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Eva Clesis (autrice di “Amor”) si racconta nell’intervista di Salvo Zappulla su La Voce dell’Isola

Eva Clesis (autrice di “Amor”) si racconta nell’intervista di Salvo Zappulla su La Voce dell’Isola

“Lo Straordinario” di Eva Clesis

 

Tra i tanti libri che mi arrivano in visione da vari editori, spesso di genere, per fare cassetta, più o meno omologati, ogni tanto me ne capita tra le mani qualcuno fuori dagli schemi, bizzarro, spumeggiante, originale. E allora la vita mi torna a sorridere, provo la sensazione di stringere un gioiellino tra le mani e me lo tengo stretto. È il caso di questo romanzo: “Lo Straordinario” di Eva Clesis, pubblicato dalla piccola Las Vegas edizioni. Già il nome della casa editrice rimanda alla memoria un mondo scintillante e fibrillante di colori, gioiosità, brillantezza, dissolutezza anche. E la storia raccontata dalla Clesis è in perfetta sintonia con tutto ciò. Un romanzo fresco, giovanile, esuberante; quasi frenetico direi. Letteratura pura che non guarda agli indirizzi di mercato e se ne frega altamente, con la strafottenza propria di chi sa che, con una penna in mano, è in grado di conquistare il mondo.  È incredibile cosa possa inventarsi uno scrittore dalla fantasia straripante, coma riesca a rendere verosimile una storia che nella realtà non potrebbe esistere. Eva Clesis, con leggerezza e delicata ironia, senza mai strabordare, senza mai volgarizzare, gioca con le infinite sfaccettature dell’animo umano per creare una storia che tende al magico realismo di stampo bontempelliano. I dialoghi sono frizzanti, con battute a effetto che inducono al sorriso, la trama solida, personaggi caratterizzati, tutto l’impianto narrativo regge alla perfezione. Un coro di voci in sintonia come un’orchestra, che sprigiona musica creata con le parole. Lea, la protagonista del romanzo, si è lasciata con il suo ragazzo, ha perso il lavoro presso una rivista di moda, sogna una carriera da giornalista d’assalto, ha una sorella gemella di successo e una madre che sembrano perennemente sapere come affrontare la vita, a differenza sua, che si trova in difficoltà ad ogni bivio. Lea è alla ricerca di una casa in affitto. Ne troverà una speciale; anzi “straordinaria”, in un condominio che sembra la proiezione dell’Eden sulla Terra: canone di affitto straordinariamente basso, sveglia al mattino col canto degli uccelli, musiche soavi e profumo di gelsomini, pavimento riscaldato, persino il frigorifero riempito di leccornie da mani misteriose; coinquilini gentilissimi e premurosi di esaudire ogni suo desiderio. È un sogno? O un incubo?  Forse le premure sono un po’ troppe! Forse le invadenze sono eccessive! C’è qualcosa di stonato in tanta generosità. Un campanellino d’allarme si fa largo nella mente della ragazza.  Lea sembra avvolta da una coperta calda che lentamente la stritola, fino ad asfissiarla. Non si raccapezza più. È andata a finire in una gabbia di matti? È vittima di un complotto? È caduta nelle mani di una setta satanica, decisa a immolarla durante un rito sabbatico?  E poi c’è quell’uomo dagli incredibili occhi verdi che contribuisce a farle girare la testa. Come andrà a finire?  Bisogna arrivare alla fine del libro per saperlo.

Eva Clesis, non ho letto gli altri tuoi romanzi, ma questo l’ho trovato “straordinario”, di una grande forza. Mi è sembrato di cogliere la volontà di presentare o di deformare la società in cui viviamo attraverso un aspetto grottesco e paradossale. È così?

Direi di presentarla, non di deformarla. La vita per come ho avuto modo di conoscerla io è spesso grottesca. Ci sono momenti di felicità, molti momenti di noia in cui ci impegniamo a costruire qualcosa, e la paura che basti un niente a portarci tutto via, perché forse intuiamo che la giustizia non è di questo mondo e perché esistono il dolore e l’incertezza. E, d’altra parte, siamo aperti al magico anche quando ci sforziamo di essere logici. Forse per questo la storia di Lea intriga. Condividiamo le sue incertezze e in parte abbiamo vissuto le sue sfortune: sappiamo che la fregatura è dietro l’angolo, soprattutto davanti ad atti di gentilezza. Ci è stato insegnato che i regali non esistono, eppure sogniamo che non sia (sempre) così.

