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Endecascivoli – recensione di Anna Sonatore su ThrillerNORD

Endecascivoli – recensione di Anna Sonatore su ThrillerNORD

Che spettacolo Endecascivoli di Patrizio Zurru!!! Mentre si sfogliano i “sessantacinque” racconti non si può fare altro che ammirarne la genialità travestita da semplicità. 

Una finestra sul passato, un passato che potrebbe essere il mio; tanto è bella la scrittura di Patrizio Zurru, tanto è vera che vi sembrerà di leggere i vostri ricordi. Siete lì, tra bottiglie di latte dimenticate, la miniera, la terra rossa. Una terra rossa che avrete come l’impressione di calpestare in quel momento. Endecascivolisono dei ricordi che non mi appartengono ma che faccio miei. 

15 anni di sottosuolo a spalare carbone, e a un certo punto ha deciso che poteva esserci un’altra possibilità, si è messo a studiare per laurearsi, facendo registrare a mia madre le lezioni su un Geloso, che ascoltava nella strada che da casa ogni notte lo portava in miniera. Avanti e indietro. Play, stop, rewind. Play again, sto, rewind, return home. Ha fatto la strada quasi dormendo, ascoltando la voce di mamma che invece di dirgli “ti amo” gli diceva Scisti, Concrezioni, formule chimiche, Carote, che non erano da mangiare ma da esaminare per verificare strati e stratificazioni. Eppure, anche se lei diceva Quarzi, Quarzite, Falde, Cristalli, lui ha sempre sentito lei che gli diceva Sono Qui, Amore, Tieni Duro, Arriva Alla Miniera Anche Oggi. Torna anche oggi.”

Difficile scegliere un estratto, se volessi riportare ogni frase che mi ha colpito mi toccherebbe ricopiare l’intero libro, e credetemi non esagero. La scrittura di Patrizio Zurru è un fluire continuo; un mare di storie in cui immergersi viene naturale. Endecascivoli è la storia di una famiglia, di un’isola, la Sardegna, che fa da sfondo ma è anche essa protagonista. 

Racconti con echi lontani, una magia unica che si percepisce dalla prima all’ultima pagina. 

Patrizio Zurru ci fa assaporare l’affetto della famiglia, le gioie della giovinezza e le avventure che ne seguono. Una lettura come questa serve a viaggiare nel tempo e nell’anima, una lettura come questa aiuta a ritrovare le proprie radici e farne un vanto. 

Se avete voglia di leggere qualcosa di profondamente bello ma allo stesso tempo maledettamente malinconico, questo è il libro che fa al caso vostro… attenzione, perché la malinconia che Patrizio Zurru vi trasmetterà è una malinconia che tocca il cuore e fa sorridere. In Endecascivoli c’è una magia che ormai sembra estinta, distrutta e uccisa dal dio progresso. C’è una frase che a mio parere si associa perfettamente all’autore “Spacciatore di colori” perché è questo che fa Patrizio Zurru, spaccia colori e voglia di vivere con i suoi racconti. Inutile dire che ne consiglio la lettura, ho già detto abbastanza. 

Buone letture!

QUI l’articolo originale:

L’animale nella fossa – citazione su Nazione indiana

L’animale nella fossa – citazione su Nazione indiana

Gaia Ginevra Giorgi: “di una specie che ho tradito”

Ospito qui alcuni estratti del libro L’animale nella fossa di Gaia Ginevra Giorgi, pubblicato da Miraggi Edizioni.

