L’ultima lettera di Einstein – recensione di Marta Cerù su WORD FETCHER
Sincronicità
Lettera, come tassello di un alfabeto, o lettera come un veicolo per comunicare nei tempi prima delle mail, degli sms, dei whatsapp, dei tweet, dei post. C’è una bella storia su una lettera speciale, il fondamento del movimento della scienza per la pace. Si tratta della lettera che Albert Einstein spedì al filosofo Bertrand Russell, accettando di firmare il manifesto Einstein-Russell per la messa al bando delle armi nucleari. La storia racconta che Russell scrisse il manifesto e lo inviò ad Einstein perché lo firmasse. In attesa della risposta, in aereo da Roma a Parigi, apprese la notizia della morte del grande scienziato, un lutto mondiale, che per lui significava anche aver perso il cofirmatario di un appello di vitale importanza per il pianeta. All’arrivo in albergo lo aspettava però un plico da Londra, che conteneva la lettera firmata e inviata da Einstein prima di morire.
L’ultima lettera di Einstein per la storia è rimasta quella, ma per la letteratura è diventata un espediente, il nucleo di un romanzo sulla salvaguardia della specie umana, non solo dalla potenziale distruzione per via di un conflitto nucleare globale. Il romanzo si intitola appunto “L’ultima lettera di Einstein” e l’autrice è Daniela Cicchetta, per la casa editrice Miraggi Edizioni. L’ho conosciuta in presenza a Plpl2022, o meglio l’ho riconosciuta come una persona già incontrata chissà dove e chissà quando. L’autrice, in quell’occasione, mi ha regalato la parola sincronicità, che ha a che fare con il tema profondo del suo libro.
La parola significa letteralmente un evento fortunato, una scoperta fortuita, che nasce dalla coincidenza di fattori solo apparentemente casuali. E nel libro di Daniela Cicchetta, la sincronicità la troviamo in un mondo del futuro, nel quale, il ritrovamento di manoscritti originali di Albert Einstein, conservati segretamente e tramandati per generazioni fino all’anno 2190, potrebbe preludere alla realizzazione di una tecnologia capace di viaggiare nel passato e salvare il pianeta terra dalla sua autodistruzione.
“Una settimana prima della morte di Einstein”, scrive Daniela Cicchetta dando voce allo scienziato del futuro Marcel, “Russell gli aveva mandato la bozza di una dichiarazione a favore della collaborazione tra le nazioni per il disarmo nucleare che, senza il suo appoggio, non avrebbe di certo avuto la giusta risonanza. Mentre si recava a Parigi per incontrarlo seppe che era appena morto. Arrivato in albergo, però, trovò una lettera del fisico, con la quale aderiva all’iniziativa: ti rendi conto? L’ultimo pensiero di Einstein, l’ultimo suo atto pubblico è stato quello! Ovviamente i media gli diedero grande risonanza, la dichiarazione divenne nota come “Il manifesto di Einstein-Russell” e fu firmata anche da una decina di prima Nobel”.
Nel romanzo l’autrice riporta l’incipit del famoso manifesto: “Nella tragica situazione che l’umanità si trova ad affrontare, riteniamo che gli scienziati debbano riunirsi per valutare i pericoli sorti come conseguenza dello sviluppo delle armi di distruzione di massa e per discutere una risoluzione nello spirito del documento che segue. Non parliamo, in questa occasione, come appartenenti a questa o a quella nazione, continente o credo, bensì come esseri umani, membri del genere umano, la cui stessa sopravvivenza è ora in pericolo. Il mondo è pieno di conflitti, e su tutti i conflitti domina la titanica lotta tra comunismo e anticomunismo. Chiunque sia dotato di una coscienza politica avrà maturato una posizione a riguardo. Tuttavia noi vi chiediamo, se vi riesce, di mettere da parte le vostre opinioni e di ragionare semplicemente in quanto membri di una specie biologica la cui evoluzione è stata sorprendente e la cui scomparsa nessuno di noi può desiderare. Tenteremo di non utilizzare parole che facciano appello soltanto a una categoria di persone e non ad altre. Gli uomini sono tutti in pericolo, e solo se tale pericolo viene compreso vi è speranza che, tutti insieme, lo si possa scongiurare. Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. (…)” La trama potrebbe essere questa, se la storia avesse un andamento lineare. Ma l’autrice non intendeva raccontare di un mondo distopico, seppure in un certo senso lo fa, né scrivere un romanzo storico incentrato sull’impegno di Einstein per la pace e sulle sue posizioni spirituali nell’età della saggezza, per quanto anche di questo il romanzo narri, piuttosto l’autrice spiraleggia con la sua penna tra passato, presente e futuro, roteando attorno a un asse incentrato tra le rovine di Stonehenge.