Quanto è importante il senso dell’ironia nella scrittura e nella vita?

Direi fondamentale. Mio marito tempo fa mi ha detto che io sono quasi sempre una persona divertente. Non lo faccio per piacere agli altri, sono proprio così di natura. L’ironia è un po’ la mia forza, un po’ la mia corazza, e non a caso sono attratta anche dalle scritture brillanti, o con qualche guizzo di ironia anche se hanno trame piene di conflitti. Sono ironica anche con me stessa, non solo quando scrivo. L’ironia è un controcanto che mi ha permesso e mi permette tuttora di affrontare situazioni spiacevoli, a volte tragiche. Immagino che ci siano altri modi per vivere bene o scrivere meglio. Io, che spesso non trovo un senso nel vivere, tutelo il mio modo.

Esiste una scrittura al femminile? Ed esiste, a tuo parere, un pregiudizio che in qualche modo penalizzi i libri scritti dalle donne?

Esiste ed esisterà una scrittura femminile quando ci metteremo d’accordo su cosa voglia dire “femminile”. Poiché non trovo un significato univoco, non mi piace parlare di scrittura al femminile. Ci sono buoni o cattivi libri. Chi li scrive per me non conta un accidente. Considero inconsistenti i pregiudizi sui libri scritti dalle donne. “Scrivi come un uomo” è una cosa che mi dicono spesso. Mica ho capito cosa vogliono dire, però. E infatti quando lo chiedo mi danno risposte differenti, a parte due particolari. L’idea che la scrittura al femminile sia una scrittura sentimentale, e l’idea che la scrittura al femminile sia lagnosa o ombelicale. Ma io conosco tantissime donne che non sono né sentimentali né lagnose. Non capisco perché con una penna in mano dovrebbero cambiare carattere.

So che di recente è uscito il tuo ultimo romanzo: Amor, pubblicato da Miraggi edizioni. Ce ne vuoi parlare?

Amor è un romanzo per me molto sofferto. Può anche essere il mio ultimo romanzo, e in tal caso ne andrei comunque fiera. Vorrei che fosse letto da più persone possibili, perché dice qualcosa di diverso dagli altri romanzi, e lo dice in una lingua diversa. Infatti è un romanzo che possiamo definire esistenzialista. C’è una donna che si interroga sul senso che una serie di eventi tragici ha avuto sulla sua vita, e nel frattempo deve anche sparire, perché un pazzo la sta cercando. Se prima la sua depressione era una scusa per nascondersi, adesso è costretta a farlo. Ma come fai a identificare il tuo nemico se negli ultimi anni tutto ti ha fatto paura?

Sei mai stata in Sicilia?  Se sì, che impressioni ne hai riportato?

Mi piacciono molto i siciliani e la Sicilia, ma la conosco a metà. Mi manca, e vorrei visitare al più presto, la metà che comprende Agrigento, Trapani e Palermo. Insomma, un bel pezzo! Sono stata invece più volte a Messina, Catania, Ragusa e Siracusa. Vivendo a Reggio Calabria da anni, considero Messina una città parallela alla mia città adottiva, la vedo praticamente ogni volta che passeggio sul lungomare, assieme all’Etna. Proprio stamattina ero tentata di fare l’ennesima foto del panorama siciliano al di là del mare. Dalla mia posizione la Sicilia è un’isola non isolata, amica, e con tanta bellezza e passione da offrire. Sono sempre contenta di prendere l’aliscafo e tornarci. Ma negli anni mi ricordo interminabili spostamenti, tra bus, treni e auto, e purtroppo in questo la Sicilia, come anche il mezzogiorno peninsulare, sono penalizzati. I meridionali vanno al nord facilmente, ma dal sud al sud è sempre un’impresa spostarsi.
Una volta ho conosciuto un tizio californiano che aveva dei parenti siciliani da parte del padre, a Noto. Ma essendo orfano pensava di non poterli rintracciare, mentre per me non esisteva cosa più triste di avere origini siciliane e non essere mai stati in Sicilia. Alla fine riuscii a metterlo in contatto con loro. Gli traducevo le loro lettere e ai parenti traducevo le sue, e alla fine decise di andarli a trovare. Nonostante non si capissero, l’ospitalità e il calore di quella famiglia ritrovata lo commosse moltissimo: scoprì l’infanzia di suo padre, la sua storia prima dell’America, i suoi luoghi, i sacrifici dei genitori per farlo studiare. Al ritorno mi scrisse che quel viaggio, restituendogli il passato di suo padre, gli aveva cambiato la vita.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

