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“Viviamo di poesia e non ce ne accorgiamo”: intervista a Valerio Di Benedetto – di Federica Santoni su Artwave

“Viviamo di poesia e non ce ne accorgiamo”: intervista a Valerio Di Benedetto – di Federica Santoni su Artwave

“L’arte è fondamentale per uscire da alcune visioni, per riprendersi la sacralità della vita”. Valerio Di Benedetto racconta su Artwave la sua esperienza poetica e artistica.

Quando la scrittura poetica incontra il talento artistico possono succedere grandi cose. Ce lo dimostra Valerio di Benedetto, in arte Umanamente inbilico: attore teatrale e cinematografico, Valerio ha saputo trasformare le sue poesie in vere e proprie opere d’arte urbana, decorando le serrande di più di una città con la vivacità dei colori e la bellezza dei versi.

“Amore a tiratura limitata” è la tua raccolta di versi edita da Miraggi Edizioni. Come è nata questa esperienza poetica?

Non pensavo assolutamente di iniziare a scrivere delle poesie, le circostanze della vita mi ci hanno portato: mi sono ritrovato a scrivere per canalizzare delle sensazioni che avevo dentro. Recitativamente parlando, non avevo la possibilità tutti i giorni o tutti i minuti di poter sfruttare quella sofferenza buttandola in un personaggio, quindi la cosa più rapida è stata scrivere. Ho iniziato a comporre poesie in maniera totalmente disinteressata rispetto alla pubblicazione di un libro, ma a un certo punto mi sono reso conto che scrivere era diventata una catarsi: ero riuscito a trasformare quella sofferenza in qualcosa di artistico, in questo caso di poetico. Ho pensato che sarebbe stato uno spunto di incoraggiamento per quelli come me, avrei potuto incoraggiarli: le poesie sono state come una corda grazie alla quale risalire per poter raggiungere la luce. Ho trovato così una casa editrice, Miraggi, alla quale mandare i miei scritti: la risposta mi è arrivata dopo quasi un anno. Mentre aspettavo ho sentito l’esigenza di pubblicare e di condividere le mie poesie in qualche modo, e ho trovato un’alternativa nelle serrande, che sono state per me pagine bianche: le città nelle quali poi ho portato le mie poesie (oltre a Roma anche Milano e Parigi, dove ho scritto una poesia in francese) hanno rappresentato per me dei veri e propri libri a cielo aperto.

Raccontaci della tua idea di scrivere poesie sulle serrande.

Nell’attesa della pubblicazione ho pensato che avrei scritto su pagine diverse da quelle consuete, pagine di metallo: trovo che sia molto poetico anche questo. Nel momento in cui “muore” un’attività perché è sera, la serranda viene abbassata e continua a vivere con una mia poesia scritta lì sopra. La leggono, la fotografano, la postano. Qualche volta mi diverto, su Instagram, a cercare l’hashtag #umanamenteinbilico, la mia firma, per vedere cosa esce fuori: all’inizio vedevo che molte persone postavano le fotografie delle mie serrande, magari senza il mio tag, e leggevo descrizioni sotto alle loro foto che mi gratificavano molto, del tipo: “dopo una giornata pesante parcheggio la macchina e mi trovo davanti questa cosa, che presa a bene”. In questo mondo social estremamente egoriferito, fatto di selfies e stories, si dimentica spesso cosa significhi empatizzare con l’altro, con la sua sofferenza, con il suo bisogno. In qualche modo anche la politica ce lo sta dicendo, stiamo vivendo una chiusura, non un’apertura.

 

In che modo credi di aver contribuito al cambiamento della fruizione della poesia, rendendo le tue parole leggibili sulle serrande di negozi o sui tuoi “quadri” così particolari?

Non so bene in che modo ho contribuito al cambiamento della fruizione della poesia. So soltanto che mi hanno chiesto se non sia un po’ anacronistico pubblicare poesie, in un libro o su una serranda, ai nostri giorni. Secondo me questa è una cosa fondamentale. Viviamo di poesia e non ce ne accorgiamo. La poesia è ovunque. Bisognerebbe solo avere più sensibilità nel riconoscerla. Effettivamente quella delle serrande (e, in generale, la poesia di strada in sé) rende l’esperienza poetica piùaccessibile: non perché la poesia sia qualcosa di elitario, ma perché tra le pagine dei libri riposti negli scaffali viene più facilmente dimenticata. Il concetto di arte di strada nasce con l’idea di essere davanti agli occhi di tutti, ogni giorno. Ho scritto una poesia su Spiderman su una serranda del negozio di un mio amico, che ha una fumetteria a San Paolo, in Via Gaspare Gozzi. La cosa interessante e divertente che mi racconta una mia carissima amica è che, quando va a lavorare presto la mattina, nella metro da San Paolo verso l’Eur riesce a vedere questa mia poesia. Io immagino che dalle sei alle dieci tutte le persone che passano di lì possano vederla. Magari la prima volta buttano l’occhio, vedono i colori. Il secondo giorno fanno più attenzione, la leggono, la vanno a vedere. Questa cosa in qualche modo ti fa arrivare a più persone, ed è bello saperlo.