***

il mio mestiere ha a che fare con il silenzio

– con il dolore elementare raccolto nelle stanze:

ascoltare l’acqua che gonfia la terra, la luce

che filtra, misurare a lunghi sonni le radure

saper battere in ritirata. scavarmi

un buco nello sterno

ritrovare i fili che mi portano

le radici che mi tengono

***

con questa terra a lungo

sono stata in aperto dialogo:

mi sono abbeverata alla fonte

della sua luce rigorosa,

roccia bianca e schianto d’onda,

sentiero acceso,

esuberanza e poi rovina.

sono figlia di queste grazie

rispondo a leggi organiche,

qui ho imparato a stare. essere oggi

senza te e tuttavia respirare

***

coltivo il bianco – a perdere bianco

giardino della mia memoria

così simile al vuoto, ma più leggero

dell’alabastro più bianco

per combattere la levità

ho il peso delle tue ossa

dei tuoi denti e dei tuoi nervi tutti

– ripenso spesso al tuo piccolo femore

che un carro con grandi ruote aveva spezzato

quand’eri bambina

come a segnarti sulla pelle un destino

so riprodurre tutti gli attacchi di panico

che nelle piazze troppo affollate ti assalivano

– li affronto uno a uno

ma ogni mia battaglia sale a fissare il bianco

dei tuoi passi lievi

della tua risata selvatica

di ragazza

***

mi hanno generata in autunno inoltrato

all’interno di una specie che ho tradito

sono evasa, mi sono messa qui di lato

sospesa abbandonata su un fianco

sono venuta al mondo per piantare in asso

***

cosa diciamo quando diciamo latte

– che parola elementare, la sanno dire tutte

quando diciamo mulino diciamo casa

tra il costone e la conca che si svuota

verso il mare. tutto è vetro, pietra,

legno e carta. le prime ore del giorno

sono stabilite da luce a perdere

che scopre le nervature della terra,

poi i corpi si mischiano in azzurro

novembrino e ombre nuove:

eucalyptus, mimosas e ulivi

derive tra i rovi e le frane

xilù: per dire argentino cangiante

lucente per dare i nomi alle cose piccole

per trasecolare

QUI l’articolo originale:

Mona – recensione di Alessandra Fontana su La lettrice controcorrente

Mona – recensione di Alessandra Fontana su La lettrice controcorrente

La trama

La peculiare, profondissima, forma d’amore tra Mona, infermiera in un ospedale travolto dalla guerra, e Adam, il giovane soldato che arriva dal fronte con una grave ferita alla gamba, fa qui da collan…

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 – Struggente –

Mona di Bianca Bellovà è stata una scoperta bellissima. Su consiglio di Angelo Di Liberto (fondatore di Billy il vizio di leggere- il gruppo Facebook) acquistai Il lago di Bellovà che è rimasto nella pila dei libri in attesa.

Ho acquistato Mona allo stand di Miraggi al BookPride di Milano, Fabio Mendolicchio mi aveva detto: “Molla tutto quello che hai e comincia Mona, non c’è libro più adatto di questi tempi”. E devo dire che non si è sbagliato.

Mona - Bianca Bellova - Miraggi edizioni

Mona è la commovente (e cruda) storia di un’infermiera in tempo di guerra. Mona è un racconto pieno di orrore, bellezza e dolore, Mona è un romanzo che contiene moltissimi temi e pochissime parole.

Mi è piaciuta parecchio la scrittura di Bellovà: precisa, intensa, apparentemente scarna perché è potente, scorrevole e ammaliante. Ora sì che non vedo l’ora di leggere anche il resto.

Ma torniamo alla nostra storia dai contorni temporali e geografici indefiniti. Bellovà racconta l’orrore della guerra e no, non c’è bisogno di avere le coordinate geografiche per immedesimarsi. Gli occhi di Mona diventano i nostri: ovunque si posino non facciamo altro che vedere sangue, sentire urla… i medicinali scarseggiano, l’odore della morte è così forte che stordisce.

«Nessuno vuole morire» sussurra Mona. «Si sforzano tutti di vivere, di sopravvivere. Si aggrappano tutti alla vita, anche quelli a cui resta solo mezzo cervello e senza una gamba. Nessuno vuole morire».

Mona con i dolori alle ossa, piegata dalla stanchezza, stufa dei soprusi dentro e fuori dall’ospedale, incrocia gli occhi di Adam, soldato che ha appena perso la gamba.