“Lo Straordinario” di Eva Clesis

Amor di Eva Clesis – Recensione di Sara Minervini su 4.0 Blog

Amor di Eva Clesis – Recensione di Sara Minervini su 4.0 Blog

Quando si parla di cifra narrativa a proposito di uno scrittore, non si intende solo la peculiarità di uno stile che lo distingue da tutti gli altri. La cifra, letteralmente, è una sorta di scrittura riassunta, fatta di iniziali affiancate o intrecciate del nome e cognome, un monogramma che sostituisce la firma, un sigillo che comprova l’appartenenza e la riconoscibilità. Il grottesco, la ferocia, il nonsense, una sorta di suspense apparente, una caustica ironia sono la cifra di Eva Clesis e nonostante la (quasi) certezza di ritrovarli in ogni sua opera, c’è sempre la curiosità di scoprire quale sarà il nervo scoperto al quale avrà mirato con questo o con quell’altro scritto. E quanto sanguinerai, soffrirai, piangerai leggendo…  ma piangere di gioia, perché alla fine trovare qualcuno capace di dare voce a quello che senti dentro, qualcuno che ha trovato le parole che tu avevi perso, liberandole dalla prigionia del pudore, del dolore, e che te le restituisce intatte, crudeli ma necessarie, è un dono che solo i grandi scrittori possono fare e che solo la letteratura può suggellare.

Questa premessa, prima di parlarvi di Amor (Miraggi Edizioni) mi è parsa da un lato doverosa per spiegare la mia affinità elettiva con questa autrice da quando – poco a dire il vero – l’ho scoperta (un annetto fa circa), dall’altro difficile perché la chimica che ho sviluppato con la Clesis è una forma di amor(e) indefinibile come tutti i sentimenti astratti per natura ma non per sostanza.

Ma veniamo ad Amor. Lucia, scrittrice e traduttrice, è sopravvissuta per miracolo a un incidente stradale che l’ha lasciata, tuttavia, con una gamba “guasta”. Zoppa e piena di cicatrici, deve affrontare anche la separazione non voluta dal marito Carlo, scoperto mano nella mano di un’altra poco prima dell’incidente. Sola, nel suo monolocale (o monoloculo) in zona Prati, a Roma, vive aggrappata alle sue manie, idiosincrasie, ossessioni, compulsioni, inclusa quella di attaccar bottone con gli sconosciuti che puntualmente sbagliano numero e la chiamano per sbaglio. È così che inciampa in Francesco, che invece pensava di aver telefonato a Marta, l’amore della sua vita. Tipo strano Francesco: parla per oltre un’ora con una sconosciuta scambiandola per la ragazza di cui è innamorato senza nemmeno accorgersene; millanta (o racconta) fantasie criminali; vuole riconquistare la sua ex ma non rinuncia agli stereotipi del maschio dominatore. Chi è davvero Francesco? Cosa farà quando si accorgerà di aver confessato l’inconfessabile a una perfetta estranea? E intanto, in una parossistica giornata di marzo, Lucia deve fare i conti anche col passato, con Carlo, con sé stessa, col suo lavoro, e con tutti gli altri demoni che nessuna pulizia, per maniacale che sia, riuscirà mai a lavare via da sé.

