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Recensione su Pickline.it a  «Gli invincibili undici di papà Klapzuba» di Eduard Bass

Recensione su Pickline.it a «Gli invincibili undici di papà Klapzuba» di Eduard Bass

di Carlangelo Mauro

Un classico della letteratura ceca scritto nel 1922 e tradotto, dopo più di un secolo, da Andreas Pieralli: «In questo capolavoro di Eduard Bass lo sport è un pretesto narrativo per raccontare di valori positivi quali onestà, passione, determinazione, perseveranza, fratellanza e spirito di sacrificio, così necessari ancora oggi».

 

“Gli invincibili undici di papà Klapzuba” di Eduard Bass
“Gli invincibili undici di papà Klapzuba” di Eduard Bass

Gli invincibili undici di papà Klapzuba. Una storia per grandi e piccini, pubblicato da Miraggi editore, con le illustrazioni originali di Josef Čapek, è il capolavoro del 1922 di Eduard Bass, pseudonimo di Eduard Schmidt, che fu  scrittore, giornalista, drammaturgo, attore, cabarettista, cantante e tante altre cose. Nato nel 1888 a Praga, vi morì nel 1946. Gli invincibili è la prima traduzione italiana di Klapzubova jedenáctka, libro ambientato nella neonata Repubblica cecoslovacca, fondata nel 1918, alla fine della prima guerra mondiale con la dissoluzione dell’Impero Austro-ungarico.

Il libro racconta le straordinarie vittorie, con risultati iperbolici, e le avventure di una squadra di calcio che finisce prigioniera, dopo un naufragio, su un’isola dei cannibali. L’autore guarda anche a Verne e a Defoe. Gli Undici di Klapzuba FC è una squadra composta interamente da fratelli, allenati dal loro papà fin dalle 5 del mattino nel bosco vicino casa, poi sul prato trasformato in campo sportivo vicino la loro “casupola” a Dolní Bukviček, vicino a Kouřim, città reale. Papà Klapzuba è un contadino astuto e un allenatore intransigente, grande fumatore di pipa che per questo particolare mi ha richiamato il grande Bearzot che condusse l’Italia alla vittoria nel Campionato del mondo (diversi suoi calciatori lo consideravano infatti un padre, non un allenatore…).

Dopo più di un secolo di ritardo nella traduzione in Italia di questo classico della letteratura ceca, ho cercato di sapere per quali vie ci si era arrivati; sono riuscito a contattare il traduttore Andreas Pieralli, giornalista ed esperto dell’Europa centrale che collabora alla televisione pubblica ceca e che  vive e lavora a Praga. «In realtà – mi ha risposto – la proposta di tradurre questo libro, che non conoscevo, mi arrivò dall’editore, Alessandro De Vito, anche lui traduttore italo-ceco come me. Incuriosito, lo lessi e me ne innamorai immediatamente, e così accettai». Ancora alla domanda sul perché questo libro dovrebbe interessare il pubblico italiano, Andreas ha aggiunto: «Innanzitutto perché è una storia divertente e coinvolgente, che si legge tutta d’un fiato, ambientata nel mondo del calcio, sport così amato nel nostro paese. Inoltre, perché in questo capolavoro di Eduard Bass lo sport è anche un pretesto narrativo per raccontare di valori positivi quali onestà, passione, determinazione, perseveranza, fratellanza e spirito di sacrificio, così necessari ancora oggi. E, infine, perché permette al lettore italiano di avvicinarsi a un periodo storico interessante, quello immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, scoprendo la nascita della nuova Repubblica cecoslovacca di cui, in ultima analisi, la squadra degli 11 di papà Klapzuba non è altro che una felice metafora».

Andreas Pieralli

Infatti, gli 11 + 1, poiché il papà, allenatore-contadino, è l’uomo in più in campo che fa la differenza con la sua saggezza e previdenza, vincono non solo per l’abilità tecnica, ma per una virtù fondamentale trasmessagli in famiglia, «la pura e genuina fratellanza» (p. 48). Essi formano un solo fraterno blocco, anzi come viene detto a p. 125, «un unico blocco inaffondabile»: colpiti da una tempesta, al ritorno della partita con l’Australia, da campioni del mondo, si tengono sulla scialuppa «ben saldi l’uno sotto al braccio all’altro», scampando al naufragio grazie a delle tute di gomma gonfiabili. Tute che sono una sorta di mezzo magico fornito in tre situazioni pericolose ai figli da papà Klapzuba che a Berlino, durante una partita, aveva comprato una grande valigia con questi dispositivi. Nel primo caso, il papà, intuendo dalle foto sui giornali che i giocatori del Barcellona volevano azzoppare e mandare all’ospedale tre dei suoi figli-calciatori (che la propaganda spagnola aveva dipinto come dei cattivi «energumeni») fa indossare loro la provvidenziale armatura di gomma, così che i Klapzuba all’ingresso nel campo, con gli immancabili effetti comici, somigliano più a una «squadra di rugby» che di calcio. La seconda volta i Klapzuba, dopo il naufragio del piroscafo Timor nel viaggio di ritorno dalla partita con l’Australia e la successiva distruzione della scialuppa, si salvano coi gusci di gomma gonfiabili che li avevano trasformati in «in dodici bizzarre boe». Nel terzo caso, “la partita di calcio” con i cannibali sull’isola che in cambio della vita, salva solo per i vincitori, si dovrà giocare senza palla ma prendendosi letteralmente a calci, le provvidenziali armature li trasformano in «undici sfere animate» ̶ per i selvaggi la sfera era sacra ̶ vale a dire in «undici creature celesti» che terrorizzano i cannibali fino all’immancabile fuga sulla canoa dei Klapzuba bersagliati da lance e frecce.