Comincia così una narrazione alternata tra presente e passato. Della nostra infermiera cominciamo a conoscere l’infanzia, traumatica e ingiusta.  Ripercorriamo le bugie, i drammi, la solitudine che hanno cambiato per sempre Mona. La guardiamo diventare adolescente e poi diventare moglie e madre. Errori, rimpianti conditi da apatia e nervosismo. Quanto avrei voluto abbracciare questa bambina costretta a dormire con la luce di notte per non rivivere l’incubo della prigionia.

Ed eccola lì, tra quattro pareti non murate. La stanza – ma poteva chiamarsi stanza? – era completamente buia, senza finestre. Alzandosi in piedi Mona toccava con la testa la botola da cui una volta al giorno riceveva una ciotola di riso e consegnava il recipiente con gli escrementi

Mona - Bianca Bellova - Miraggi edizioni

Ma la storia di Adam non è più facile: i primi amori, le amicizie, quella spensieratezza destinata a non durare  per l’arrivo della guerra. Che cos’hanno in comune Mona e Adam? La dignità. Mentre il mondo fuori viene inghiottito dalla violenza, quella della Guerra, quella dell’oppressione nei confronti delle donne, ecco che loro due conservano la forza dei principi. Fedeli a sé stessi daranno vita un legame in grado di superare ogni orrore.

Bellovà con poche ma precise pennellate ci trascina in una storia che dimostra non solo l’insensatezza della guerra, ma anche la violenza di cui siamo capaci in quanto esseri umani.

Esistono molti tipi di umiliazione, Mona ne conosce a migliaia, per sentito dire e per esperienza diretta. Gli uomini che incrociandola per strada fanno schioccare la lingua. L’impiegato della banca che ticchetta impaziente con la matita sullo sportello, senza prendersi la briga di aprir bocca, quando Mona si attarda troppo a cercare un documento. Gli inopportuni palpeggiamenti sull’autobus. Gli infiniti parlottii, essere chiamata puttana quando esce con la testa scoperta.

Se da una parte siamo invasi da amarezza, sdegno e disgusto, dall’altra Bellovà è in grado di commuoverci, regalando un finale delicato e inaspettato.Uccidi il gallo che in eterno scaccia la notte,Uccidi il gallo che chiama il giorno:dondoliamoci sulle onde del buiofino all’orlo dell’eternità.

Mona è…

Struggente. Ho amato tutto di questo romanzo ma non ho dato cinque stelle perché avrei voluto durasse di più. Ho bisogno di stare ancora in compagnia di Mona e Adam.

In queste settimane sono molte le persone che mi hanno detto di non riuscire a leggere per via del conflitto tra Russia e Ucraina. Comprendo perfettamente, ricordo anche che durante le quarantene molte persone non riuscivano a dedicarsi ai libri. Eppure oggi vi consiglio spassionatamente questo libro perché certo non distrae ma colpisce e ci costringe a calarci in una realtà vicina e spaventosa con un trasporto emotivo che forse prima non avremmo avuto.

Mona per reggersi in piedi beve molta acqua e tè verde. Questa è una guerra, le ripete l’inconscio fino alla nausea, la guerra e così, li porteranno qui finché laggiù ci sarà ancora qualcuno, in prima linea, nelle trincee, tra i fili spinati… Non ha idea di come sia davvero il fronte, le fotografie delle battaglie sono sottoposte a censura e chiedere ai moribondi le sembra senza senso.
Il letto di Adam è per lei l’unico rifugio dall’incessante flusso di uomini sofferenti.

