
Segnalazione su Radio Kaos Italy
Puntata di «Avanti Tutta» del 11-10-2024.
Puntata di «Avanti Tutta» del 11-10-2024.
Un progetto multi-format che esprime la voglia dei protagonisti di esprimersi con più mezzi. “L’ora delle distanze” (Riff Records / the house of love) ispirato all’omonimo romanzo illustrato (Miraggi Edizioni) uscito lo scorso settembre (disponibile per acquisto qui e qui) è il proseguimento in musica della pubblicazione dell’omonimo romanzo illustrato. A cantare sono Lory Muratti e Andy Bluvertigo in un mondo in bianco e nero raccontandoci di una fuga-rifugio verso la dimensione parallela delle “Distanze”.
“L’ora delle distanze” è un viaggio psychofantasy, dark e pop al contempo in cui musica,
letteratura e pittura si fondono. Un libro scritto da Lory Muratti, ispirato e illustrato dai
quadri visionari di Andy e due brani realizzati a quattro mani che compongono il doppio
Lato A dell’omonimo 45 giri.
Il lato B del singolo, “La caduta” (in uscita sulle piattaforme digitali l’8 novembre 2024) ci porta nel cuore di quella “contro-realtà” fatta di personaggi post-punk, glamour e rock’n’roll, coloratissimi, irriverenti e imprevedibili. Figure che diventano specchi di quello che siamo. Presenze che abitano nelle profondità della mente del protagonista e di tutti coloro che vorranno lasciarsi cadere in un vortice luminoso perché, come recita il testo della canzone:
“Se le cose cadono, non è molto strano che io abbia in mente te che ti sai rialzare”.
Un progetto fuori dagli schemi, nato dalla voglia di “immaginare un presente dove i sogni e il
colore resistono contro una realtà sempre più corrotta e in bianco e nero”.
Un lavoro interdisciplinare che si appresta a diventare anche un evento live in equilibrio tra
concerto, teatro, installazione e Dj set. Un’esperienza multimediale pensata per coinvolgere
più sensi e per essere vissuta in profondità. I due autori raccontano: “Le voci arrivano sempre più chiare. Non sono più solo e proseguo verso nuovi incontri e nuove speranze che tengono impegnate la testa e le mani con le quali mi diverto a disegnare per aria. Adesso che ricordo di saperlo fare, non ho più alcuna intenzione di smettere. Ci sono notti in cui gli oggetti cadono e questa è decisamente una di quelle.”
Lory Muratti è scrittore, musicista, regista, attore e dj. Nel 2005 pubblica il romanzo d’esordio
“Valido per due” a cui fa seguito il libro+disco “Hotel Lamemoria” (2007) entrambi editi sotto
lo pseudonimo “Tibe”. Musica e narrativa continuano a incontrarsi nelle sue opere con i
successivi “Scintilla” (2013), “Lettere da Altrove” (2020) e “Torno per dirvi tutto” (2022).
Sul fronte visivo si occupa di video-arte e videoclip musicali. Le sue installazioni come
sound designer lo hanno portato fino a “Luminale Frankfurt 2010” e “Biennale di Venezia
2011”. Sviluppa i suoi progetti all’interno del laboratorio creativo e casa di produzione “the
house of love” che dirige in un ex ricovero barche affacciato sulle sponde del Lago di Monate.
Andy è musicista, pittore, dj e produttore. Nei primi anni ’90 fonda con Morgan i
“Bluvertigo” con i quali pubblica tre album, un disco live (MTV Storytellers) e una raccolta
di successi conquistando un “MTV Music Awards” e rendendosi protagonista di numerosi
tour, cinque partecipazioni al Festival di Sanremo e altrettante al concerto del Primo
Maggio.
Opinionista televisivo, dj nei club e nei festival di tutta Italia, produttore di band emergenti, è da
sempre attratto dalle arti figurative. L’originale rappresentazione della contemporaneità
attraverso l’uso del colore fluorescente, centro vitale della sua diversificata produzione
artistica, gli ha consentito di raggiungere un successo internazionale valendogli collaborazioni
con marchi quali Coveri, Carlsberg, Iceberg, Redbull, Fiat, Huawei e molti altri.