La storia è anche una fiaba da collocare nel genere del libro per ragazzi, adatto però anche agli adulti – qualità che costituisce poi la caratteristica del “classico” della “letteratura per l’infanzia” – sia per l’argomento sportivo, sia per il linguaggio che si apre a vari registri, con inserimenti di articoli di varie testate sulle imprese della squadra, sia per l’umorismo di fondo che caratterizza il testo. Non mi sembra, quindi, che sia possibile ascrivere ad un genere univoco questo capolavoro che Pieralli definisce «romanzo sperimentale» nella postfazione. Memorabile la telecronaca della partita degli invincibili 11 con l’Huddersfield del cronista dello “New Sporting life”, munito di un casco telefonico, dal balcone delle gradinate; presenti allo stadio il re e la regina. La squadra era campione d’Inghilterra proprio nel 1922. Non mancano nel libro gli squarci lirici, come nella descrizione della placidità del Mar mediterraneo e del Mar Rosso (pp. 94-95) nel viaggio degli undici verso l’Australia.

Diversi inserti fiabeschi sono poi trattati con originalità: dopo che il principe del Galles, futuro erede al trono, durante la partita con l’Huddersfield chiede, tramite il papà il Re a colloquio con papà Klapzuba, di giocare con gli invincibili undici, nel villaggio boemo le «anziane» vanno in crisi poiché non sanno cosa rispondere ai bambini che chiedono come sarà il principe (p. 42) che sta per arrivare. Racconti secolari di principi e principesse con «draghi» e «carrozze d’oro» rischiano di essere cancellati di fronte alla prova della realtà. Ma una «nonna più scaltra» ebbe l’idea di rievocare ai bambini il vero paese delle fiabe, la Tartaria, rispetto a cui l’Inghilterra è un paese normale come il suo principe; la Tartaria, in cui vi sono foreste, sorgenti «d’acqua viva» draghi, le principesse con la «stella d’oro», è quella terra che si può raggiungere solo ed esclusivamente dai bambini in volo: «la sera quando chiudono gli occhietti e un angioletto ce li porta superando i nove mari». «L’isola che non c’è», insomma, nata dalle leggende delle steppe euro-asiatiche.

Altra notevole fiaba è quella del fischietto d’oro, mezzo magico che viene donato da San Pietro in veste di un povero e affamato vecchio ad Honza, il nonno dei Klapzuba, allora giovane, allontanatosi in cerca di fortuna dalla sua povera famiglia. Il fischietto lo fa arricchire trasformandolo in un arbitro straordinario; fischia tutto da solo in modo preciso e intransigente i falli. Il problema è che fischierà poi anche le truffe e le male azioni nella realtà che circonda Honza, il quale finisce per trovarsi a mal partito, circondato dalla malvagità nelle ricche città, per cui se ne ritorna al suo idilliaco paese, Dolní Bukvičky, dove il fischietto «può anche andarsene in pensione». Dopo la morte, il fischietto salverà Honza dall’inferno fischiando il fallo di San Pietro che lo scambia con un omonimo: «il sibilo trafisse l’intero spazio Celeste, da una stella all’altra, dal Sole e dalla Luna giù fino alla Terra, uno strillio terribile, urlante, che penetrava nelle ossa. L’atroce fischio svegliò Gesù Cristo, la Vergine Maria si tappò le orecchie, Dio Padre s’accigliò ed era già tutto tuoni e lampi e gli angeli svolazzavano come colombi spaventati e in tutto quel rimbombare e fischiare e nella baraonda e tra i lampi riecheggiarono severe le parole del padre Altissimo: “Pietro, Pietro, qualcuno ha subito un torto!”.
Bella anche la postfazione di Pieralli, che rilegge in senso politico le avventure degli «invincibili Undici»: il messaggio del libro, dopo il Trattato di Versailles, è «la necessità, sul piano nazionale, di cechi e slovacchi di unirsi per farsi più grandi a fronte di vicini pericolosamente inclini all’espansionismo, e, su quello internazionale, di creare un cuneo più robusto contro i futuri revanscismi nazionalistici delle confinanti potenze sconfitte».

Non mancano gli appelli alla pace nel volume, sotto forma di metafore calcistiche, come nel «Discorso della Corona» del fratello acquisito dei Klapzuba, il principe di Galles, che una volta divenuto Re d’Inghilterra fa suoi gli insegnamenti di Papà Klapzuba, critico verso la monarchia («il calcio è un affare assai più arduo che regnare», p. 37) e di suo padre stesso che, nel colloquio sul campo dell’Huddersfield con il suo avversario allenatore-contadino boemo, conclude che le nazioni farebbero meglio a coltivare squadre che eserciti, al fine di dirimere le loro controversie non con la guerra ma su un campo di calcio. In un capovolgimento ironico del proclama con cui Francesco Giuseppe dichiarò guerra alla Serbia, il giovane re afferma (p. 50): «Ai miei popoli! […] promettiamo di astenerci dal commettere fallo e di non mettere la nostra nazione a rischio di subire un rigore bellico […]. Intendiamo vegliare affinché il gioco di testa non venga giammai trascurato…». La giovane Repubblica, per Bass, doveva guardare all’Inghilterra come culla della democrazia; ma ciò non poté salvarla dall’occupazione nazista qualche decennio dopo e dalla dittatura sovietica a seguire. Speriamo che al crollo del muro e alla rifondazione del totalitarismo russo da parte di Putin non segua un ennesimo triste epilogo al romanzo-fiaba di Bass che consiglio vivamente di leggere.

QUI l’articolo originale: https://tinyurl.com/3yyka9t6

Santi, poeti e commissari tecnici – recensione di Lorenzo Strisciullo su Mangialibri

Santi, poeti e commissari tecnici – recensione di Lorenzo Strisciullo su Mangialibri