QUI l’articolo originale:

I Tedeschi – recensione di Cristina Mosca su Amantideilibri.it

I Tedeschi – recensione di Cristina Mosca su Amantideilibri.it

“I Tedeschi” è un libro meraviglioso. Scritto nel 2012 da Jakuba Katalpa e tradotto da Alessandro De Vito, è stato pubblicato nel 2019 da Miraggi nella collana “NováVlna” dedicata alla letteratura ceca. L’autrice è classe 1979 e con questo romanzo ha ricevuto tantissimi riscontri di pubblico e di concorsi letterari del suo Paese. Costa 24 euro e se vi sembrano tanti sappiate che ne vale molti di più.

Trama

Dopo la morte di suo padre, la protagonista cerca di ricostruire il passato di sua nonna biologica. Cosa l’ha spinta ad abbandonare suo figlio a Praga e tornare in Germania, cercando poi di coltivare un rapporto inviando caramelle per anni?

Si trova costretta a vagare in un presente senza memoria. Mentre la voce narrante si dà da fare per archivi, parrocchie e biblioteche, assistiamo allo scorrere della storia di Klara, in terza persona, in un periodo in cui la Cecoslovacchia era sotto il protettorato del Reich. Cosa è significato essere tedeschi “veri” in un posto in cui essere tedeschi era obbligatorio? Trovarsi a fare da spia e da collante nello stesso momento? Cosa è significato essere sole?

Recensione

Se non fosse stato per il gruppo di lettura della libreria “On the road” non avrei mai, mai preso in considerazione di leggere un’autrice ceca. La letteratura dell’Est per me ha un fascino ai minimi termini, forse nullo. Parafrasando una citazione famosa: non leggo autori che non so pronunciare.

“I Tedeschi” è tante cose. È la nostalgia, la rabbia, la malinconia. È l’impotenza, il segreto, la libertà.

“A volte sognavamo che un giorno la nonna avrebbe ripreso piena coscienza, guarita e con una memoria perfetta, e ci avrebbe raccontato tutto quello che volevamo sapere. Non ci passava neanche per la testa che i suoi segreti li avrebbe voluti preservare, che avrebbe potuto rannicchiarsi intorno a essi, circondarli con le braccia e non lasciarci passare; che non avrebbe voluto condividere.

Con un retrogusto amaro, sentivamo che la sua appartenenza alla nostra famiglia ci desse il diritto di insinuarci nel suo passato”https://dfb2d31e33a485bd6ae456cdb62e9790.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html

Ne “I Tedeschi” il tempo si spalanca. Ogni persona è un incrocio di storie: la propria, la Storia e quella di Klara. È una narrativa per ingrandimenti, che può disorientare. Soprattutto nella seconda metà, il lettore può chiedersi se una certa digressione è veramente necessaria, se non sarebbe meglio procedere con l’azione. Inoltre non tutti i dialoghi sono cristallini, non si capisce sempre chi parla a chi.

“Mi ha colpita un dolore risalente a quasi sessant’anni fa, e stavolta non è il solo dolore di mio padre, tante volte declamato e sofferto con una certa solennità, è qualcosa di ancora diverso a rodermi dentro, un’incertezza e una pena, scoprire che tra verità e menzogna c’è un confine così labile che lo si può rimuovere con un semplice gesto della mano, con un battito di ciglia”.https://dfb2d31e33a485bd6ae456cdb62e9790.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html

Ma la verità è che anche le digressioni sono ricche di azione, e lo stile della Katalpa è così coinvolgente che queste piccole perplessità si trasformano in sabbia, non contano più nulla. Resta la grandezza di un romanzo profondo, ricco, carico di saggezza e rassegnazione.

QUI l’articolo originale:

RUR – recensione di Maurizio Di Fazio su Repubblica

RUR – recensione di Maurizio Di Fazio su Repubblica

Un graphic novel che prende le mosse da un testo teatrale intriso di leggenda visto che fu il primo in assoluto a introdurre nell’immaginario collettivo, un secolo fa, il termine robot. Parliamo di R.U.R., acronimo di “Rossum’s Universal Robots” (I robot universali di Rossum), la distopia dello scrittore ceco Karel Capek, una delle primissime del secolo breve, nonché tra le più profetiche. La sua messa in scena inaugurale avvenne al Teatro nazionale di Praga nel 1921 e prese subito a girare e affermarsi sui palcoscenici mondiali. Il vaso di Pandora era ormai dissigillato.