QUI l’articolo originale: https://www.thewaymagazine.it/targets/lora-delle-distanze-per-lory-e-andy/?doing_wp_cron=1731071415.5592629909515380859375
L’ora delle distanze è un progetto ambizioso e visionario che fonde musica, arte visiva e letteratura in un racconto unico. Nato dalla collaborazione tra Andy e Lory Muratti, il progetto esplora tematiche di evasione, decadenza e resistenza creativa, e diventa un manifesto che riscrive le regole dell’arte contemporanea, strizzando l’occhio all’immaginario underground. Attraverso un mix di linguaggi che spaziano dal dark al pop, i due artisti hanno creato un’opera che invita il pubblico a immergersi in un universo surreale, dove sogni e colori cercano di sfuggire a una realtà corrotta e monocromatica.
In questa intervista, Andy e Lory ci raccontano il percorso dietro la creazione, e il potere trasformativo dell’arte e della musica nella loro visione del mondo.
Il vostro progetto è descritto come un’opera che combina musica, letteratura e arte visiva. Come avete sviluppato l’idea di unire questi tre linguaggi in un unico racconto?
Andy: L’idea è nata proprio dalla condivisione dei tre linguaggi. Mi sono sempre occupato di musica e pittura, Lory di musica e scrittura. Unendo le forze abbiamo creato la sinergia dentro la quale ognuno ha potuto ottimizzare le proprie risorse.
Lory: Credo si possa dire che il nostro linguaggio è per sua natura “multidisciplinare”. Quando ci confrontiamo non lo facciamo solo da musicisti o aprendo un dialogo tra scrittore e pittore. Ci siamo sempre sentiti partecipi di un immaginario condiviso. Per questo è stato del tutto naturale dare vita a un progetto che ha più volti e più anime, ognuna delle quali rappresenta una parte di noi.
Nel comunicato stampa si parla di un presente in cui sogni e colori resistono a una realtà corrotta e in bianco e nero. Quale significato assume questo contrasto nel vostro progetto?
Andy: Sogni e colori nella dimensione delle “Distanze” narrata nel libro rappresenta una possibilità di risoluzione, la necessità di mettere a fuoco il disagio ingrigito al quale crediamo sia possibile dare nuova forma e colore.
Lory: Il mondo delle “Distanze” rappresenta per il protagonista la fuga da una realtà divenuta insostenibile, ma anche la cura, il rimedio, la possibilità di mantenere vivo il sogno viaggiando in profondità per poi tornare al bianco e nero e provare a invertire la rotta. Infondere nuovo colore è la metafora che abbiamo voluto usare per rappresentare la speranza.
La storia di “L’ora delle distanze” si svolge in una “contro-realtà” popolata da personaggi post-punk, glamour e rock’n’roll. Come avete costruito questo universo surreale e qual è il suo rapporto con la nostra realtà?
Andy: Ho sempre rappresentato all’interno dei miei quadri una serie di personaggi che mi hanno ispirato. Dagli amici della vita reale ai grandi miti dello spettacolo. Lory ha articolato la storia dando a loro uno specifico ruolo di svolgimento.
Lory: Come dicevo, le “Distanze” sono la cura, il rifugio salvifico e come tali fanno da contraltare al piano di realtà. I personaggi che li popolano, come dice Andy, sono figure reali che, traslate in una dimensione parallela, diventano i perfetti custodi e animatori di quel rifugio psichedelico.
Il romanzo è definito un “viaggio psychofantasy, dark e pop”. Come avete bilanciato questi elementi nei testi e nelle illustrazioni per mantenere coerenza narrativa e visiva?
Andy: Il romanzo parla di un viaggio lisergico che nasce grazie a una trasfusione di musica e colore nelle vene del protagonista. La realtà in bianco e nero, decadente e corrotta, è in contrappunto con la dimensione fluorescente dei dipinti. Le illustrazioni esistevano già, i testi hanno permesso la connessione del viaggio.
Lory: Come avviene nel nostro “mescolare arti e mestieri” allo stesso modo le suggestioni si influenzano e bilanciano reciprocamente. I dipinti di Andy, diventati illustrazioni nel libro, sono lo scenario dentro il quale si svolge la storia e dove i personaggi da lui immaginati hanno preso vita nella mia narrazione. I toni dark, pop, psycho ed ogni altra sfumatura rintracciabile nel libro (e nei testi delle canzoni che abbiamo realizzato in parallelo) non sono altro che la naturale rappresentazione dell’essenza di quei personaggi e del modo in cui si muovono nelle Distanze o, nel caso del protagonista “Fluon”, tra Distanze e realtà.