Vezze sul Mare. La Vigor Vezze è una squadra scarsissima e milita da sempre nei bassifondi di ogni campionato a cui partecipa. A un certo punto, sembra accadere un miracolo: la Vigor inizia a vincere. Una, due, tre partite consecutive. I cuori si scaldano, le speranze crescono e finalmente si inizia a pensare in grande. Ma questo cambiamento ha una matrice: la statua votiva della beata Serafina suggerisce al parroco del paese, padre Ruggero, la via per vincere le partite. Ninni De Maio, proprietario, direttore generale, allenatore e magazziniere della squadra, non riesce a crederci ma è proprio così: sta accadendo qualcosa di mistico. Chissà come andrà a finire il derby contro i cugini dell’A.S. Marina, lo squadrone del comune gemello di Marina di Vezze… Lino, Fausto e Gimmi sono amici da sempre e hanno una passione in comune: il Siracusa, che è stato promosso in serie B, puntando tutto sul mister Tito Recchia e su un nuovo centravanti, Lindo Martinez detto “el ratón”. La prima giornata va alla grande: doppietta, fortunatissima, di Martinez e tutti a casa. Poi le cose cambiano… Una squadra di giovani calciatori. Un ragazzino talentuoso che sfrutta la sua prima occasione con una prestazione da urlo. I sogni che s’infrangono per colpa del presidente, che deve far giocare qualcun altro per ragioni di convenienza… Siracusa: un torneo rionale, il “Piazza Belgio Trophy”, viene influenzato da una partita di serie A, Inter-Ternana, arbitrata da Leonardo Liberato, detto “il professore”… Catania. Fabrizio Speraben, ex calciatore, è giunto in città per una vendetta… Il calcio italiano, dalla serie D alla serie A, rischia di implodere e crollare su sé stesso. Il motivo? Alfonso Pipitone, vicedirettore della Polisportiva Ora et Labora di Palermo, ha ricevuto una telefonata dalla ex moglie, la quale pretende gli arretrati degli alimenti. Così, si scatena un effetto domino devastante…

Angelo Orlando Meloni, autore catanese trapiantato a Siracusa, torna con Santi, poeti e commissari tecnici, raccolta di sei racconti che ruotano attorno al mondo del calcio e lo declinano in maniera personalissima. Le storie raccontate da Meloni sono infatti costruite attraverso il filtro dell’ironia e della deformazione espressionistica, dissacrando quello che in Italia viene ritenuto un vero e proprio tempio, quasi una religione: il calcio, appunto. Si parte dal titolo, che riprende in chiave ironica l’espressione mussoliniana del 1935 che oggi troneggia sul Palazzo della Civiltà Italiana a Roma, il cosiddetto Colosseo quadrato: “Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori”. Così, ci si addentra in storie di passione, di dolori, di speranze disattese, di illusioni, di malaffare; storie che ci mostrano il bello e il brutto del calcio, attraverso uno stile originale, ironico e frizzante, e una scrittura che spesso fa ricorso al mimetismo linguistico e alla deformazione grottesca, con personaggi che ricordano quelli delle novelle pirandelliane. Santi, poeti e commissari tecnici è un libro che, mescolando generi diversi, dal noir al fantastico al pulp, suscita emozioni diverse, contrastanti; un libro che, citando di nuovo Pirandello e il suo saggio sull’umorismo del 1908, provoca risate e riflessione, coniuga comico e tragico, e tocca il cuore di ognuno di noi.

QUI l’articolo originale:

https://www.mangialibri.com/santi-poeti-e-commissari-tecnici

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI – recensione di Sergio Taccone su La Sicilia

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI – recensione di Sergio Taccone su La Sicilia

Nuovo prestigioso riconoscimento letterario per lo scrittore Angelo Orlando Meloni. Il suo libro Santi, poeti e commissari tecnici (Miraggi Edizioni) ha ottenuto la “Segnalazione particolare” della Giuria nell’ambito del Premio Nazionale Coni Letteratura Sportiva, uno degli appuntamenti di maggior prestigio dell’editoria legata allo sport che si svolge a Roma.

«Sono molto lieto, – afferma Meloni – a conferma della buona riuscita del libro. Dedico questo riconoscimento alla memoria dei miei genitori».

Meloni offre una narrazione elegante e semplice (la compilazione, ammoniva Sciascia, è la forma moderna di stupidità ed è anche malafede), con un corpus di storie che mette in evidenza un calcio con evidenti segni di umanità: una statua votiva diventa la stratega per far vincere ad una squadra un campionato di paese, il bomber alcolizzato e l’arbitro dalla carriera pulita, giunto all’ultima tappa del suo cammino facendo i conti col passato. Microstorie ambientate in una Siracusa del passato dove i sogni di cuoio s’intersecano con gli amori dell’adolescenza, sfuggenti o mancati, cominciati in estate e finiti prima del rientro a scuola.

Il libro è un’elegia del calcio di provincia, spensierato o capace di regredire nel fango del dio pallone, facendo trasparire una fragilità di fondo che sfocia in una vena malinconica, con una narrazione che, tra sorrisi e lacrime, bussa alle pareti del cuore come il pifferaio barrettiano alle porte dell’alba. Meloni ci mostra nel suo libro l’eminente leggerezza e bellezza del calcio, sintesi perfetta tra dubbio costante e decisione rapida.

DI SEGUITO L’ARTICOLO ORIGINALE

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI vincitore del Premio Più a Sud di Tunisi 2020

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI vincitore del Premio Più a Sud di Tunisi 2020

Angelo Orlando Meloni s’impone nella categoria “Calcio e narrativa”

Anche la XV edizione del Premio Nazionale “Più a Sud di Tunisi”, in programma a Portopalo dal 21 al 23 agosto 2020, conferma il binomio tra calcio e letteratura, potenziato a partire dal 2017 dall’appuntamento con l’Osvaldo Soriano Futbol Fest, curato da firme prestigiose del giornalismo e della letteratura legata al futbol.

Angelo Orlando Meloni, autore del libro “Santi poeti e commissari tecnici” (Miraggi Edizioni), si è aggiudicato il riconoscimento nella categoria “Calcio e Narrativa”. Il libro, uscito l’anno scorso, ha raccolto ottime recensioni.

“Il libro di Meloni è l’occasione, – ha scritto Leonardo Lodato sul quotidiano La Sicilia – un’altra ancora, per parlare di calcio, per smontarne determinate trame e trascorrere, magari, una domenica con tra le mani un buon libro. Con buona pace dei nostalgici di Tutto il calcio minuto per minuto”. Il sito letterario Culturificio ha definito il libro di Meloni “un feroce pugno nello stomaco, dove gli ultimi resteranno ultimi, senza possibilità di rivalsa o di rivincita, perché gli uomini, gli unici a poter cambiare e scardinare alcuni corrotti meccanismi sociali, non lo permetteranno mai”. Racconti di calcio e società, passioni e identità. Un corpus di storie con denominatore comune il football, dissacrato dall’autore con grandi dosi di leggerezza e ironia.