Il personaggio perno della storia è una donna, Dunia, che tra quelle rovine capisce il senso delle visioni che l’hanno accompagnata fin da quando era bambina. Le visioni sono le vite di altre due donne, che lei accetta conoscendole e grazie a loro imparando a conoscere se stessa, fino alla sintesi estrema, che è poi il messaggio che io ho colto dal romanzo: sviluppare la capacità di ascolto al femminile è la via per arrivare a sentire la vita pulsare in ogni elemento del pianeta, uno stato talmente illuminato che lo si raggiunge solo attraverso molte vite votate alla ricerca di armonia con la vita stessa.
Einstein fu un fervente pacifista, a causa della comprensione profonda degli sviluppi tecnologici ai quali le sue scoperte rivoluzionarie avevano portato. E alla fine della sua vita dedicò quasi tutte le sue energie a tramandare l’idea di un pensiero scientifico capace di abbracciare anche la sfera spirituale come ambito di ricerca. Pur non sostenendo pratiche religiose, le sue idee aprivano la strada all’immaginario di una concezione del tempo che non avrà mai più una direzione prestabilita. E ancora oggi l’idea della freccia del tempo è in dubbio, così come l’idea che il tempo esista o che non sia piuttosto una nostra creazione mentale. L’espediente di un’ultima lettera, in cui Einstein abbia affrontato questioni sul tempo e sui viaggi astrali, questioni al confine tra la razionalità e l’emotività o il sentire del cuore, è secondo la mia lettura, il vero perno di questo romanzo. Attorno a questo ruotano i temi attuali della crisi della nostra specie, di un pianeta in bilico, ma capace di sopravviverci, e delle scelte che ognuno di noi può fare, per mettersi in ascolto della vita.
“«La senti l’erba crescere?» E io un giorno l’ho sentita”, racconta la protagonista del romanzo Dunia. “Ero sdraiata sul prato della casa in campagna dove giocavo da bambina, e mentre guardavo gli uccelli rincorrersi in uno spettacolo inconsapevole, la testa sprofondata nel tappeto verde, mi sono svegliata alla Natura. (…) Da quel momento nulla è stato più invisibile”. È questa la via indicata nel lontano passato dai druidi, per i quali “la Natura aveva un significato mistico”, continua, “intesa come manifestazione del mistero che ha dato vita all’uomo e all’universo. Non avevano bisogno di dei o religioni. Una ecospiritualità, ci pensi. Vivere in armonia con l’ambiente e tutte le forme della vita”.
Ma quando sarà possibile un cambiamento del genere? Viene da chiedersi leggendo parole che lo scienziato del Secolo Novecento aveva espresso già nel famoso manifesto. La sola risposta è adesso. Perché non c’è più tempo per esitare. Non c’è nella finzione letteraria, ma non c’è nel presente che ci è dato di vivere. “Non senti questo dolore del mondo?” riuona l’appello della protagonista al lettore. “Dobbiamo fare qualcosa, ma c’è sempre qualcosa che distrae, che non conviene e così si rimanda, in attesa che qualcun altro lo faccia al posto nostro. Come possiamo credere che il solo dichiararlo basti per attuare un cambiamento? (…) Il nostro futuro è oggi, il nostro passato è oggi. E oggi non c’è tempo ma è anche l’unico tempo per cambiare le cose”.
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