Nel libro emergono temi come il desiderio di evasione, la decadenza e la lotta contro il vuoto interiore. Quali esperienze personali o osservazioni del mondo vi hanno ispirato a esplorare queste tematiche?
Andy: Più che evasione, penso che sia maggiormente presente il desiderio di immersione e riflessione su ciò che avviene dentro di noi, utile a trasformare ciò che avviene fuori da noi.
Lory: Sono perfettamente d’accordo nel dire che il viaggio è dentro noi stessi. È da lì che abbiamo deciso di partire per provare a rileggere un presente che, in molti modi, non ci rappresenta e non rispecchia nemmeno gli ideali per i quali abbiamo sempre vissuto e lottato. Ricostruire immaginando piuttosto che fuggire è la strada che abbiamo deciso di condividere con chi desidera avvicinarsi a questo lavoro.
Il videoclip del singolo è stato girato a San Diego e mostra una realtà colpita dall’indigenza. Come si collega questa scelta visiva con i temi trattati nel libro?
Andy: A mio parere gli Stati Uniti rappresentano la forma più grave di avvilimento dell’essere umano. La disuguaglianza determinata dal denaro e dalla continua menzogna sociale ”pseudo democrazia” o “sogni da inseguire”, diventa uno spaccato perfetto per la narrazione.
Lory: È quella una realtà che ci sta a cuore raccontare e che basta osservare da vicino (anche incontrando e parlando con chi la vive) per rendersi conto che è più vicina e “possibile” di quello che siamo portati a immaginare. Molte di quelle persone vivono le nostre stesse lotte quotidiane e questo fa comprendere quanto il contesto, certe scelte, ma soprattutto la mancanza di supporto da ciò che ti circonda, possa influire sulla tua vita. È stato il punto di partenza per immaginare il bianco e nero in cui si apre il romanzo.
Il personaggio protagonista sembra trovarsi in una costante ricerca di identità e riconciliazione tra il sé interiore e il mondo esterno. Quanto di voi stessi avete riversato nel protagonista?
Andy: Per quel che mi riguarda c’è un parallelo quotidiano tra il protagonista del romanzo e quello che vivo. A tratti sembra un’autobiografia psicotica.
Lory: Ho chiaramente pensato molto a Andy scrivendo di Fluon, ma alla fine non vi è narrazione che non venga influenzata anche dallo stato d’animo e dalla storia personale di chi scrive. Penso che il tratto del protagonista che riguarda di più entrambi sia la sua tenacia, il desiderio di tenere vivo il sogno.
Il progetto include anche un’esperienza live che mescola concerto, teatro, installazione e DJ set. Come immaginate che questo approccio multimediale arricchisca la fruizione del pubblico?
Andy: Stiamo per costruire uno spettacolo multidisciplinare perché ci rappresenta, perché siamo creativi in diverse discipline. Penso che sia un modo interessante e divertente di avvicinare il pubblico al romanzo. A mio parere spesso le presentazioni di libri, salvo rari casi, sono avvolte da un alone di noia che non vorrei mai nel nostro caso.
Lory: Ho sempre amato far dialogare musica e narrativa e creare spettacoli a cavallo tra teatro e concerto. Con questo lavoro condiviso credo ci spingeremo anche oltre per avventurarci, assieme al pubblico, nel cuore della narrazione.Il libro è ricco di immagini potenti, tra cui il riferimento al “vento pieno di nuova speranza” e alle “strade smarrite nei colori”. Come avete utilizzato l’immaginazione per costruire questi paesaggi emotivi e visivi?
Andy: Durante le esperienze meditative o le pratiche di alterazioni dello stato di coscienza si vive spesso la sensazione di essere avvolti da un vento forte o da strade che, a un certo punto, non hanno più una direzione precisa e si perdono nei colori. Oltre all’immaginazione c’è quindi un lato esperienziale che mi permette di riconoscermi all’interno della narrazione di Lory.