Adesso quest’opera alchemica rivive, a fumetti, in un libro edito da Miraggi disegnato dalla giovane illustratrice Katerina Cupova. Anche lei è della Repubblica ceca, e riesce a infondere forma e una spiritualità cangiante a colori, con tratti raffinati e sobri, all’immarcescibile dramma post-umanista. La traduzione e la postfazione sono curate da Alessandro Catalano, professore associato di letteratura ceca al dipartimento di studi linguistici e letterari dell’università di Padova: sempre quest’ultimo ha firmato uno zoom sulle evoluzioni iconografiche e concettuali dei “nostri migliori amici bionici” (“100 anni in cinquanta immagini”), ospitato all’interno del volume. La versione di Cupova, classe 1992, offre una rivisitazione assolutamente originale ma rispettosa della pietra miliare. Il suo stile e la sua matita, rimandanti all’universo del cartone animato, affondano le radici in decenni di premiata animazione ceca. Non a caso lei si è laureata nella prestigiosa Tomáš Batt”a di Zllíín.

R.U.R. a fumetti ci rituffa all’alba della nostra metamorfosi in golem e poi in cavat digitali. Riecco sotto i nostri occhi mai smaliziati del tutto le tragiche conseguenze della creazione di un uomo artificiale, fatto di muscoli, pelle e sangue ma in teoria privo del nostro corredo più prezioso. I sentimenti, i bisogni, il libero arbitrio. Quegli elementi che ci rendono così straordinari e fragili. In sintesi, l’anima. Però poi accade che questi robot di Rossum (analoghi al Frankenstein e ai replicanti), che pure erano stati plasmati per affrancarsi dalle angustie del lavoro fisico, diventano ribelli, rivendicativi, violenti all’esatta stregua dei loro fautori terrestri.

Una metafora potente delle supreme paure di inizio Novecento, come del resto fu l’intera produzione di Capek, drammaturgo e narratore che sperimentò molti generi e guardò sempre all’attualità più bruciante, trasfigurandola. Il totalitarismo sovietico, la disumanizzazione delle masse, il cinismo e le contraddizioni del capitalismo, l’elevazione a feticcio delle macchine. Le fregole e le ottusità del potere politico, le epidemie di conformismo, la corsa cieca a precipizio verso l’autodistruzione del progresso tecnico-scientifico.

Ineluttabilmente macerato, anche perché la sua epoca non induceva certo all’ottimismo, come la nostra, Karel Capek morì nemmeno cinquantenne. Si risparmiò gli orrori della Seconda guerra mondiale, che non lo avrebbe sorpreso affatto, come non si stupirebbe oggi. Perché «nulla è più estraneo all’uomo della sua immagine».