Tante piccole storie: il bomber alcolizzato, l’arbitro integerrimo giunto all’ultima tappa della sua carriera e costretto a fare i conti col suo passato, il giovane campione che non riesce a rapportarsi con la follia dei genitori degli altri ragazzi. Pagine in cui la sfera di cuoio s’interseca con gli amori finiti e sfuggenti, mancati o mancanti. Elegia del calcio di provincia che corre il rischio di finire nel fango del dio pallone.

Una narrazione, quella di Angelo Orlando Meloni, che bussa alle porte del cuore, arrivando nella parte che custodisce l’arcadia della nostra esistenza, miscelando tutto con un sorriso soave e leggiadro.

L’edizione 2020 del Premio Più a Sud di Tunisi, uno degli appuntamenti culturali di maggior prestigio tra quelli organizzati in provincia di Siracusa, avrà il patrocinio del Comune di Portopalo.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

https://www.gazzettadelmediterraneo.it/portopalo-angelo-orlando-meloni-vincitori-del-premio-piu-sud-tunisi/

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI – intervista a Angelo Meloni a cura di Alberto Minnella su ThrillerNORD

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI – intervista a Angelo Meloni a cura di Alberto Minnella su ThrillerNORD

A tu per tu con l’autore

Si intitola “Santi, poeti e commissari tecnici” l’ultima straordinaria fatica dello scrittore siracusano Angelo Orlando Meloni. Edito da Miraggi Editore, pubblicato nella collana Golem, “Santi, poeti e commissari tecnici” è una raccolta di racconti. Anzi, no: è qualcosa di più. È un viaggio appassionato nell’assurdità del mondo di oggi. Angelo Orlando Meloni è nato a Catania e vive a Siracusa, dove lavora nella libreria storica della città “La casa del libro – Mascali”, un vero e proprio avamposto culturale intrappolato nel suolo ortigiano. Nel 2010 ha scritto “Io non ci volevo venire qui” e tre anni dopo ha sfornato insieme a Ivan Baio “Cosa vuoi da grande”, editi entrambi da Del Vecchio Editore. La sua penultima pubblicazione è “La fiera verrà distrutta all’alba”, uscito nel 2017 per Intermezzi editore, in cui Meloni racconta la mitomania del nostro tempo, e in cui svela «i desideri mostruosamente proibiti degli “aspiranti qualcosa” ai tempi dei social network e della paventata, presunta morte della lettura in un apocalittico mondo post-qualcosa».

Com’è nata la raccolta e dove? (Ti immagino scrivere in libreria, mentre ti chiedono un classico della letteratura bulgara)

La raccolta è nata in due momenti diversi, alcuni racconti sono molto vecchi e altri invece gli scritti tutti di getto uno dopo l’altro. Poi alla fine ho messo tutto insieme, ho rimescolato e cotto a puntino, ho tagliato molto e ho riscritto molto e devo dire che il libro mi sembrava e mi sembra tuttora molto compatto. Ci ho sudato su a casa, però, non al lavoro in libreria, ma per quanto riguarda le richieste diciamo strambe potrei scriverci non uno ma due libri; e con tutto il rispetto per la letteratura bulgara, che mi auguro un giorno di conoscere come certa musica bulgara che è molto famosa nel mondo, di richieste strambe me ne sono arrivate davvero tante, durante le mie esperienze di libraio. Anche se ho paura di non avere ancora visto niente, la mia preferita è quella del cliente che spalanca la porta della libreria e dice: “avete ebook?”

A partire dal primo racconto, che dà il titolo alla pubblicazione, dove Meloni racconta le imprese della Vigor, una squadra incapsulata in una sorta di eterna nullità, fino a “Il campionato più brutto del mondo”, in cui la Serie A rischia il collasso, la catastrofe, e dove emerge un «eroico» ispettor Crisafulli, si rimane incollati alla pagina. A proposito di catastrofe: c’è ancora qualcosa da raccontare di questa Sicilia in continua involuzione?

Invecchiando ho lasciato perdere i discorsi sull’evoluzione o la decadenza della nostra terra che sembrano riferirsi a ipotetiche età dell’oro in cui chi parla era giovane, aveva tutti i capelli e non soffriva per il mal di schiena. Certo, però, rispetto ad altre realtà siamo indietro, ma non solo economicamente, siamo indietro culturalmente. È facile nascondersi dietro la Magna Grecia e altre storie di duemila anni fa, ma a furia di nascondere la polvere sotto il tappeto del salotto, nei nostri antichissimi e nobili tappeti si sono formate montagne. Certo, la letteratura nella cosiddetta involuzione ci sguazza, quindi roba da raccontare ne abbiamo in abbondanza. In linea di massima le cose siciliane sono molto interessanti, proprio per questo nostro mix di abbacinante bellezza e abissale miseria. C’è tantissimo da scrivere sulla nostra società, sulla desertificazione culturale ed economica. Sulle piccole caste che gestiscono le cose siciliane e i nostri destini come proprietà privata. Su un mercato del lavoro, quel poco che c’è, basato al 99% sulla raccomandazione, sulla mafia che è sempre fortissima, su quell’enorme fetta di siciliani che non mandano i figli a scuola e conducono un’esistenza abusiva, tra sale scommesse e catto-paganesimo di facciata. C’è tantissimo lavoro da fare e tutti noi in Sicilia dovremmo rimboccarci le maniche e smettere di lamentarci, la colpa non è di quelli del Nord se le cose sono andate in un certo modo, ma è nostra. Abbiamo cacciato a calci in culo fuori dalla Sicilia una o due generazioni di laureati, come fossero persone non gradite. Abbiamo scambiato la tolleranza per un parcheggio in doppia fila con città senza marciapiedi, strade, servizi, con ospedali e scuole fatiscenti, agitate da un’umanità depressa, impoverita e aggressiva, usata come serbatoio elettorale da politicanti senza scrupoli. Era impossibile che le cose prendessero una piega diversa.