Lory: Nel momento in cui si è compartecipi dello stesso immaginario, certe suggestioni affiorano in autonomia alla coscienza. Personalmente quando inizio a scrivere so qual è la strada da percorrere (la scansione cronologica degli eventi e il divenire narrativo), ma non ho la più pallida idea di quali immagini mi raggiungeranno, adatte a descrivere quel flusso di eventi che diventa inevitabilmente anche un flusso di coscienza.
Guardando al futuro, vedete “L’ora delle distanze” come un progetto isolato o come il punto di partenza per ulteriori collaborazioni artistiche tra voi?
Andy: Vedo il progetto come il risultato dell’abbattimento dei tempi tecnici e dei problemi aggiunti. Un altro modo per quel che mi riguarda di concretizzare le idee. L’entusiasmo dell’editore, del discografico e la complicità con Lory mi fa sognare una continuazione.
Lory: Ritrovarsi a condividere un percorso in modo così spontaneo, alimentando e arricchendo vicendevolmente il risultato finale è cosa preziosa e ha una forza difficile da spiegare a parole. Innescare questo tipo di sinergie, per mia esperienza, è cosa piuttosto rara e mi fa quindi auspicare che questo progetto sia il primo capitolo di un lungo viaggio condiviso.
QUI l’articolo originale: https://offtopicmagazine.net/2024/10/12/andy-e-lory-muratti-intervista/
Su «Modulazioni Temporali»
Il 17 settembre è uscito in libreria, in radio e in digitale “L’ora delle distanze”, romanzo edito da Miraggi Edizioni, ma anche titolo del singolo pubblicato da Riff Records. Gli artefici di questo splendido lavoro che unisce letteratura, pittura e musica, sono Lory Muratti e Andy dei Bluvertigo. Un progetto sui generis molto affascinante, “un viaggio psychofantasy, dark e pop”. Lory Muratti ha scritto il libro ispirandosi ai quadri visionari di Andy, e insieme i due artisti hanno scritto e arrangiato il singolo omonimo. Un lavoro molto potente, di cui abbiamo parlato con i diretti interessati per avere ulteriori approfondimenti.
Ciao Lory, ciao Andy, iniziamo parlando di voi due: vi conoscete da tanto tempo? So che nel 2007 Andy partecipò con un assolo di sax al disco “Hotel Lamemoria” di Tibe, il nome che usava Lory a quel tempo.
ANDY: Ci conosciamo da molto prima, intorno agli anni 2000. Il soggetto del libro nasce in quegli anni e poi è stato sviluppato nel tempo. Ho iniziato a frequentare Lory grazie agli H Park: sviluppavamo contemporaneamente il discorso di casa-laboratorio, ovvero posti condivisi in cui ognuno, con la propria competenza e la propria passione, poteva unire le forze e creare una sinergia: artisti, musicisti, fonici, allestitori, videomaker, ecc. L’idea era quella di lavorare in collettivo, io con Reset House e successivamente con il laboratorio Flu-On, e Lory con gli H Park. Ci siamo subito trovati in linea come modo di vivere e di concepire la creatività, ed è bello ritrovarsi ora da vecchi ed essere ancora più entusiasti di questo, perché finalmente, unendo le forze, è venuto fuori un libro vero e proprio, stampato, cartaceo. È un bellissimo momento di condivisione.
La sinergia tra voi due si sente molto. Il protagonista del libro si divide a metà: di giorno è il Pusher del Colore, in un mondo in bianco e nero, mentre di notte diventa Fluon. Sembra un vostro alter-ego.
ANDY: Sì, con tutte le nostre psicosi. A tratti sembra un’autobiografia, io mi sento molto rappresentato all’interno del racconto, non è solo l’aver fatto i dipinti che hanno mosso il decorso narrativo.
