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Malapace – recensione di Vincenzo Mazzaccaro su Sololibri.net

Malapace – recensione di Vincenzo Mazzaccaro su Sololibri.net

Dopo lo straordinario Edipo a Berlino, che era incentrato sulla vita del ghetto di Varsavia, nella collana “scafiblù” di Miraggi edizioni per gli scrittori cui piace stare ancora scomodi, liberi di raccontare ancora di guerre e di nequizie, Francesca Veltri con Malapace torna al periodo della Seconda guerra mondiale ancora una volta, narrando una storia privata, di un uomo che sbaglia tutto, pur di mantenere una esile pace.

La scrittrice ha fatto un lavoro faticoso sulle fonti scritte, guardando e prendendo appunti da faldoni il cui argomento era la Francia occupata dai nazisti. Se un pezzo della nazione è sotto il potere dei nazisti, perfino la città dell’Illuminismo, Parigi, una parte cospicua di Francia sigla un accordo di pace coi tedeschi, in un governo presieduto da Pétain, in realtà un “fantoccio” collaborazionista in quel di Vichy.

Il romanzo si apre proprio con il Ministro della Propaganda di Vichy, Francois, in carcere a Camp de Carrères, nell’ottobre del 1944, che sta molto male, per problemi cardiaci e polmonari, e d’improvviso si ritrova in cella Antoine, un suo vicino di casa che lui ricorda bambino. Ora Antoine è stato arrestato per delitti ignobili verso le persone. Sembra sia una spia tedesca incaricata di scovare ebrei francesi da portare ai campi di concentramento.
Francois è stato talmente cieco che chiede a Antoine se, ora che la guerra sta finendo, gli ebrei potranno tornare a casa.

Antoine nicchia, ma sa qualcosa di orribile, di mai visto prima e racconta dei campi e delle stanze dove vengono gasati. Il compagno di cella sente su di sé tutti gli sbagli commessi nella sua vita e l’autrice ce lo mostra bambino e poi adolescente, che conosce Martine; mentre a vent’anni conosce Jean-Pierre, se lo ricorda bene, perché si era appena iscritto al Partito Comunista. Non stava più bene a casa, perché la madre si era messa con un industriale, ma il ragazzo non voleva nulla da un estraneo come quello, coi soldi, e si mise a studiare come un pazzo e si iscrisse in un gruppo di preghiere. Credente e comunista, le tante facce che aveva Francois anche da giovane, ma tutte a fin di bene. All’Università studiava tantissimo, appunto, ma pensava a Jean-Pierre.

In realtà Francesca Veltri questa amicizia così speciale la fa finire, con Jean-Pierre che non si presenta dagli amici, perché preferisce fidanzate occasionali che duravano lo spazio di un mattino. Questo andare e venire dai ricordi al carcere è una pietanza troppo amara per il lettore, che trova un ragazzo di grande ideali da giovane, mentre quello del carcere è un uomo svuotato, rassegnato, malato, costretto a parlare con un fascista come Antoine.

L’autrice ha il dono di parlare nella stessa pagina del presente e del passato. Infatti una sera Martine conobbe Jean-Pierre e la notte stessa erano già amanti e divennero una coppia solida e affiatata. Questo prendere atto della nuova situazione sembrò un sollievo per Francois, ma anche un distacco, dal momento che lui amava entrambi.

Ma l’autrice non cade in un facile psicologismo di maniera, o meglio lascia a noi la scelta. Perché sicuramente, dopo che i suoi amici si misero insieme, lui si sentì abbandonato e spaventosamente solo. Rivedrà la coppia solo anni dopo, quando i due avevano già una bambina, e solo dopo mille peripezie, con Jean-Pierre che morì per le botte che aveva preso dai fascisti francesi, Francois cerca di far emigrare Martine e la bimba; ma lascio al lettore la possibilità di scoprire come andò veramente.

Quello che accadde servi a Francois per aprire gli occhi sul suo “crudele” pacifismo, come aveva potuto credere che i tedeschi prendessero sul serio la non belligeranza nella Francia di Pétain, se stavano perdendo dappertutto, che anche coi nazisti la Germania cominciava le guerre per poi perderle tutte, come uno strano destino di crudele ambizione che tuttora la Germania dell’Europa unita, a volte ha nei confronti di altre nazioni europee, per poi ritirarsi in buon ordine. Ma ci sono voluti anni e guerre e distruzione e la riduzione significativa degli ebrei che vivono tuttora in Europa e non nel paese scelto, Israele.

Francesca Veltri ha fatto un lavoro certosino e faticoso per studiare carte e faldoni della Francia occupata e di quella libera “per finta” del governo Pétain, ha studiato le motivazioni del collaborazionismo di gente perbene, e tornata di nuovo, dopo il romanzo fluviale Edipo a Berlino, a guardare carte che attestavano il numero di ebrei che riuscì a emigrare in altri paesi nel periodo bellico.

Tutta questa fatica ha prodotto un libro ineccepibile, perfetto, ma con un retrogusto amarissimo di chi, studiando, ha capito che tuttora l’Europa unita non è esente da errori madornali e da Stati membri che si sentono investiti da un potere decisionale maggiore, come appunto la Germania e la Francia (l’Inghilterra con la Brexit, si è tenuta lontano da questa macro area).

Nondimeno un libro necessario, importante, candidato allo Strega 2023, ma poi rimasto indietro con altri sessantasette libri che non hanno passato il turno per l’accesso alla dozzina finalista.