Nel panorama letterario nazionale, ingolfato da una iper-produzione romanzesca, la forma racconto sembra essere una scelta più che coraggiosa, sia per l’autore sia per l’editore.

Nella produzione di molti scrittori i racconti hanno un ruolo fondamentale, se non altro in quella che secondo me è la letteratura per eccellenza, cioè la letteratura fantastica, nelle sue declinazioni horror, fantasy e fantascientifiche. Ma la stragrande maggioranza dei lettori, anche quelli colti, oltre a pensare che la fantascienza (e i fumetti) siano “arte degenerata”, diffida delle raccolte di racconti. Chissà se le due cose sono collegate, mi chiedo a volte scherzando. Ho visto tranquilli uomini della porta accanto soffiare come i gatti se mostri loro la copertina di una raccolta di racconti. C’è poco da fare, dobbiamo farcene una ragione, così è.

Il titolo provocatorio della raccolta fornisce l’occasione per fermarci e riflettere sui risultati ottenuti dalla nostra società, a quale stadio di evoluzione o involuzione è giunta e se il genere umano ha ancora voglia di affidare la propria sopravvivenza a certi meccanismi illogici che la governano. Così succede di scoprirsi santi, poeti, ma anche virologi, infermieri, persino agenti segreti esperti nel rilascio ostaggi.

Un ritorno all’umiltà ritengo sia impossibile – afferma Meloni – almeno secondo me. Ormai l’ego dell’uomo comune, me compreso, è partito e vola alto altissimo lassù, un enorme pallone che oscura il sole, ci impedisce di vedere l’orizzonte e preme sulle nostre vite. Ma quel gigantesco pallone gonfiato a boria, analfabetismo, punti interrogativi e dogmatismo prima o poi esploderà. La clausura da coronavirus mi ha definitivamente convinto del fatto che i dogmatici nevrastenici, quelli che si bevono tutto e puntano a testa bassa come tori infuriati, sono anche peggio dei cospirazionisti. Ma forse la verità è che ci adattiamo a tutto, anche alla perdita del “campionato più bello del mondo”.

In “Santi, poeti e commissari tecnici” l’ironia non piroetta su se stessa, ma è una lama affilata che fa a brandelli il velo di pressappochismo con cui è stato coperto il tabellone del torneo degli improvvisati professionisti, è l’arma che denuncia una società spesso iniqua, vuota e visibilmente agonizzante.

Un amaro ridere, dunque, è quello a cui va incontro il lettore, il quale difficilmente riuscirà a non divorare la raccolta in un boccone soltanto.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

https://thrillernord.it/intervista-a-angelo-orlando-meloni/

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI – recensione di Siby su Ze Buk

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI – recensione di Siby su Ze Buk

Leggere che sport!

Quando entri in area nemmeno ci pensi che ci sono due compagni a pochi metri da te, tutti soli, pronti a fare un altro gol a porta vuota per merito tuo. É una specie di magia, dentro di te non è cambiato niente, sei sempre lo stesso, ma di fuori è diverso. Nessuno riesce a fermarti e tu adesso hai capito che devi andare fino in fondo.
Il portiere avversario è indeciso, esce dai pali ma esce male. Finti il passaggio al centro e lo fai accartocciare su se stesso e gli pieghi le gambe. Nessuno se lo aspettava che ti sarebbe venuta un’idea leggermente diversa. Non se lo aspettavano nemmeno in tribuna. Ma di questo non ti curi, perché sei tutto dentro i tuoi muscoli. Non sai come sia possibile, ma spari un missile all’incrocio dei pali e segni il primo gol della tua vita.

La recensione di Santi, poeti e commissari tecnici di Angelo Orlando Meloni

Durante il torneo calcistico la squadra famosa per essere la peggiore della provincia, quella che non vede un gol da anni, improvvisamente comincia a vincere.
Inspiegabilmente, senza ragione.
Merito della beata Serafina che predice addirittura il minuto esatto in cui avverrà l’azione decisiva per la vittoria.
C’è poi un ragazzino bravo, Garrincha lo chiama l’allenatore, ma non deve oscurare il figlio della famiglia più importante della città e quindi sta in panchina.
Un calciatore porta a compimento una vendetta che aspettava da anni contro un giocatore che ritiene colpevole della sua rovina e altre storie dove il calcio è sempre il protagonista che tira le fila dei personaggi di questo libro.

La mia opinione su Santi, poeti e commissari tecnici di Angelo Orlando Meloni

Santi, poeti e commissari tecnici è composto da sei racconti e non bisogna essere esperti di calcio per poterli apprezzare.

Il calcio è il simbolo sportivo di questo paese.
Persone che si passano la “fede calcistica” di padre in figlio, domeniche allo stadio, imprescindibili appuntamenti del calendario da non poter nemmeno lontanamente saltare e milioni di gadget con cui vestire i bimbi praticamente appena nati.
Ma il calcio merita tutto questa fede, passione, amore?
Secondo me no ma io non ne sono innamorata.

Lo amano tutti, invece, in questi racconti e l’amore è talmente assoluto che non finisce di fronte a nessuna difficoltà, intrallazzo o partita non giocata.
Il tifoso non vacilla mai, non demorde ma anzi si ammanta di una fede imperitura che lo scherma da qualsiasi bruttura investa il suo idolo.

In questi racconti troviamo tutto quello che riguarda il mondo del calcio, dalle scommesse alle partite truccate, dalle periferie dove si gioca per dare un senso ad una vita disgraziata fino allo stadio, quello vero e famoso, dove giocano gli quadroni.

Se amate il calcio sicuramente questo libro fa per voi ma anche se non lo amate troverete interessanti le strade scelte per raccontare uno sport molto, forse troppo, amato.
Buona lettura.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE:

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI – intervista di Adriano Pugno su Tropismi

SANTI, POETI E COMMISSARI TECNICI – intervista di Adriano Pugno su Tropismi

Il calcio è una cosa umana. Intervista ad Angelo Orlando Meloni

Intendiamoci subito: Santi, poeti e commissari tecnici, opera di Angelo Orlando Meloni pubblicata da Miraggi Edizioni, non è una raccolta di racconti a tema calcistico. Non solo, almeno. Perché a fatica troveremmo l’epica sportiva a cui siamo fin troppo abituati, il campione solo contro tutti, la forza del gruppo che riesce nell’impossibile, la redenzione attraverso il sacrificio sportivo.