Romanzo senti/mentale – recensione di Mina Patrizia Paciello su Mangialibri

Romanzo senti/mentale – recensione di Mina Patrizia Paciello su Mangialibri

Eda è ad una festa di cinquecento persone quando d’un tratto si sente chiamare. Un uomo è caduto giù dalle scale ed è morto. Da uno squarcio invisibile del suo corpo sta sgorgando del sangue che si sparge sul parquet. Alcuni invitati non si sono accorti di nulla e continuano a ballare il valzer ma, all’arrivo del medico, si accalcano tutti intorno all’uomo. Era un venditore che proveniva dalla Moravia del Nord e aveva alzato un po’ troppo il gomito. Bisognerà avvisare la moglie prima che la notizia faccia il giro dei giornali e la responsabile della comunicazione decide che sarà proprio Eda ad andare a comunicarglielo. Lui prova a immaginare come reagirà la donna alla notizia e gli torna in mente l’altra volta che ha dovuto portare la notizia della morte di Eliska a sua madre… Nina è tornata nella sua casa d’infanzia per il funerale della mamma. Il signor Antos del piano di sopra suona ancora come quindici anni prima il suo clarinetto. Nina pensa che qualcuno dovrebbe dirglielo che non ha fatto progressi e che la solita routine (tre composizioni, rimozione dell’ancia, pulizia del clarinetto, tossetta e cena) è sempre più insopportabile. Gli armadi sono stracolmi di vestiti che come i copriletti, le lenzuola e le tende sono coperti di larve di tarma. Fa un gran freddo, c’è odore di chiuso e di piscio di gatto e prima di buttare via ogni cosa lei si fa prendere dai ricordi in quella casa con i genitori e la sorella Eliska, con la quale è sempre stata in competizione. In mezzo a loro tante figure ma due di loro, Eliska e il padre di Eda, decisamente disturbanti…

La vicenda si svolge nell’arco di 24 ore. Due persone – Eda e Nina – alternano la loro voce ad ogni paragrafo. Lui è messaggero di brutte notizie, lei deve mettere ordine in un’eredità. Sono uniti nel passato da memorie di esperienze condivise che però ognuno interpreta a modo suo. Un racconto che diventa il mezzo per scendere nel loro personale inferno, l’inferno dei segreti di famiglia che porta con sé la perdita dell’innocenza, nella vita di chi è cresciuto alla fine del regime cecoslovacco. Un’intersezione di voci su una struttura narrativa che si regge in equilibro perfetto. Libro d’esordio di Bianca Bellová, ma sua terza opera uscita in Italia, Romanzo senti/mentale rivela già l’impronta di una delle voci più interessanti del panorama letterario ceco. Nel romanzo si scoprono i temi cari alla scrittrice: infanzia perduta, condizione femminile, legami familiari, solo per citarne alcuni che sono tenuti insieme dalla sua scrittura con una maestria ben riconoscibile. Una voce potente in un gran bel racconto.

QUI l’articolo originale:

https://www.mangialibri.com/romanzo-sentimentale

Arlt – segnalazione su Provincia Granda

Arlt – segnalazione su Provincia Granda

Sabato 26 febbraio, alle 16 nella sala multimediale di via Bassi, l’Amministrazione comunale e la Biblioteca Civica di Ormea organizzano l’anteprima della presentazione nazionale di un libro appena finito di stampare che verrà successivamente presentato al “Salone del libro” di Torino.

«Si tratta della traduzione italiana della biografia di Roberto Arlt, vissuto tra il 1900 e il 1942 e considerato, insieme al suo contemporaneo Borges, uno dei padri della letteratura argentina – spiega Giorgio Ferraris, sindaco di Ormea -. Nato a Buenos Aires, nei suoi romanzi, racconti e articoli di giornale, per primo scrisse del popolo e sul popolo, sul suo ambiente, i suburbi di Buenos Aires, le fabbriche, la pampa, delle sue difficoltà e delle sue lotte. La biografia di Arlt di Sylvia Saitta intreccia la travagliata vita dello scrittore con le sue opere e i suoi personaggi».

«Il libro – spiega ancora Ferraris – è opera della ricercatrice e scrittrice argentina Saitta, che sarà collegata in videoconferenza alla presentazione, dove saranno presenti i due traduttori italiani dell’opera, Marino Magliani e Riccardo Ferrazzi, oltre al viceconsole argentino in Italia, Manrique Altavista».

Il sindaco di Ormea conclude: «Ringraziamo lo scrittore Marino Magliani che ha scelto Ormea per l’anteprima della presentazione di questa importante opera; lo consideriamo un omaggio e un ricordo delle tante persone che agli inizi del secolo scorso sono state costrette ad emigrare».

