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“La notte dei botti”: la recensione di David Frati su mangialibri.com

“La notte dei botti”: la recensione di David Frati su mangialibri.com

di David Frati

Lo chiamano Scriba, perché “ha la fissa di scrivere tutto, con ossessione, ovunque si trovi”. Ormai da anni dorme tre ore per notte, il resto lo passa a vedere i sogni degli altri. Non sa perché gli succede, ma i sogni delle persone che dormono nelle sue vicinanze gli invadono la testa, mostrando i loro desideri marci, le paure, le ossessioni. Scrivere lo aiuta a capire. Conoscere i sogni degli altri lo aiuta a capire. Eppure “ora che la Notte dei Botti è scoppiata il casino è davvero grande”, è difficile orientarsi. C’è un senso in quello che sta accadendo, oltre al “gusto della sopraffazione e all’euforia del pestaggio?”. Esplosioni, scontri, panico, morti e feriti, cariche della polizia, “fumo da non vederci più nulla”. Non è ben chiaro cosa sia successo davvero e perché, forse molte cose insieme: “per strada, oltre alle ambulanze e alle sirene, oltre ai pompieri per i primi incendi, festosi si erano riversati in molti. Grandi e piccini, intere famiglie, in molti gridavano (…) evidenze protese, più o meno alte, più o meno mature, (…) protese comunque, squadernate, rivendicate, falliche evidenze acuminate, acuminate e urgenti, inderogabili, sfinenti”. In cielo è tutto un volare di elicotteri, le strade sono invase da ingorghi colossali, le autostrade sono chiuse da posti di blocco. Molti vengono ammassati in un autogrill – è da lì che Scriba è fuggito quando la puzza di piscio, sudore e merda si è fatta intollerabile – si parla di Resistenti che si oppongono alle forze che guidano la Notte dei Botti (che ufficialmente si chiama la Notte della Libera Espressione), ma esistono davvero? Scriba non lo sa, nessuno lo sa…

Arriva finalmente in libreria questo fascinoso romanzo breve scritto tra 1993 e 1997 da Biagio Cepollaro – poeta e pittore, teorico del “postmoderno critico” e tra i promotori del Gruppo 93 – su indicazione di Nanni Balestrini, che stimolava continuamente l’autore a cimentarsi con la prosa. Dopo qualche abboccamento non andato a buon fine, il romanzo è rimasto però inedito, pubblicato solo online sul sito di Cepollaro, fino a quando Francesco Forlani (che nella bandella definisce felicemente La notte dei botti “un viaggio davvero al termine della notte”) lo ha proposto a Miraggi. Ed ora eccolo qui: un piccolo gioiello a metà tra avanguardia letteraria e pamphlet politico, ambiti apparentemente inconciliabili ma la cui ibridazione Cepollaro governa con maestria e passione, evitando sia la cerebralità sia l’ingenuità. Nato in un periodo di ricerca linguistica molto intensa dell’autore, La notte dei botti è espressione di un laboratorio linguistico: il testo oscilla continuamente tra realismo scarno e visionarietà poetica, ogni parola è scelta con cura, ogni immagine o metafora è rigorosamente non casuale, il linguaggio racconta – o per meglio dire incarna – il passaggio traumatico tra moderno e postmoderno. Si era negli anni ’90, per definizione il decennio della fine delle ideologie, della agonia del Novecento, della ricerca di nuove identità sociali e politiche, della fusione e della confusione. L’alba di una presunta nuova era, i primi vagiti della Seconda Repubblica. La notte dei botti coglie alla perfezione il nucleo di angoscia di quei momenti, sfrondato di tutte le sovrastrutture, le (false) speranze, le farse mediatiche. Con sensibilità da poeta Cepollaro qui scarnifica il reale, ne mostra l’anima nera. La notte che ci descrive è un violento tutti contro tutti, è un sinistro redde rationem. Lo ha spiegato lui stesso alla trasmissione radiofonica “Fahrenheit” qualche tempo fa: “C’è un equivoco fondamentale, anche nel linguaggio comune, che negli anni si è andato aggravando: e cioè che parole che una volta significavano qualcosa – tipo libertà e riforma – hanno cominciato a significare un’altra cosa, anzi a significare l’opposto di prima. Questa notte della Libera Espressione sembra essere finalmente la realizzazione di un sogno, e in realtà è l’inizio della fine, l’inizio di una dittatura di tipo cileno”. Libro apparentemente di non facile lettura, ma se ci si approccia a livello puramente emozionale, regala un’esperienza potente ed epifanica.