 

 

 

 

Ho desiderato poi fare anche qualcosa che fosse accessibile a tutti: invece dei classici quadri, pannelli di legno o tela, per essere coerente con il mio progetto artistico ho preso dei pezzi di serranda della misura dei quadri e poi ho riproposto lo stesso layout. Mi sono basato sin da subito sulla palette della pop-art, ispirandomi agli accostamenti di Warhol, Keith Haring, Basquiat. Sono nate così queste serrande dalle diverse misure che ho esposto recentemente in una mostra a Via Margutta, e devo dire che mi piacciono tantissimo.

di Federica Santoni

Leggi l’intervista anche qui https://www.artwave.it/cultura/interviste/viviamo-di-poesia-e-non-ce-ne-accorgiamo-intervista-a-valerio-di-benedetto/

Stefano Colucci e la poesia 2.0 – di Ilaria Giudice su Artwave

Stefano Colucci e la poesia 2.0 – di Ilaria Giudice su Artwave

“La confusione non è mai stata così bella”, la raccolta poetica di Stefano Colucci (quasi 37mila seguaci su Instagram), è un invito a cogliere la bellezza delle piccole cose. La lettura dei suoi versi ci dà modo di ragionare sulla poesia 2.0 e su quel pubblico di giovani che ha trovato esattamente ciò che cercava: verità, brevità e semplicità”.
 di Ilaria Giudice – 01.02.2019

La poesia di Stefano Colucci è quella delle piccole cose contemporanee: il Mc Donald’s, la metropolitana, La La Land, le felpe giganti, i gol di Totti, Whatsapp.

In La confusione non è mai stata così bella (Miraggi Edizioni), Colucci condensa tutta la concretezza dell’esistenza, ne coglie i particolari tipici dell’età giovanile, stila liste di cose attuali, elenca film e quadri da vedere (“cosa vuoi che me ne freghi/dei tramonti/del mare/dei film di Tarantino/dei quadri di Klimt”) usa il linguaggio di tutti i giorni, le parole quotidiane, pesca i termini nella rete delle conversazioni giornaliere tra ragazzi, (“perché quando andiamo al Mc Donald’s/mangi come se/nessuno ti stesse guardando/ e te ne freghi di ciò che gli altri pensano di te. Mi piaci…”).

Qui ci troviamo di fronte alla nuova poesia, quella che nasce su Instagram o sui social network in generale, quella che riceve migliaia di like, che piace perché è diretta, chiara, schietta. Basti pensare a Guido Catalano o a Gio Evan.

Stefano Colucci ha quasi 37mila followers su Instagram, i suoi post ricevono migliaia di mi piace e numerosi commenti. Il suo modo di fare poesia piace perché cattura, coinvolge ed è comprensibile a prima lettura. È la poesia dei Millennials, è la poesia pop; funziona e vende numeri di copie che gli altissimi della Letteratura si sognano. È la poesia che senza pretese raggiunge il suo pubblico, lo immerge in quella atmosfera Tumblr che tanto piace, lo trasporta dentro una promessa di vita che alletta, lo catapulta dentro la scena di un film in cui lei si alza dal letto, gira mezza nuda per casa e lui la guarda con occhi innamorati sotto lenzuola bianchissime. Questa è la poesia del sogno, è ciò che una ragazza vorrebbe sentirsi dire, è il dipinto di scene semplici, ma platoniche, o perlomeno rare.

“La notte non dormo/guardo il telefono/ogni cinque minuti/ho venti messaggi/ma nessuno è il tuo”.

L’amore fa da sfondo all’intera raccolta di Colucci, un amore tenero e adolescenziale, l’amore che un attimo spinge in altro tra gli eroi e un attimo dopo lacera (“Abbiamo litigato di brutto/ci siamo detti di tutto/ma mai addio”). Questa raccolta è un invito a rendere grande tutto ciò che di piccolo e quotidiano ci circonda perché per essere felici bisogna essere innamorati, di qualcuno o del mondo.

La critica si divide quando si parla di questo genere di poesia, e a ragione. Niente, però, può far male alla poesia e, anzi, questo è un modo efficace per avvicinare i più giovani a questo genere letterario. Si cerca la brevità e la poesia è breve, si cerca la semplicità e la poesia 2.0 è semplice.

I giovani sono liberi, impauriti e innamorati e questa poesia qui, la poesia di Stefano Colucci, i giovani li capisce, li comprende e gli dà esattamente quello di cui hanno bisogno: qualcosa di familiare in cui rintanarsi.

Colucci è nato nel 1995, e l’età che ha si rispecchia completamente nei suoi versi. Comincia a pubblicare i suoi versi sul web quando ha solo 16 anni. La confusione non è mai stata così bella è la sua seconda raccolta. Nel 2006 pubblica Precedenza al cuore che raggiunge in poco tempo il primo posto sulla classifica Amazon. Ha prodotto, ha scritto e ha fatto da voce narrante per cortometraggi diretti da Paolo Reali e da Elonora Sabet, diventati virali sul web.