Arlt – segnalazione su L’Unione Monregalese

Arlt – segnalazione su L’Unione Monregalese

Sabato 26 febbraio, alle 16 nella sala multimediale di via Bassi, l’Amministrazione comunale e la Biblioteca di Ormea organizzano l’anteprima della presentazione nazionale del libro “Arlt, lo scrittore nel bosco di mattoni. Una biografia”, che verrà poi presentato al “Salone del libro” di Torino. Si tratta della traduzione italiana della biografia dello scrittore, drammaturgo e giornalista argentino Roberto Godofredo Christophersen Arlt, vissuto tra il 1900 e il 1942 e considerato, insieme al suo contemporaneo Borges, uno dei padri della letteratura argentina. Arlt, nei suoi romanzi, racconti e articoli di giornale, scrisse per primo del popolo e sul popolo, del suo ambiente (i barrios di Buenos Aires, le fabbriche, la pampa), delle sue difficoltà e delle sue lotte.

Il volume è opera della ricercatrice e scrittrice argentina Sylvia Saitta che intreccia la travagliata vita dello scrittore alle sue opere e ai suoi personaggi. L’autrice sabato sarà collegata in video-conferenza. In sala: i due traduttori italiani del volume, Marino Magliani e Riccardo Ferrazzi, oltre al vice console argentino in Italia Manrique Altavista. «Colgo l’occasione per ringraziare lo scrittore Marino Magliani che ha scelto Ormea per l’anteprima della presentazione dell’importante opera – anticipa il sindaco Giorgio Ferraris –, un fatto che consideriamo omaggio e ricordo delle tante persone che agli inizi del secolo scorso sono state costrette a emigrare e hanno scelto la terra argentina per cercare un futuro migliore».

Arlt – segnalazione su La Stampa

Arlt – segnalazione su La Stampa

Vita di Robert Arlt. L’anteprima della biografia

Nella sala multimedia delle ex scuole di via Bassi, il Comune e la Biblioteca civica di Ormea organizzano l’anteprima della presentazione nazionale di un libro, fresco di stampa, che sarà poi presentato al Salone del libro di Torino. È la traduzione italiana della biografia di Roberto Arlt, vissuto tra il 1900 e il 1942, ritenuto insieme al contemporaneo Borges uno dei padri della letteratura argentina. Nato a Buenos Aires, in romanzi, racconti e articoli di giornale per primo scrisse del popolo, del suo ambiente (suburbi di Buenos Aires, fabbriche, pampa), delle sue difficoltà e lotte.

«Arlt, lo scrittore nel bosco di mattoni. Una biografia» è opera della ricercatrice e scrittrice argentina Sylvia Saitta, che sarà collegata in videoconferenza. Alla presentazione di sabato a Ormea saranno presenti i traduttori italiani, Marino Magliani e Riccardo Ferrazzi, oltre al viceconsole argentino in Italia, Manrique Altavista. P.S.

[febbraio 2022]

Arlt – segnalazione sulla Stampa

Arlt – segnalazione sulla Stampa

Revelli e Magliani spiegano il mondo di Roberto Arlt

Incontro letterario lo scorso 27 febbraio al bar Ligure di Arma di Taggia promosso da Casa Balestra, di Molini di Triora, che scende così, per una volta, in riva al mare.

Ci saranno gli scrittori Giacomo Revelli e Marino Magliani, che ha appena tradotto (con Riccardo Ferrazzi) la biografia del collega argentino Roberto Arlt. Si soffermeranno inizialmente su questo testo. Toccherà quindi alla presentazione del libro «Arlt-Lo scrittore nel bosco di mattoni» di Sylvia Saitta (Miraggi Edizioni, Torino). Opera pubblicata nell’ambito del programma Sur di supporto alle traduzioni del Ministero degli Esteri. Conclusione con il libro «Il cannocchiale del tenente Dumont», uno delle rivelazioni dello scorso anno, scritto dallo stesso Marino Magliani. Quest’ultimo, scrittore di Prelà che si divide fra l’Italia e l’Olanda, sta vivendo un momento felice negli Stati Uniti dove i suoi libri sono saliti nella Top 20 dei più venduti. E, nelle versioni in inglese, sono venduti in Cina. Il suo ultimo libro è stato recensito, un termini molto favorevoli, da tutti i maggiori organi di informazione. M.C.