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Bizzarro, paradossale, flirta con il nonsense, il thriller, il romanzo d’amore e quello di introspezione senza tradire nessuno, mantenendo integra la personalità (la cifra di cui sopra, appunto), lo spirito, e anche la carne, metaforicamente parlando. Sarà che Eva Clesis sa come usare le parole, e sa quando e quante usarne (cosa non scontata per uno scrittore) misurandone la precisione lessicale al microgrammo. Sarà che Amor è come una pallottola in cerca del suo bersaglio e quando lo trova, colpisce dritto al cuore. O da qualche altra parte. Fatto sta che è impossibile sfuggirgli. Sfuggire alle atmosfere angoscianti che tanto ricordano Il terrore corre sul filo, film di Anatol Litvack del 1948 con Barbara Stanwyck e Burt Lancaster tratto dal dramma radiofonico Sorry, wrong numberdi Lucille Fletcher, e quindi alla trepidazione e alle emozioni anche violenti. E a qualche sorriso sardonico e compiaciuto. «Ogni tanto metterci la verità». E la verità è che la vita è assurda, più della trama di un romanzo. L’arte sarà pure mimesi del reale. Ma il reale può raggiungere livelli di fantasia tali da negare alla finzione ogni possibile imitazione.

«Ma adesso un romanzo che parla di sogni o riflessioni non farebbero pubblicare, posto che tu sia in grado di scriverne uno. Adesso le case editrici cercano l’azione, chi mostra senza dire, chi inscena senza descrivere, chi imita il cinema, l’arena, lo spot o il salotto tv, e il redattore come tua nonna col punto croce ti impartisce lezioni su come dovresti fare un intreccio, per cui non è vero che è morto il romanzo, ma che intanto lo scrittore si impicca»

Che poi è anche un po’ il sugo della storia: sotto il livello della trama, Amor della Clesis è una rappresentazione, a tratti spietata, di certi aspetti del mondo editoriale. E anche questo è surreale, o per meglio dire meta-reale. Più di ogni altra cosa, però, Amor è un romanzo impossibile da lasciare e duro da sostituire: nella sua brevità esperisce tutto quanto un lettore può cercare.

A questo punto, ogni buon blogger che si rispetti scriverebbe: «ve lo consiglio!». Ma se non sono riuscita fin qui a convincervi vuol dire che non sono una brava blogger e allora cosa vi consiglio a fare?

Ogni tanto metterci la verità.  

Articolo originale qui: https://40blogsite.wordpress.com/2019/06/12/amor-di-eva-clesis

“Amor” il nuovo romanzo caleidoscopico di Eva Clesis – di Mariangela Taccogna su mangialibri.com

“Amor” il nuovo romanzo caleidoscopico di Eva Clesis – di Mariangela Taccogna su mangialibri.com

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Lucia si definisce “una delle persone più sole sulla faccia della Terra”. Lavora come traduttrice per diverse case editrici ma un brutto incidente d’auto le ha lasciato una antipatica zoppia e quella strana sensazione di bastare a sé e di non volersi far coinvolgere dal mondo. Ancor più da quando suo marito è andato via, sostituendola con un’altra donna. Carlo è stato ‒ per una parentesi di tre anni ‒ l’uomo della sua vita, la sua famiglia, il suo grande amore. Ora davvero non le rimane più nulla. La monotonia delle sue giornate è interrotta da numerose telefonate di sconosciuti che a causa del suo numero di telefono chiamano lei erroneamente. L’ultima telefonata è di un tale Francesco, ex carabiniere appassionato di caccia, ossessivo e geloso tanto da confessare di aver ammazzato la sua compagna. Fingendosi Marta, ex dello sconosciuto, Lucia rimprovera a lui tutto quello che avrebbe voluto rimproverare al suo Carlo. Ma la curiosità, si sa, è femmina e il desiderio di saperne di più porta Lucia ad avviare una ricerca ai limiti del pericolo su questo misterioso interlocutore. Sarà davvero un assassino? Riuscirà a trovarlo o sarà lui a trovare inaspettatamente lei? E intanto, ha tra le mani i documenti da firmare per il divorzio. Chiudere un capitolo della propria vita non è affatto semplice ma può voler dire ripartire e ricominciare, a dispetto di tutto e di tutti…