LORY: L’idea era proprio di raccontare di questo alter-ego di Andy, che lui aveva immaginato dando un nome al personaggio, ma anche al suo laboratorio in quel periodo, Flu-On appunto. Poi è chiaro che in ogni narrazione l’autore finisce col mettere degli aspetti del sé. Fra l’inizio del libro, il mondo in bianco e nero, e l’immersione nel colore nel mondo delle Distanze, quindi tra il Pusher del Colore e il Fluon notturno nella sua massima manifestazione, c’è un po’ di legame con quello che noi siamo. Io mi riconosco molto nell’incipit del libro, dove emerge un po’ di più la mia sensibilità rispetto alle cose che mi circondano e il modo che ho di guardarle. Ma nella parte in cui viene descritta la trasfusione del colore che porta all’immersione nel mondo delle Distanze, dove compare Fluon nella sua versione più intima, mi sono calato nei panni di Andy-personaggio, dell’Andy in una sorta di Cartoonia, cioè quel luogo-non luogo in cui io ho immaginato di calarmi i suoi dipinti per far muovere i personaggi che lui disegna come se fossi nei suoi panni. In questo processo c’è stata una forma di simpatica schizofrenia: io sono uscito un po’ da me per entrare in lui e contestualmente i suoi personaggi sono diventati simbolicamente delle marionette da far muovere per me in maniera molto stimolante.
Il libro inizia con una frase potentissima, che è anche il primo verso del brano “L’ora delle Distanze”, ovvero “un mondo annoiato dai sogni è un mondo da far saltare per aria”. Mi trovo d’accordo con questa affermazione, mi reputo anche io una sognatrice. Andando avanti, i versi dicono “noi invece, stupidi idioti, ci siamo rimessi di nuovo al lavoro […]”: gli “stupidi idioti” sarebbero i sognatori?
LORY: Ovviamente è provocatorio, non c’è un giudizio, è un darsi dello stupido da solo, perché ci si ostina a portare avanti una missione matta, della quale non si può fare a meno. Anche se il mondo attorno è completamente corrotto verso altre direzioni, lo stupido idiota si mette di nuovo al lavoro, anche se non lo pagano, va avanti imperterrito.
ANDY: In realtà il sogno e la visione sovrastano il lamento, molto spesso siamo contornati da una sorta di malcontento, ma nella consapevolezza di questo profondo grigiore o desolatezza, noi ci sentiamo colorati, non ci risuona il lamento.
LORY: Siamo consapevoli che le cose non vanno bene, ma senza soccombere a questa evidenza, la descriviamo per andare avanti. Anche il videoclip ha questo tipo di intenzione: non vuole essere pesante nell’accezione del dover fare i depressi perché qualcosa non va per il verso giusto, è prendere coscienza di questo, per poter andare comunque avanti. Non è un’accusa fine a se stessa.
ANDY: È il primo step del 45 giri, indica l’inizio del libro, per questo il video è prevalentemente in bianco e nero. L’altro lato del 45 giri con l’altra canzone “La caduta” sarà invece l’immersione in questa Cartoonia che io ho sempre cercato di visualizzare nel mio modo di dipingere. Non faccio parte di quegli artisti di arte contemporanea con un concetto profondo, non faccio arte concettuale, faccio pop art. Ho sempre definito la mia pittura come una realtà parallela a Cartoonia, e con la narrazione del libro Lory è riuscito a trasformare il percorso pittorico, anche con dipinti che avevo dimenticato di aver fatto, e ha dato loro un senso, ha creato il fil rouge di una vicenda che si muove all’interno dei quadri.
QUI l’articolo originale: https://www.modulazionitemporali.it/attenzione-e-lora-delle-distanze-intervista-a-lory-muratti-e-andy-dei-bluvertigo/
È disponibile in libreria, in radio e disponibile in digitale “L’ORA DELLE DISTANZE”,
il romanzo edito da Miraggi Edizioni e l’omonimo singolo, pubblicato da Riff Records:
https://linktr.ee/muratti_andy
È online anche il videoclip del brano visibile al seguente link:
LORY MURATTI & ANDY DEI BLUVERTIGO tornano assieme sulle scene con un
libro illustrato e un 45 giri che compongono un progetto fuori dagli schemi nato dalla
voglia di “immaginare un presente dove i sogni e il colore resistono contro una
realtà sempre più corrotta e in bianco e nero”.
“L’ora delle distanze” è un viaggio psychofantasy, dark e pop al contempo in cui
musica, letteratura e pittura si fondono. Un libro scritto da Lory Muratti, ispirato e
illustrato dai quadri visionari di Andy che è anche un disco: un 45 giri (disponibile da
Ottobre su vinile colorato) anticipato dal primo omonimo singolo.