Il bambino intermittente – candidato al Premio Strega 2022 | segnalazione sul Corriere della Sera

Il bambino intermittente – candidato al Premio Strega 2022 | segnalazione sul Corriere della Sera

Quarta mandata di titoli in gara per il Premio Strega: dal lavoro degli Amici della domenica (membri del nucleo storico della giuria) ecco la nuova dozzina di libri che dovranno – con gli altri, e siamo a 48 – contendersi l’ingresso nell’Olimpo dei 12 finalisti e affrontare la selezione della cinquina, prima della finale del 7 luglio. La novità più evidente? Il candidato della fede.

Hotel Padreterno di Roberto Pazzi (La nave di Teseo), presentato da Massimo Onofri, è stato infatti già «recensito» da un Lettore d’eccezione: Papa Francesco, che ha inviato un elogio personale all’autore. Forse perché è un libro visionario che racconta di un miracolo moderno. Di un Dio che scende tra gli uomini (questa volta senza inviare il figlio), per «tornare a capire l’umanità». E lo fa incarnandosi in un uomo di 78 anni, cappotto e borsalino nero, che incontra un bambino nella metropolitana di Roma.

La madre è spaventata da quell’uomo che si compiace di parlare col figlio; ma lo sconosciuto finirà col guarire il bambino da un tumore al cervello, con la sola imposizione delle mani. «Quell’uomo vorrà provare tutto della vita degli uomini, perfino l’innamoramento», rivela l’autore.

C’è un piccolo protagonista anche in un altro libro entrato nella selezione: è Il bambino intermittente di Luca Ragagnin (Miraggi Edizioni), che ricostruisce la realtà attraverso l’incontenibile immaginazione di un bimbo straordinario, un piccolo impacciato ma iperattivo, problematico ma poetico, che «trova Dio in una cabina da spiaggia… poi lo perde in una mensa sotterranea».

Tra le segnalazioni emerge poi quella di «un affresco unico della società culturale italiana e americana, e di quella comunità di intellettuali italiani che si ritrova, per caso o destino, a New York»: è Una disperata vitalità di Giorgio van Straten (HarperCollins), romanziere e traduttore, già direttore dell’Istituto italiano di Cultura cli New York. Lo ha candidato Giovanna Botteri.

Degno di attenzione Il digiunatore di Enzo Fileno Carabba (Ponte alle Grazie): racconta la vita di un «artista del digiuno» realmente esistito, Giovanni Succi, nato nel 1850 a Cesenatico, che conquistò fama internazionale negli anni fra Otto e Novecento, arrivando a ispirare un racconto di Kafka. Narra invece la storia familiare intrecciata alle pagine più scure della storia d’Italia Stirpe e vergogna di Michela Marzano (Rizzoli), che parte dalla scoperta del passato fascista del nonno per svelare il fascismo «sotto la cenere della vergogna che riaffiora in famiglia, in comportamenti e relazioni».

Di livide memorie parla anche Mordi e fuggi. Il romanzo delle Br, di Alessandro Bertante (Baldini+Castoldi). Tra gli altri candidati ci sono poi: Sogno notturno a Roma 1871-2021 di Annarosa Mattei (La Lepre Edizioni); Il cuoco dell’imperatore di Raffaele Nigro (La nave di Teseo); Con tutto il mio cuore rimasto di Rosaria Palazzolo (Arkadia); La ladra di cervelli. Un Alzheimer in famiglia di Ciriaco Scoppetta (Armando Editore); Padri di Giorgia Tribuiani (Fazi); Il sole senza ombre di Alberto Garlini (Mondadori).

Luca Zanini

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