Potremmo descrivere, con un certo grado di correttezza, Santi, poeti e commissari tecnici come l’affresco di una Sicilia ricca di storia e di storie. Un messaggio d’amore che non risparmia critiche alla presenza ingombrante di piccoli e grandi boss di provincia, tangenti, brutture industriali e architettoniche. Una prosa che rovescia gli stereotipi, che ci costringe a guardare a fondo nelle cose. Nel racconto L’aeroplano, per esempio, l’immagine dei ragazzini che giocano a calcio su strada, considerata ormai un emblema di purezza giovanile, diventa teatro di violenza e soperchierie. In questo teatro, il calcio viene vissuto come valvola di sfogo e denominatore comune.

Lo stile dell’autore diverte e provoca fitte al cuore, ci accompagna attraverso un piccolo mondo di giocatori bolliti, bluff conclamati, campioncini in erba senza possibilità, ci fa ridere per le loro disavventure per poi lasciarci a contemplare qualcosa di amaro, in eterno equilibrio tra incanto e disincanto.

La sensazione precisa era quella di un bluff, però il pensiero magicamente non riguardava nessuno. Lindo Martinez avrebbe segnato a valanga, Tito Recchia avrebbe vinto il Seminatore d’Oro, Siracusa avrebbe inglobato Catania, Palermo, Napoli, Roma, Torino e Milano,sarebbe partita in orbita e dall’alto del cielo stellato i tifosi avrebbero finalmente potuto pisciare sulla testa della gente, senza ritegno per nessuno,eccezion fatta per il papa, Maradona e forse Sofia Loren. “Precisi siamo”, sussurrò Fausto a Lino e a Gimmi, e quelle furono le uniche parole che pronunciò quel pomeriggio di luglio che c’era un caldo bestiale e tutti avevano lo stesso voglia di saltare e di cantare e nessuno di lavorare

Ho intervistato Angelo Orlando Meloni per parlare di sport e di vita, che sperro è quasi la stessa cosa. Lo ringrazio per la disponibilità:

Puoi raccontarci com’è nata questa opera, in che arco di tempo hai scritto i racconti?

La raccolta è nata in due momenti diversi. Uno dei racconti addirittura è il primo che ho scritto, un secolo fa, e tra l’altro era stato già pubblicato, ma la stesura era così ingenua che ci ho sofferto per anni. Così quando ho scritto gli altri testi che compongono il libro mi è sembrato fosse giunto il momento di rimettere a nuovo un paio di altre storie, più vecchie, ma sempre a tema calcistico. Non vorrei apparire presuntuoso, ma il libro mi sembra molto compatto e… no, non è nato in base a quelli che i poeti laureati all’università dell’autopubblicazione o della bolla social chiamano “urgenza espressiva a lungo repressa”. Il libro è nato perché è nato, cioè per un coacervo di cose che si mescolano fino a che questo stesso groviglio di amore per la lettura, nonché di sogni mostruosamente proibiti, vanità, ambizioni, passioni e idee mi ha portato ancora una volta a scrivere.

Angelo Orlando Meloni

Lo sport vive di un’epica tutta sua, che è quella con cui viene raccontato da cronisti, giornalisti, esperti. Nella tua opera questa epica viene meno: la demistifichi e la svuoti di significato, ci porti in un mondo grottesco che è molto lontano da quello che vediamo su Sky Sport o alla Domenica Sportiva. Potresti riassumere ai nostri lettori che tipo di calcio hai provato a raccontare?

Bella domanda, mi sa che hai centrato il punto. Senza nulla togliere alla professionalità dei giornalisti, dei telecronisti, tutta gente con una preparazione enorme, che sanno quello di cui stanno parlando, c’è però un tono di fondo, epicheggiante, che accomuna e livella quasi tutti i giornalisti e critici e rende ahimè a volte indigeribile il mondo del calcio, almeno per me. Non avete anche voi nostalgia della Gialappa’s band e di Mai dire goal? Il mondo del calcio si prende troppo sul serio, i tifosi già al mattino davanti al caffè si prendono troppo sul serio, gli ultrà poi sono di una serietà talmente seria che fa paura, sono in guerra con l’universo, anche se nessuno è in guerra con loro. È un mondo monolitico che secondo me ha bisogno di un po’ di autoironia. Ed è anche per questo che ho raccontato un calcio grottesco, se vogliamo, di sicuro lontano dall’epos e dalle agiografie a cui siamo abituati.

Non è semplice definire il tono di questa raccolta. Il comico e il tragico, l’incanto e il disincanto, sembrano uniti in uno strano gioco di specchi. Spesso, tra le maschere che conosciamo nella tua raccolta, mi è venuto in mente il concetto di carnevale come lo definiva Bachtin, una sorta di rovesciamento divertito e violento dell’ordine sociale. Lo sport viene spesso raccontato così, con la persona più umile e sfortunata che può diventare un grande campione. Nei tuoi racconti succede sempre o quasi sempre il contrario. Anche il calcio è un gioco di potere?

Il calcio è una cosa umana e quindi è anche un gioco di potere. Avere entrature funziona sempre a tutti i livelli in tutto il mondo in qualsiasi ambito del sapere o dell’agire umano. Non sto dicendo che è giusto, sto dicendo che negarlo equivale a negare la realtà. Circa il tono di questa raccolta, ho sempre in mente un romanzo, Comma 22 di Joseph Heller, libro bellissimo pervaso di umorismo demenziale, che si trasforma pian piano da rappresentazione comico-grottesca della guerra in vera e propria tragedia. Incanto e disincanto, comico e tragico, come dici tu, possono andare di pari passo, forse perché la nostra stessa esistenza in questo pianeta va avanti in questo modo.

Molti ci dicono che lo sport è una metafora della vita. Secondo te è così?

