppo è quella: dobbiamo puntare con forza sulla cultura in questo Paese, altrimenti il futuro è impensabile. Gli altri Paesi lo stanno facendo. Con la cultura si mangia. Si fanno dei gustosi banchetti di follia, allegria, riflessioni e meraviglia.

C’è un romanzo nel futuro di Matthias Martelli? Un altro libro di poesie? O cos’altro?
Teatro, poesie, romanzi … Tutto quello che uscirà dalla mia testa. Ma non mi sento né un attore, né un poeta né uno scrittore: sono un giullare, che viene da joculator, da jocus = gioco, quindi gioco a esserlo.

Andrew Faber: “La poesia rende eterno un attimo di felicità”

Andrew Faber: “La poesia rende eterno un attimo di felicità”

Andrew Faber, eccoci arrivati, grazie a  “Fermo al semaforo in attesa di trovare un titolo, vidi passare la donna più bella della storia dell’umanità”,  alla… terza fatica con Miraggi. Ma davvero è una fatica, oggi, scrivere?

“A volte lo è di meno, quasi sempre lo è di più. I tempi dei social sono frenetici, convulsi. Molto difficili da soddisfare.  Ed è da lì che molti di noi (parlo dei poeti performativi) sono nati. Il pubblico nel corso degli anni si è abituato ad avere aggiornamenti praticamente costanti. Ogni mattina insieme al caffè vuole leggere una nuova poesia. E questo si traduce in una continua produzione da parte dell’artista. Bisogna trovare i giusti riferimenti. Personalmente non smetto mai di leggere, ascoltare musica. Vedere film. Guardarmi attorno. Contaminarmi – per così dire – di qualsivoglia forma d’arte”.

Partiamo dal semaforo. Esiste? Dove si trova?
“Il semaforo esiste eccome! Sorge a poche centinaia di metri da casa mia. Ed è grazie a lui che questi tre libri hanno avuto un titolo che oltre a me, è piaciuto tanto anche al mio pubblico. Ci vado spesso, quando ho bisogno di un consiglio. Di un po’ di ispirazione. Mi metto lì. Tiro giù il finestrino. Me ne accendo una. E dopo avviene la magia. E’ un semaforo magico. Spero solo che un giorno non mi chieda i diritti!”

E la donna più bella dell’umanità come dovrebbe essere?
“Felice. Questo sicuramente. Quando una donna è felice, splende di luce propria. Esattamente come le stelle a cui chiediamo di esaudire i nostri desideri. La bellezza a cui mi riferisco è tutta lì. Nel suo sorriso. Nei suoi pensieri. Nel suo coraggio. Ci vuol coraggio ad essere felici. La poesia serve a questo. A rendere eterno anche un solo attimo di felicità”.

Tre citazioni, in apertura: Sirianni, Dalla, Vasco Rossi. Perché?
“Sono stati loro nel corso di quest’ultimo anno a ispirare tante delle poesie contenute all’interno del libro. Sono tre cantautori incredibili. Visionari. Sognatori. Sono tre poeti. Federico Sirianni è anche un amico. Ho imparato tanto da lui. Sono felice di averlo conosciuto. Il suo ultimo lavoro in studio che si intitola “Il santo” ritengo sia uno degli album più belli in assoluto, per quanto concerne la musica italiana da diversi anni a questa parte. Con le canzoni di Lucio Dalla e Vasco Rossi ho passato la mia infanzia. E ancora oggi mi domando come possano aver scritto certe meraviglie. La sera dei miracoli, Le rondini, Sally, Una canzone per te. Solo per citarne alcune. Sono veri miracoli portati in musica”.

Mi dai la definizione attuale di poeta?
“Mi perdonerai la franchezza. Ma essere un poeta oggi vuol dire avere due palle così. Vuol dire procedere contromano al mondo, correndo il rischio di ammazzarsi ad ogni angolo di vita”.

Perché il tuo è un pubblico soprattutto femminile?
“Credo che il motivo principale resti sempre la ricerca dell’amore. Non che gli uomini non ne abbiano bisogno, non dico questo. Ma una donna ne reclama con più forza l’esistenza. Ha più bisogno di credere che esista. Per questo motivo cerca conferme, molto spesso ricambiate, all’interno della poesia”.

Senti cosa ho scritto: la recensione di Fabiana Marzotto su Tre Mandorle al dì

Senti cosa ho scritto: la recensione di Fabiana Marzotto su Tre Mandorle al dì

Io amo le cose belle, le cose ricercate, le cose preziose. E oggi proprio di questo parleremo. Oggi ci facciamo trafiggere da una freccia poetica destinata a lasciare il segno.