Il testo del brano è direttamente estrapolato dalle pagine del libro e riecheggia nelle
immagini del videoclip, diretto da Lory Muratti e girato a San Diego. È lì che i due
artisti hanno voluto raccogliere un documento visivo che racconta di una nuova, dilagante
indigenza. Come loro stessi raccontano:
“Ci siamo mossi fra strade che hanno smarrito i colori e si sono riempite di persone
che non hanno più nulla. Lì abbiamo immaginato una realtà parallela, un mondo
surreale dove soffia un vento pieno di nuova speranza”.
Partendo da qui, Muratti e Andy si sono messi idealmente in viaggio verso “Le
distanze”, luogo-non luogo in cui si svolge la storia che hanno raccontato, con parole,
musica e visioni, tra le pagine del libro e nel singolo che ne accompagna l’uscita.
Prende così vita un avvincente racconto ambientato in una “contro-realtà” fatta di
personaggi post-punk, glamour e rock’n’roll, coloratissimi, irriverenti e
imprevedibili. Un’opera inconsueta nata dentro un immaginario che i due hanno a lungo
condiviso fino a trovare il momento adatto per dare voce a un comune sentire.
Un progetto che si appresta a diventare anche un evento live in equilibrio tra
concerto, teatro, installazione e Dj set. Un’esperienza multimediale pensata per
coinvolgere più sensi e per essere vissuta in profondità.
Lory Muratti è scrittore, musicista, regista, attore e dj. Nel 2005 pubblica il romanzo
d’esordio “Valido per due” a cui fa seguito il libro+disco “Hotel Lamemoria” (2007)
entrambi editi sotto lo pseudonimo “Tibe”. Musica e narrativa continuano a incontrarsi
nelle sue opere con i successivi “Scintilla” (2013), “Lettere da Altrove” (2020) e
“Torno per dirvi tutto” (2022). Sul fronte visivo si occupa di video-arte e videoclip
musicali. Le sue installazioni come sound designer lo hanno portato fino a “Luminale
Frankfurt 2010” e “Biennale di Venezia 2011”. Sviluppa i suoi progetti all’interno del
laboratorio creativo e casa di produzione “the house of love” che dirige in un ex
ricovero barche affacciato sulle sponde del Lago di Monate.
Andy è musicista, pittore, dj e produttore. Nei primi anni ’90 fonda con Morgan i
“Bluvertigo” con i quali pubblica tre album, un disco live (MTV Storytellers) e una
raccolta di successi conquistando un “MTV Music Awards” e rendendosi protagonista
d i numerosi tour, cinque partecipazioni al Festival di Sanremo e altrettante al
concerto del Primo Maggio.
Opinionista televisivo, dj nei club e nei festival di tutta Italia, produttore di band emergenti,
è da sempre attratto dalle arti figurative. L’originale rappresentazione della
contemporaneità attraverso l’uso del colore fluorescente, centro vitale della sua
diversificata produzione artistica, gli ha consentito di raggiungere un successo
internazionale valendogli collaborazioni con marchi quali Coveri, Carlsberg, Iceberg,
Redbull, Fiat, Huawei e molti altri.
www.lorymuratti.com
www.ndbluvertigo.com
www.facebook.com/lorymuratti
www.facebook.com/andybluvertigo
Instagram: @lorymuratti – @andy_bluvertigo
QUI l’articolo originale: https://www.lagentechepiace.it/lory-muratti-andy-bluvertigo-lora-delle-distanze/
Un libro, un 45 giri e le illustrazioni dell’ex tastierista dei Bluvertigo. «Si può restituire colore a un mondo che pare ormai annoiato dai sogni»
Il disco e il libro illustrato “L’ora delle distanze”, un viaggio psichedelico per riappropriarsi della capacità di sognare.