Ovviamente è una formula che è stata ripetuta talmente tante volte da aver perso qualunque significato. Da un altro lato, però, a furia di ripetere che il calcio è una metafora della vita abbiano creato una specie di incantesimo e quindi… sì, il calcio è la metafora della vita, qualunque cosa ciò significhi. Per esempio, se applicata all’Italia questa formula magica ci rende egregiamente l’idea d’una nazione popolata da sessanta milioni di persone, in cui però vince sempre e soltanto e solamente il padrone; e agli altri restano le briciole.

I tuoi sono racconti di finzione. Se dovessi raccontare una storia vera di sport, quale vorresti raccontare? E perché?

Mi piacerebbe prima o poi scrivere di pallacanestro, sport sublime, ma rimanendo in ambito calcistico è fin troppo facile rispondere alla tua domanda con un nome: Zdeněk Zeman. Un genio, un personaggio unico, una spanna al di sopra di tutti gli altri, lui sì mito vivente del calcio.

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Santi, poeti e commissari tecnici – recensione di Antonio Benforte su Econote

Santi, poeti e commissari tecnici – recensione di Antonio Benforte su Econote

Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro” così scriveva Pier Paolo Pasolini, come sempre intercettando perfettamente una profonda verità all’interno della società in cui viveva. Non so se e in che maniera influenzato dalla riflessione di PPP, Angelo Orlando Meloni ha imbastito questa originale raccolta di racconti lunghi a tema calcistico. Ma qui non si parla solo di calcio. In questi racconti ci sono sogni, passioni, storie comuni e meno comuni, un bel po’ di Sicilia, e sono scritti con uno stile ironico e ricchi di personaggi memorabili. Il libro, pubblicato da Miraggi Edizioni, potrebbe riuscire a conquistare anche i non amanti del pallone. Sì, perché Meloni scrive bene, ha nelle sue corde diversi stili e registri, e riesce ad appassionare il lettore, in ognuno di questi sei racconti che compongono la raccolta.

Nel primo, lungo racconto che dà il titolo al volume, l’autore immagina una squadraccia di periferia che non vince una partita manco per sbaglio, ma che grazie all’intercessione della beata Serafina inizia a ingranare. Con i suggerimenti dati al parroco del paese la squadra riesce addirittura a vincere il campionato, sorprendentemente. È il calcio, con i suoi palloni di cuoio sgangherati e i campi di periferia polverosi, a farla da padrone. Il gioco del calcio è il sottile filo che unisce tutti questi ironici, scanzonati e divertenti racconti. Si passa dalla Serie A che rischia la catastrofe a causa dell’ex moglie di un dirigente invischiato con il calcio minore, al racconto di un centravanti alcolizzato che prova a trascinare la sua squadra nel calcio di un certo livello. Nel racconto “Il campionato più brutto del mondo” è appunto il capriccio di una donna a far tremare tutti, e solo una serie di incredibili eventi riuscirà a salvare la serie A. Il racconto “L’aeroplano” è rocambolesco e divertente, con Peppino Petrolito detto “Flashgordon” e Nino “Emozione”, la città di Siracusa e una partita di calcio, Inter Ternana, sullo sfondo. Mentre “Ode al perfetto imbecille” è probabilmente quello più realistico di tutti: la storia di un giovanissimo e bravissimo calciatore, che però non trova spazio in squadra perché non è “raccomandato”, quindi si vede passare davanti il figlio dell’avvocato di turno. Non si premia il talento ma la raccomandazione. Non è questa la fotografia perfetta della nostra società? La bravura di Meloni sta nel parlare di calcio per non parlare solo di calcio, ma dell’Italia tutta: delle sue storture, dei suoi mali, dei suoi personaggi miseri ma anche dei lati positivi che il nostro popolo, alle volte, riesce a tirare fuori. Il suo libro è ironico e scritto con grande capacità di coinvolgere e di tenere incollati alle sue pagine, grazie a storie e personaggi leggeri ma allo stesso tempo in grado di creare grande empatia nel lettore.Non ci sono note stonate e anzi tutti i sei racconti sono di pregevole fattura. Il tono tragicomico e scanzonato che pervade l’intera raccolta, è solo uno dei punti di forza di questo libro, che dopo averci fatto sorridere ci fa riflettere, magari con un sorriso a mezza bocca, gli occhi tristi e malinconici. Per chi come noi ha vissuto le curve, l’emozione di vedere 22 scalmanati in pantaloncini rincorrere un pallone, è chiaro che non si tratti affatto del nuovo oppio dei popoli. Ma è una questione molto importante, uno dei motivi per cui vale la pena vivere.

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Santi, poeti e commissari tecnici – recensione di Gianluca Massimini su Lankenauta

Santi, poeti e commissari tecnici – recensione di Gianluca Massimini su Lankenauta

Se davvero volessimo provare a guardare il calcio con occhi diversi, imparare a sorriderne e a non prendere troppo sul serio questo sport che assurge molto spesso, nel nostro Paese, a condizione di credo religioso o ad unica ragion di vita, probabilmente a causa di un’allucinazione collettiva, allora i racconti di Angelo Orlando Meloni potrebbero fare al caso nostro.

Santi, poeti e commissari tecnici (Angelo Orlando Meloni, Santi, poeti e commissari tecnici, Miraggi Editore, 2019, pp. 192), infatti, è un’agile, allegra raccolta che con uno sguardo ironico, leggero, ci parla di questo mondo variegato e di tutto l’universo che vi ruota attorno: dall’accesa rivalità tra tifosi che odiano per partito preso a chi vive solo di derby e di calciomercato, ai campioni veri o presunti, alle attese spasmodiche e alle notti insonni di coloro che ogni estate sognano la vittoria del campionato e s’illudono puntualmente di ottenerla, alla commistione di sacro e profano in cui il sacro è sempre a disposizione per proprio uso e consumo, fino ai tristi episodi in cui a far notizia e a finire sulle pagine dei giornali sono i genitori dei piccoli calciatori che si distinguono in “imprese” tutt’altro che esemplari e che, a quanto pare, poco o nulla hanno da insegnare ai propri figli circa i principi dello sport o il rispetto dell’avversario. Ne esce fuori un disegno perfetto, un affresco multiforme e vivo, in cui sono tante le pagine divertenti ma anche quelle che inducono ad una riflessione amara.