Oggi vi presento “Senti cosa ho scritto” di Lorenzo Bartolini, pagine in versi suddivise in tre tempi. E il fatto che “Giugno in parole” dell’anno scorso fosse dedicato a un altro grande artista – che risponde al nome di Roberto Mercadini e che firma la prefazione del libro – non è un caso.

Sono emozionata, entusiasta, orgogliosa di avere letto queste righe e di avere conosciuto il loro padrone. Tutti dovremmo avere Lorenzo come amico, come conoscente, come poeta. A nessuno dovrebbe essere negato il diritto di godere delle sue parole, parole che si posano come polvere di stelle sulle nostre palpebre chiuse, parole che illuminano di meraviglia ogni sfaccettatura della realtà su cui si posano.

Lorenzo è un attento osservatore di ciò che lo circonda e ciò che i suoi occhi, la sua pelle e il suo cuore percepiscono viene riflesso in uno stile fatto per essere letto, uno stile pulito, nitido, gentile e indagatore dell’animo umano.

Non è possibile non rimanere incantati e stupiti dalla dolcezza e dalla sensibilità racchiuse in questi fogli di carta che ci conducono per mano in lande calorose e colorate.

Salpiamo sulla barca Bartolinica per un viaggio in una poesia che ha il potere di espandersi e occupare ogni spazio libero. Una poesia che ci mostrerà tutto ciò su cui lo sguardo, il tocco e la penna di Lorenzo si sono soffermati creando parole, immaginari e cornici da riempire di bellezza.

Una prima cornice, forse La cornice, è l’Amore: ogni poro di ogni foglio di carta trasuda amore; amore per la mamma, per la fidanzata, per la nipote, per l’amico, per le città (e Torino non poteva mancare). Ogni riga è un inno ad amare e a non avere paura di farlo e di scriverlo. Ogni riga è un inno a vivere ogni stato d’animo, anche quello che porta con sé il freddo vissuto da un cuore privato per un istante dal calore dell’amore a causa di una lite. Ogni riga è un inno a curarsi a suon d’affetto e a lasciarsi trasportare dallo stupore che avvolge ciò che ai più appare ovvio.

Una seconda cornice è la Vita, vita che ci appare straordinaria nella sua scansione temporale ordinaria. Vita che si compone di grandi temi affrontati con la bellezza della semplicità e della bontà di cuore. Qui la poesia riesce a smuovere le coscienze, a diventare uno spillo che ha il potere di sgonfiare quell’enorme bolla che ci costruiamo per non vedere ciò che non ci tocca da vicino. Uno spillo che fa convivere in un buco piccolissimo vino e vergogna. Ma la vita è anche gioco: un modo per rinfrancarsi dalla potenza e dall’energia delle passioni. E’ una pausa per fermarsi a riflettere e a ragionare, sospendendo quella frenesia che non è altro che una cattiva consigliera. La vita è anche non morte e quindi regno assorbente di ogni pensiero.

Una terza cornice è composta dai Ricordi poetici, lettere che sprigionano meraviglia, gioia, generosità, vicinanza, parità. Sono frammenti di attimi di riconoscimento di anime. E’ una cornice libera dove il poeta crea il suo mosaico emozionale che funge da stimolo per il lettore, il quale così potrà dare il suo valore emozionale alle parole che legge, riempiendo di luoghi, sensazioni e persone la terra, la natura e i gesti.

Questo è un lavoro che ha lo splendore e il fascino di una cometa persistente da un lato e la forza educativa ai sentimenti dall’altro. Qui le parole vibrano, si mescolano, si scuotono e danzano al ritmo di una musicalità inedita, una musicalità di cui non potremo e non vorremo più fare a meno.

 


I love the beautiful things, the valued things, the precious things. And today we will talk about these things. Today the poetical arrow will pierce us and it will leave a sign.

Today I present you “Senti cosa ho scritto” (You listen what I wrote), Lorenzo Bartolini’s verses divided in three times. It isn’t a coincidence that last year I talked about an other big artist in “The words of June” section: his name isRoberto Mercadini and he signs the book preface.

I am touched, enthusiastic, proud because I read these lines and I met its owner. Everyone would have to have Lorenzo as friend, acquaintance, poet. Everyone would have to have the right to enjoy his words, which place like stars dust on our closed eyelids, words that light every reality side with magnificence.