QUI l’articolo originale:

https://www.sololibri.net/Malapace-Francesca-Veltri.html

Endecascivoli – recensione su SoloLibri.net di Vincenzo Mazzaccaro

Endecascivoli – recensione su SoloLibri.net di Vincenzo Mazzaccaro

Si pensa che gli editori stiano talmente tanto tempo in mezzo ai libri, alle novità, ai libri che non hanno avuto fortuna, che quando chiudono la porta di casa, l’ultima cosa che fanno sia guardare la libreria, perché sentono ancora la polvere sulle mani, anche se sono lavate con fin troppa cura. Credo sia l’abitudine. Quindi un editore divenuto scrittore per un’altra casa editrice sembrerebbe essere una “goliardata”.

Invece Patrizio Zurru, editore di Arkadia, diventa scrittore e centra l’obiettivo: è bravo non solo a scrivere, ma anche a dispensare emozioni.
La sua opera Endecascivoli (Miraggi edizioni, 2021) comprende ben sessantacinque racconti. Tra un racconto e l’altro viene lasciato mezzo foglio in bianco per il lettore, per dipingere o scrivere i vocaboli che hanno emozionato lo scrittore e dunque anche noi lettori.

C’è una grande purezza in questi racconti, di un adulto che guarda al passato con emozione, certo, ma anche con il sollievo di essere grande ora e qui. A fare l’editore nella sua terra. Poteva capitare, invece, che un bambino nato in Sardegna a metà degli anni Sessanta, dopo l’adolescenza andasse in miniera come gli altri uomini e padri di famiglia, oppure trasferirsi sul “continente” o addirittura all’estero per trovare opportunità lavorative.

I passaggi per una vita in cui non hai gli occhi rossi e dove respiri aria e non terra lo capiamo abbastanza presto, con la testimonianza fin dall’inizio di una giovinezza attraversata da viaggi, avventure in spiaggia e anche prima, con Patrizio più piccolo a giocare a pallone con urla della madre e delle sorelle maggiori a fare da sfondo, fino all’arrivo del padre che poteva anche picchiare i figli maschi con la cinghia.
Ma poi bastava solo la voce paterna per trovare la quiete familiare, perché la terra nei polmoni era già uno scandalo tutti i santi giorni. Picchiare i figli sarebbe stata una resa, aver avuto proprio una giornataccia.

Nella collana Golem di Miraggi c’è sia narrativa che poesia e quindi Patrizio Zurru ci si inserisce di incanto, con questi brevi racconti poetici, dei magnifici “tableaux vivants“. Ricordi o epifanie? Tutta vita vissuta? Ma come ormai chi scrive lo dice fino alla noia la Letteratura è trascrizione di un evento che ha perso per strada l’oggettività, perché il ricordo scritto è mendace, pieno di buchi neri.

La letteratura è il tempio dell’impostore, che racconta quello che ha vissuto o non ha vissuto in forma nuova. Pensate a tutti i ricevimenti, le passeggiate e le parole dette in un salotto scritte da Proust ne La Recherche mentre lui, invece, scriveva a letto, pieno di malanni, senza vedere nessuno. L’eccezione che conferma la regola? Giammai. Nelle cose scritte con l’immaginazione non ci sono regole prefissate, sennò sarebbe cronaca. Invece ci troviamo in un vero e proprio libro col titolo da “calembour“.
Quindi il Patrizio letterario gira per l’Europa, torna in Sardegna, sa già quello che non vuole fare, mentre il resto rimane nelle possibilità: non vuole andare in miniera ma non lo vorrebbe neanche per i suoi parenti di sesso maschile, perché non ci si abitua mai.

Vi riporto un estratto del racconto della miniera, o meglio dei racconti della miniera che da soli valgono il prezzo del libro:

Torna anche oggi. Diverse volte è capitato di vederlo arrivare ancora sporco e col carbone attaccato addosso, non c’è stato il tempo per una doccia, non c’era stato perché c’era qualcuno da tirar fuori dai pozzi crollati, qualcuno vivo, altri no.

L’autore sente nei ricordi la stanchezza e “il mestiere di vivere“, attraversati come sono non tutti, ma alcuni, da un sentimento doloroso e umbratile tipico dello scrittore Cesare Pavese.
Ma queste ondate di emozione non sono tutto il libro; anzi, la goliardia, lo scherzo, il cameratismo maschile, gli approcci amorosi sono tutte tappe per un uomo fatto, ora, mediamente tranquillo, con due figli, una moglie, un gatto e la sua professione.

Ovviamente lo spazio dedicato ai disegni il lettore non lo deve compilare per forza; lo si può vedere anche come semplice parentesi tra un racconto e l’altro.
Chiaramente in certi passaggi sono chiamati in causa più i lettori che sono stati adolescenti o giovani negli anni Ottanta, dove bisognava fare la fila ai telefoni pubblici e, se ci si trovava all’estero, i gettoni erano conservati in una capace busta di plastica. Senza Unione Europea l’estero era già Mentone dove accettavano i franchi, a Parigi, manco a ripeterlo. A Berlino si pagava in marchi.

La scrittura di Patrizio Zurru è poetica ma con moderazione, ha spunti di umorismo che si ricordano con piacere, è spaziosa e quindi si può iniziare da un racconto che sta in mezzo al libro; ma se hanno deciso di metterlo in quel modo e inserirlo proprio in quello spazio un motivo ci sarà.

QUI l’articolo originale:

https://www.sololibri.net/Endecascivoli-Patrizio-Zurru.html