Lucia non sopporta le cose fuori posto, la mancanza di pulizia e di ordine, le cose lasciate a metà. Eppure Amor è un sussurro interrotto, è la cesura a ciò che sarebbe stato e non potrà più essere, è l’ultima speranza tranciata di netto: Lucia interrompe Carlo proprio quando sta per chiamarla “amore”, per chiudere definitivamente con il passato. Ma passato e presente, in questo caleidoscopico romanzo di Eva Clesis, pseudonimo di una quarantenne scrittrice barese, sembrano mescolarsi, rincorrersi, in un gioco di specchi che tiene alta la tensione, soprattutto emotiva. Il flusso di pensieri della protagonista è interrotto da eventi che Lucia sembra subire, fino a che si risveglierà dal suo torpore esistenziale per riprendere le redini della sua vita. Con uno stile frizzante e fluido, il lungo monologo della protagonista tiene legati alle pagine, fino all’ultima parola. Eppure al lettore resta un dubbio: il mondo della protagonista, ciò che racconta, è reale o è solo frutto della sua mente? Un mondo interiore raccontato come se fosse vero, tanto da far pensare a tratti autobiografici perché, come la stessa Lucia ammette “Chi scrive deve sempre partire da qualcosa che sa per arrivare a descrivere quel che non sa”. E che non sa dove porterà.

Qui l’articolo originale: http://www.mangialibri.com/libri/amor

“Amor” il nuovo romanzo caleidoscopico di Eva Clesis – di Mariangela Taccogna su mangialibri.com

Eva Clesis: “Un equivoco ti cambia la vita”

Eva Clesis, da dove nasce l’idea di “Amor”?
Ho iniziato a scrivere di una telefonata, poi il romanzo è continuato senza seguire un filone ben preciso: a differenza degli altri libri, quando avevo una trama fissa e organizzata nella mia mente, non sapevo bene dove sarei arrivata. Però mi piaceva l’idea di questo equivoco, di questo scambio di persone tra un uomo che è convinto di parlare con la sua amata e di una donna che, dialogo dopo dialogo, fa finta di essere chi non è. Perché anche nella vita di tutti giorni, consapevolmente o inconsciamente, ognuno di noi tende a manipolare il prossimo.

Chi è Lucia, la protagonista del romanzo?
E’ una donna che sta convivendo con il dramma di un brutto incidente, di un marito che l’ha abbandonata, di una persona che sta vivendo una fase di stallo della propria vita. E che, scoprendo tanti segreti dell’uomo con cui parla al telefono, trova il coraggio di affrontare situazioni che aveva sempre rimandato per paura: capendo che chi sta dall’altra parte della cornetta è un tipo violento e con la paura che la possa trovare, va in giro per Roma per risolvere tante questioni in sospeso. Il suo obiettivo è uscire dalla campana di vetro che si era costruita attorno a sé perché si rende conto di non poter vivere per sempre facendo la vittima.

C’è qualche elemento autobiografico?
Io stessa ho subito un gravissimo incidente, proprio come la protagonista, ma non ho mai voluto parlarne sui social, me lo sono tenuta per me. Perciò si può dire che è autobiografico dal punto di vista emotivo del personaggio principale. Non è stato facile scrivere questo romanzo, è stato mio marito a convincermi a portarlo a termine. Mi sono interrotta tante volte, ci ho impiegato quasi tre anni e nel frattempo ho scritto anche altri libri, un qualcosa per me impensabile dal momento che sono una persona particolarmente organizzata. Ma alla fine ce l’ho fatta.

Cosa significa il titolo?
Innanzitutto è un’espressione di un passaggio del libro, quando la protagonista interrompe il suo interlocutore che vorrebbe chiamarla “amore”. Ma il vero significato è Roma scritto al contrario, è una parola palindroma: ed è “amor” verso il corpo che dopo l’incidente mostra tutte le sue trasformazioni, oltre al sentimento verso la città. Perché per Roma provi amore e odio, una città bellissima ma allo stesso tempo difficile da vivere.