Lorenzo is careful observer and what his eyes, skin and heart sense has reflected in his style, a style to read, a clean style, a gentle style, a human spirit investigator style.

We are enchanted and amazed of his sweetness and sensitivity included in these sheets of paper, which join our hands to bring us toward loving and coloured lands.

With his ship, we sail off into the poem, a poem that has the power to grow and capture every free space. A poem that shows us Lorenzo’s reality: his gaze, his style and his pen create words, imaginations and frames to fill up with beauty.

A first frame, maybe the frame, is the Love: every pore of every sheet of paper trickles love; love for the mum, for the girlfriend, for the niece, for the friend, for the cities (and Turin is here). Every line is an ode to love and to not fear to love and write it. Every line is an ode to live every state of mind, even the state of mind that brings the cold lived by the heart when the warm of the love misses for a moment because of a fight. Every line is an ode to take care of us with the love; it is an ode to be surprised about what a lot of persons believe obvious.

A second frame is the Life, life that appears us extraordinary in its ordinary temporal scan. Life with its big questions faced with the beauty of ease and heart kindness. Here the poems move the awarenesses, they are a pin that deflates the big ball which we build around us to not watch what is not near us. A pin that creates a little hole where wine and embarrassment live side by side. But the life is a game too: a way to refresh us from the passions power and energy. It is a pause to stop and to think, without the frenzy that isn’t a good advisor. The life is a not death too and so it is a kingdom that absorbs every thought.

A third frame has made by poetical Memories: the letters give off marvel, delight, altruism, affinity, parity. They are fragments of instants of souls identification. It is a free frame where the poet creates his emotional mosaic that acts as an incentive for the reader, which will give his emotional value to the read words and he will fill up with places, sensations and people the land, the nature and the gestures.

This work shines as a persistent comet and it has the power to educate to the emotions. Here the words are vibrant, they shake, they dance with a fresh sound that will become indispensable for us.

Giugno in parole / The words of June: “Senti cosa ho scritto” di Lorenzo Bartolini

L’amore raccontato da Andrew Faber. Opera seconda, e più spensierata

L’amore raccontato da Andrew Faber. Opera seconda, e più spensierata

Rigorosamente in minuscolo. Perché l’espediente scelto per il titolo (“d’Amore. di Rabbia. di Te”) vuole mettere in evidenza i sentimenti e la persona. E’ l’opera seconda di Andrew Faber, dopo “Non ho ancora ucciso nessuno”. Formula vincente non si cambia: poesie e racconti, più o meno brevi. Cambia però, aspetto fondamentale, il filo conduttore di fondo. Come racconta Faber: “E’ il proseguimento del primo libro, uscito a luglio 2016, ma il tono è meno serio. Strizzo l’occhio alla leggerezza evitando di scivolare, spero, nella banalità”.

Che cosa è successo in questi mesi?
“Il primo l’avevo scritto dopo essere uscito, in maniera pesante, da una storia lunga. Ero anche andato a vivere da solo. Ora sono più sereno, si vede nella scrittura: più spensierata, più leggera, più libera”.

E’ venuto fuori di getto oppure meditato?
“Di getto. Dopo “non ho ancora ucciso nessuno” ho scritto tutti i giorni, pubblicando su Facebook. A marzo mi chiama Miraggi e mi chiede di immaginare un volume che sia pronto in tre mesi. Io rispondo di no. Mi dicono di pensarci sopra, di prendermi qualche giorno. Ho valutato quanto avevo scritto, ho visto che era pubblicabile. In tre mesi ho irrobustito il materiale ed ecco “d’Amore. di Rabbia. di Te”.

C’è un tema che predomina?
“L’ho sempre detto: sono un gran fanatico della donna e anche in questo si parla d’amore, sia pure in maniera differente. E’ molto introspettivo e molto più maturo di quello precedente”.

Hai avuto modo di “testare” le poesie prima dell’uscita del libro?
“Non immaginando un secondo volume, ci sono cose che portavo negli spettacoli da tempo, conosciute da chi mi segue. Diciamo che ho già verificato sul campo e che è piaciuto”.

Ultimamente usciamo insieme” è il titolo dell’evento in cui coinvolgi Federico Sirianni, cantautore e scrittore. Come è nato il vostro rapporto?
“Io vivo a Roma, ho conosciuto Federico (un genovese) a Torino attraverso Catalano. Poi mi ha invitato a una sua serata quando è venuto nella mia città, ho letto alcune poesie. Ci siamo conosciuti e ci siamo presi. Volevo restituirgli il favore e sono felice che abbia accettato”.