Scorrono le immagini di un videoclip. Una San Diego in bianco e nero, piatta, anonima, quasi non esistesse distinzione fra il giorno e la notte. Auto della polizia agli angoli delle strade, bolidi che sfrecciano sull’asfalto, esseri umani che si aggirano sui marciapiedi come angeli smarriti, senza un paradiso al quale ritornare. Ma quel luogo “dove” esiste ed è il momento di rientrarvi per sfuggire a un mondo ormai annoiato dai sogni. Quell’altrove, ci rivelano Lory Muratti e Andy, si chiama Distanze. Un paradosso, ma è proprio tale cortocircuito logico alla base di “L’ora delle distanze”, nuovo progetto dell’artista varesino, prodotto da The House of Love, che ha trovato il partner ideale nel tastierista e fondatore dei Bluvertigo per dare un’ulteriore dimensione al proprio poliedrico percorso. Un libro (Miraggi Edizioni), un disco (Riff Records) e un videoclip diretto dallo stesso Muratti come da anni nella sua urgenza creativa, ma questa volta, la pagina scritta è accompagnata da illustrazioni del suo co-autore, anche apprezzato esponente della pop art contemporanea. L’incontro con i due artisti è l’occasione per raccontare un progetto affascinante e per comprendere questo paradosso: «Nella vita reale le distanze sono ciò che ci tiene lontani, ma nel mondo evocato da quest’opera hanno il valore opposto, sono quell’altrove nel quale recuperare i colori del proprio essere vivi», affermano all’unisono perché mai come in questo caso si può parlare di arte a due voci nella quale si miscelano sensibilità che hanno trovato il loro punto d’incontro in quest’opera.
Urge un passo indietro, a una notte dell’inverno 2008 nella quale Andy e Lory si trovano esclusi dal mondo da una nevicata: «Avevo un soggetto per un cortometraggio – spiega Andy – che immaginava un protagonista proiettato all’interno dei miei quadri, in quella che ho sempre considerato una personale Cartoonia. Quella notte ne parlammo e l’idea rimase, mai veramente sopita ma pronta a trovare concretezza in un momento preciso». Aprile 2024: ecco l’ispirazione, un filo rosso narrativo che il Muratti scrittore ha colto in quadri che «per me – spiega Andy – erano opere non connesse fra loro, archiviate da anni» ma «figlie tutte della sua sensibilità», aggiunge Muratti. E così (ri)nasce Fluon, nome che ha un peso nella storia artistica di Andy. È lui il protagonista del libro, il “pusher del colore” che, incaricato da una donna misteriosa al telefono, porta note cromatiche in esistenze in bianco e nero. Ma, quando la giornata termina, Fluon ha bisogno di rigenerarsi con un viaggio in un luogo fatto di colore chiamato Distanze. E a introdurlo, per due musicisti, non poteva che essere un brano secondo una formula inedita: quella di un 45 giri in vinile, pubblicato lo scorso 4 ottobre, che fa idealmente da copertina attraverso la title track e da retrocopertina con il lato B dal titolo “La caduta”. «La fruizione lato A-libro-lato B può essere un buon percorso», spiega Andy e gli fa eco Muratti: «Solitamente il mio concept disco-libro era basato sulla complementarietà, mentre in questo caso i due feticci si completano». E il termine feticcio non è casuale, perché si parla di oggetti fisici che fanno da punto di contatto fra il mondo reale e quello creato dagli artisti: «È proprio questo il percorso del quale parliamo, non c’è la pretesa di lanciare messaggi – osserva Andy -. Semmai il proposito è quello di invitare chi si avvicinerà a “L’ora delle distanze” a compiere con noi un viaggio nella propria interiorità per uscire dalla decadenza che ci circonda e recuperare i colori del proprio essere umani. Perché, non è scontato, è possibile farlo». In un passaggio di “L’ora delle distanze” Lory Muratti e Andy affermano: «Qui nella controcorrente ci sentiamo gli stessi di prima ma siamo danneggiati». Ecco, forse, attraverso questo viaggio psichedelico, si può provare a riparare un po’ di quel danno.