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http://www.mangialibri.com/libri/la-notte-dei-botti?fbclid=IwAR0dKzE6BibGInFEsYIAoX3Jf6R1iKy8gD0arQm3uURSJHWOQ05PX37GZxo

“Tutto dovrebbe essere migliore”: la recensione di Serena Adesso su mangialibri.com

“Tutto dovrebbe essere migliore”: la recensione di Serena Adesso su mangialibri.com

La ragazza non sa come vestirsi. Ha un appuntamento. Continua a guardare i suoi vestiti e a scartarli mentalmente. È sempre più agitata. Sempre più angosciata. Chi ti credi di essere? Si chiede nella sua mente. Cerca di tenere a bada l’ansia muovendosi, il movimento allevia la tensione. Aspetta. L’uomo arriva. È in ritardo. Lei sa che le deve delle scuse e delle spiegazioni. È il suo allenatore e non ha permesso che giocasse da tempo. Lui le spiega il perché: è invidioso della sua bravura. Lei è incredula. Lui le dice che è il modo più facile di fermarla quella di ripeterle che non è capace di fare bene nulla, che nella vita saranno in tanti a cercare di fermarla utilizzando questo modo. Lei non deve arrendersi. Mai. E lui non sarà mai più il suo allenatore. La ragazza si ferma. Immobile. Piange… È la sera di Capodanno. C’è frenesia, al centro di Roma. Tutti in metro si spostano per festeggiare l’inizio dell’anno nuovo. Lei è seduta al suo posto vestita da geisha. Una donna che non conosce le si avvicina. Si siede al suo fianco. Cominciano a parlare. Il tempo diventa liquido. Scorre come acqua. Le due donne arrivano al capolinea ed è ormai già mezzanotte… Quando lei ha conosciuto lui ha imparato una lezione di vita fondamentale: bisogna fidarsi del proprio corpo. Sempre. Ascoltarne i segnali. Non bisogna far sì che sia la paura a vincere. Bisogna combatterla la paura. Lui è stato in coma per sei mesi. Al risveglio metà del suo corpo è paralizzata. Lui sfida la paura ogni giorno…

Alessandra Perna, musicista, ha suonato per quattro anni nel gruppo punk italiano Luminal, si dedica alla musica e alla scrittura, è eclettica e dichiara di “fare quello che vuole, sempre”. Ha già pubblicato un romanzo (Non farti fregare di nuovo) e ora rilancia la sua scommessa con la letteratura pubblicando questa intensa raccolta di racconti. Trentatré storie estremamente brevi: esattamente come le canzoni punk che scorrono nelle vene dell’autrice. Le storie mettono a fuoco dei brevi momenti nella vita dei protagonisti: sono epifanie, momenti di estrema lucidità in cui i protagonisti analizzano la loro vita, cercano di capire quale direzione imboccare, quale strada percorrere e come affrontare le difficoltà che faticano a superare. I racconti sono scritti in maniera paratattica, con frasi brevi e taglienti, sembra di leggere tanti frammenti, schegge di realtà che colpiscono al cuore il lettore. Ed è proprio questo modo di scrivere in maniera frammentata che è assieme il punto di forza e di debolezza del lavoro di Alessandra Perna. Non riusciamo a provate empatia con i suoi personaggi, tutto ci travolge con grande forza e tutto scorre troppo rapidamente. Sarebbe stato bello approfondire, limare, fornire un quadro più ampio delle situazioni e invece ci pare di leggere degli haiku.Tutto dovrebbe essere migliore si legge a ritmi serrati, il tempo di un pogo ed è tutto finito.

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http://www.mangialibri.com/libri/tutto-dovrebbe-essere-migliore

“La vita è stanca”: la recensione di Alessandra Farinola su Mangialibri

“La vita è stanca”: la recensione di Alessandra Farinola su Mangialibri

Sono passati sei mesi dall’ultima operazione, dal letto di metallo, dall’anestesia, dal candore tutt’intorno, dall’ospedale, dalla voce dell’infermiera, dalla totale asepsi. Andrea guarda il tutor a forma di sesso. Sorride. Apre l’armadietto sotto il lavandino e lo getta nella pattumiera. Ringrazia, ma non ne ha più bisogno. I giorni sono scivolati, uno dopo l’altro, come i grani del rosario di quella nonna il cui unico ricordo è proprio raccolta in preghiera col velo in testa in chiesa. Il caffè borbotta sul fuoco. Allunga una mano, spegne il gas e si ritrova a riflettere sul fatto che compie sempre gli stessi gesti. Tutto è uguale a prima. Eppure ora tutto è completamente diverso. Prende le chiavi di casa. Prima di uscire si guarda nello specchio. Le gambe sono lunghe. La muscolatura è morbida. Sono io, si dice. A volte alta. Di fronte alla sua immagine riflessa. Non appena sul marciapiede inizia a correre. E pensa che se ne vorrebbe andare. Del resto perché si trattiene in quella città che non ama? Non ha nulla lì, ha un padre che si imbarazza della sua presenza, e la madre…