A volte Meloni ricorre a un tono parossistico, quasi iperbolico. Può succedere infatti che sia una santa a dispensare i dettagli tattici per vincere il campionato, tra commissari tecnici che non credono ai propri occhi e un prete disposto a tutto pur di fare proseliti (si scomoda addirittura anche il motto in hoc signo vinces per un titolo di giornale), e questo in un paese in cui solo un miracolo potrebbe disperdere i veleni del petrolchimico o spegnere le ciminiere, purificare le falde (Santi, poeti e commissari tecnici). Può accadere anche che sia il capriccio dell’ex moglie di un dirigente a mettere in pericolo il campionato più bello del mondo, dando vita a un esilarante effetto domino in cui presidenti e direttori sportivi si adoperano alacremente, con ricatti, combine e scambi di favore, pur di salvare capre e cavoli, salvo poi decidere di vendere tutto ai cinesi, gli unici che possono rimpinguare un’economia drogata (Il campionato più brutto del mondo). Riusciamo a sorridere persino delle rocambolesche vicissitudini di chi vive solo di espedienti, e che tra furti, calcio scommesse e situazioni fortunate, riesce a fare finalmente la vincita della svolta, quella che permette di volare via per sempre (L’aeroplano).

Meloni non esita a ironizzare anche sulle vicende di “el ratòn“, un non più giovane centravanti, eterna promessa pronta ad esplodere, sulla cui bravura e professionalità ci sarebbe tanto da discutere, ritrovatosi ad essere il nuovo colpo di mercato di una neopromossa in serie B alle prese con un campionato dai risultati altalenanti, un allenatore sempre in bilico e una tifoseria che non perdona (Precisi siamo). Un altro bel racconto (Perché no) è dedicato alla resa dei conti tra una vecchia stella del calcio e un suo marcatore, a cui il primo imputa la fine prematura della propria carriera, ad indicare come certi scontri sul campo non si dimenticano.

È comunque Ode al perfetto imbecille il racconto che ci lascia senza fiato perché combina in modo magistrale un tono intimo, quasi lirico, dedicato al ritratto di una vicenda personale e familiare, quella di un giovane calciatore troppe volte escluso dal campo perché non ha i genitori che contano, con il resoconto umoristico delle grandi e piccole meschinità di una umanità quasi sempre priva di coraggio, di decoro, che preferisce piegarsi ai favori, alle pressioni di un modesto mondo di provincia piuttosto che premiare e favorire i talenti. È, insomma, un racconto emblematico della società servile e ignobile in cui viviamo, che prospera troppe volte sull’ingiustizia e sul nepotismo.

Non si sbaglierebbe allora a voler scorgere nelle pagine di questo libro una grande metafora, forse la più adatta per descrivere un Paese sempre pronto ad accendersi per una partita o una coppa o per l’arrivo di un campione ma che riesce, incredibilmente, anche a fare un vanto della propria disaffezione alle regole comuni e a ritenere un qualcosa di “normale” l’assuefazione agli scandali e al malaffare. Santi, poeti e commissari tecnici, col suo umorismo vivo e pungente, può aiutarci sicuramente a tenere gli occhi aperti e a non prendere mai per vero ciò che spesso è solo fumo negli occhi.

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Santi, poeti e commissari tecnici – recensione di Massimiliano Viola su Modulazioni Temporali

Santi, poeti e commissari tecnici – recensione di Massimiliano Viola su Modulazioni Temporali

L’autore di “Santi, poeti e commissari tecnici” (Miraggi Edizioni, Collana Golem,2019, pp. 192, euro 16) è Angelo Orlando Meloni che, nato a Catania, ambienta la sua raccolta di sei racconti nella sua Sicilia.

Con una scrittura molto divertente e dissacrante racconta la fine del mito tutto italiano del “campionato più bello del mondo”. Il primo racconto è quello che dà il nome all’intera raccolta e al centro della storia troviamo la Vigor, squadra di Vezze Sul Mare, che fin dalla fondazione non ha mai vinto una partita e neanche è mai stata retrocessa, pur arrivando sempre ultima. L’allenatore inizia a essere contattato dal parroco del paese che gli dà dei consigli sulla formazione che gli arrivano dalla beata Serafina. Quando arriva il momento di giocare contro l’A. S. Marina, la squadra del comune gemello, Marina di Vezze, succederà di tutto e di più. Nel secondo racconto (“Precisi siamo”) un centravanti alcolizzato “el raton” e un’intera comunità si illudono di meritare “il calcio che conta”. Nel terzo racconto (“Ode al perfetto imbecille”) un ragazzino che, pur essendo bravissimo a giocare, non viene mai messo in campo perché figlio di un tizio stravagante, e a lui viene preferito un altro che l’allenatore e il presidente sono obbligati a far giocare perché “quando si arrabbia l’avvocato Cesari per noi sono cazzi amari”. Nel quarto racconto (“L’aeroplano”) un arbitro incorruttibile, durante l’ultima partita della sua vita, deve fare i conti con il suo passato e con i desideri di un ragazzo perduto. Nel quinto racconto (“Perché no”) una stella della serie A, ex divo del pallone, ordisce la sua vendetta contro chi, anni prima, l’ha fatto scendere dal piedistallo e cadere nel dimenticatoio. Nell’ultimo racconto (“Il campionato più brutto del mondo”) la Serie A rischia la catastrofe  a causa dell’ex moglie di un dirigente invischiato con il calcio minore, che pretende gli alimenti arretrati dal marito.

Il libro di Angelo Orlando Meloni ha un sapore tragicomico, dove l’umorismo non è fine a se stesso ma denuncia un mondo di ingiustizie e compromessi. Per l’autore “In Italia la vera religione è il calcio. I miei personaggi sono perdenti con un cuore grande”“Santi, poeti e commissari tecnici” si legge tutto di un fiato, è divertente e fa riflettere su un mondo che si è lasciato trascinare spesso in scandali e illegalità e che gli hanno tolto quel fascino irresistibile che aveva un tempo.

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