L’arte è un settore in continua evoluzione e ormai, anche se in realtà l’idea del fare della propria esistenza un capolavoro non è certo nuova, si è imposto all’attenzione dei più il concetto di performance: ogni aspetto della vita viene considerato un tassello nella costruzione di una persona/personaggio. Batsceba Hardy è una fotografa, vive a Milano, a lungo è stata a Berlino, parla dell’arte dell’imperfezione, della sottrazione e della definizione e sostiene testualmente nel suo manifesto ‒ che non ama le maiuscole ed è poliglotta come tutto il suo sito Internet, spazio che più d’ogni altro la rappresenta e in cui, solo, sembra vivere davvero ‒ che “l’arte è morta. concettualmente deprivata della sua necessità di esistere. argomentazioni vuote. inutili dissertazioni. bla bla disperante. ma l’artista non morirà mai. l’artista è colui che non sa fare altro che quello che fa: pensare per astrazione ed esprimere astrazione con ogni cosa lo circonda. il diverso non per scelta ma per essenza. colui che sta al di fuori. il raccontatore di storie. l’inefficace”. In questo suo romanzo corale, caleidoscopico e psichedelico, in cui sono fondamentali l’immagine e l’immaginazione, descrive bene e in modo avvincente con la forza di un diario polifonico la storia di due gemelli, Annalia e Andrea, prima fratello e sorella, ora entrambi di sesso femminile, in cerca di sé e di un nuovo reciproco rapporto.

 

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www.mangialibri.com/libri/la-vita-%C3%A8-stanca

Non risponde mai nessuno: la recensione di Serena Adesso su mangialibri.com

Non risponde mai nessuno: la recensione di Serena Adesso su mangialibri.com

Livio finalmente abbandona l’autostrada per inerpicarsi tra i tornanti dissestati che lo portano nel paese dove ha trascorso la sua infanzia. Entra nella sua vecchia abitazione. Tutto sembra intatto. Come se il tempo non fosse mai passato. Eppure Livio può ancora distintamente percepire la presenza dei suoi nonni nella vecchia casa. Sua madre si è raccomandata di non “perdere” troppo tempo: una rapida occhiata e via. Eppure ci sono cose che, anche con uno sguardo apparentemente superficiale, tornano alla memoria e fanno male… Il signor Tamberi e la sua famiglia passano l’estate sempre nella stessa cittadina di mare. Ogni anno arrivano a giugno e vanno via a settembre. La moglie è schiva. Lui più solare, aperto. In spiaggia ha paura che suo figlio, che mostra i segni evidenti della malattia, si faccia male o disturbi qualcuno. Gli sta sempre vicino, gioca con lui, coinvolge gli altri ragazzi per non farlo restare solo. Ma gli anni passano, il signor Tamberi non è più quello di prima. È un uomo ormai anziano che porta a spasso accanto a se un ragazzo che resterà sempre un bimbo tra lo scherno degli abitanti della cittadina… Cesare accudisce suo padre, ormai afflitto da demenza senile, aspettando l’aiuto degli assistenti sociali. È stanco. Suo padre è tornato bambino. Lui non può permettersi una badante né suo padre può essere lasciato solo. Gli assistenti sociali regolarmente gli fanno visita, promettono che arriveranno aiuti concreti, ma – si sa – la burocrazia è lenta…

Non risponde mai nessuno è l’ultimo lavoro di Simone Ghelli, classe 1975, autore de L’ora migliore e altri racconti e di un romanzo, Voi, onesti farabutti. Dopo qualche anno di silenzio Ghelli torna con una nuova raccolta di racconti – dieci – che mette a nudo la parte più vulnerabile del nostro essere umani. I suoi protagonisti sono uomini e donne sofferenti, che arrancano, portano dentro di loro ferite indelebili, segni della loro vita, senza cedere mai alla facile debolezza. Il dolore lo si sopporta con un sorriso amaro sulle labbra, con la schiena dritta e lo sguardo rivolto verso la bellezza delle piccole cose. Dieci storie che commuovono, che coinvolgono il lettore, che parlano alla nostra anima. Ghelli utilizza uno stile immediato, paratattico, diretto. Possiamo sentire parte della nostra vita ogni suo personaggio. Il suo occhio si sofferma su un sentimento in particolare che accomuna tutti i protagonisti dei suoi racconti: la vergogna. La vergogna di aver abbandonato un parente che la gente considerava “non normale”, la vergogna per avere un figlio che “cresce solo in altezza” restando un bambino per tutta la vita, la vergogna per avere un padre afflitto da demenza senile e non sentirsi in grado di proteggerlo, di fargli condurre una vita dignitosa. In esergo Ghelli cita Deleuze “La vergogna di essere uomo: c’è una ragione migliore per scrivere?” ed in nuce è tutto qui: è in fondo questa vergogna, questa nostra debolezza, che ci rende umani, bellissimi e sofferenti.

http://www.mangialibri.com/libri/non-risponde-mai-nessuno