QUI l’articolo originale: https://www.prealpina.it/pages/attenzione-a-giunta-lora-delle-distanze-355385.html
di Chiara D’Ippolito
Leggere i romanzi di Sergio La Chiusa è un esercizio di equilibrio. Vuo dire camminare su un filo sottilissimo – quello che separa ciò che reale da ciò che non lo è– cercando di rimanere in piedi, ma finendo irrimediabilmente per cadere. Cadere in uno spazio dove l’adesione alla realtà cede di continuo il passo all’immaginazione e all’invenzione, e viceversa. accadeva nell’esordio IPellicani, menzione Treccani alla XXXii edizione del Premio Calvino: “La distanza tra messinscena e vita vera è così sottile alle volte che si scivola da una parte all’altra senza nemmeno accorgersene”, diceva a un certo punto il protagonista, e accade in questo secondo romanzo, frutto di un lavoro di scrittura ventennale e sempre pubblicato da miraggi: “ma basta divagazioni. ipotesi, peraltro. mica fatti certi, indiscutibili. d’altronde, nella società dell’informazione non sono proprio i fatti a scomparire? tanto vale tornare alle nostre invenzioni, allora, riprendere il filo del romanzo…”, sentiamo dire quasi alla fine del libro al narratore. Un narratore che irrompe nel racconto, passa all’improvviso alla prima persona plurale, utilizzando un “noi” che trascina nel discorso se stesso e il lettore. e accompagna, anzi, insegue il protagonista – di nuovo, come nei Pellicani, un fallito sul piano sociale e professionale, “un personaggio incolore, una tipica risorsa in esubero” ma anche, per la sua aria pensierosa, un po’ sospetto “in questi tempi dominati da risorse umane pragmatiche, industriose e performanti” – in un viaggio-peregrinazione attraverso “la città delle opere” o “della moda e degli eventi”. Una metropoli “brulicante di affari e di futuro”, chiaramente milano, dove “non si può sostare da nessuna parte, (…), bisogna circolare sempre, e con una ragione precisa, e se proprio non si può circolare che perlomeno si marcisca in luogo appartato, deputato alla putrefazione”. e nella quale l’unico modo per riuscire a vedere, per farsi largo nella nebbia – quella interna, soprattutto, una nebbia che è “sparita dalla città delle opere, e a pensarci può darsi che si sia in effetti trasferita nella testa dei sui indaffarati abitanti” – è cogliere l’ambiguità intrinseca del mondo usando la lente dell’assurdo, dell’ironia e dello humour. e qui il pensiero corre immediatamente alle possibili origini di questa storia, ossia a quei segni che, nel saggio L’artedelromanzo, milan Kundera ha identificato come distintivi del romanzo moderno: lo “spirito dello humour” e la “saggezza dell’incertezza”. Non appena “il nostro protagonista” – che, non a caso, di nome fa Ulisse orsini ed è un vero e proprio cavaliere errante del nostro tempo, affetto da una cupa stanchezza esistenziale, indebitato e a rischio di sfratto – esce di casa per andare in banca a ritirare gli ultimi risparmi, pagare i debiti e “mettersi in regola col mondo, guardare tutti a testa alta”, ci accorgiamo infatti che la città in cui lo vedremo camminare seguendo “l’istinto di cancellazione” è raccontata intendendo “il mondo come ambiguità”, accentando il fatto di “dover affrontare invece che una sola verità assoluta, una quantità di verità relative che si contraddicono (verità incarnate in una serie di io immaginari chiamati personaggi)”.
E quindi, ecco che La Chiusa, facendoci pedinare orsini, servendosi di un umorismo a volte feroce e a volte amaro, di una lingua che magicamente sa essere allo stesso tempo limpida, asciutta, densa, allusiva, colta, triviale, ci fa entrare in quello spazio del quale si diceva all’inizio. Uno spazio dove è facilissimo perdere le coordinate del reale e lo spaesamento la fa da padrone. Una città dove l’unico punto di riferimento solido, il duomo, con i sui pinnacoli che svettano oltre la luce gassosa della modernità, è diventato “un monumento variabile, smontabile e rimontabile secondo la moda e la domanda del mercato”. Un mondo dove i luoghi appartenenti a una dimensione altra – di volta in volta surreale, grottesca, infernale – e le presenze enigmatiche e allucinatorie – una Venere dell’immondizia trasandata, indisciplinata e licenziosa, le ombre che frequentano un condominio-bordello del centro – sembrano manifestarsi per dirci com’è la nostra esistenza, per spiegarci la realtà assurda e insostenibile in cui viviamo. e così, si parte dall’ultimo piano di un palazzo fatiscente e dallo studio del dottor Guido Klammermann, al quale orsini è arrivato su suggerimento di un condomino solerte e il cui pianerottolo è zeppo di personaggi dall’aria derelitta. si passa per il corteo funebre di un morto prematuro – sebbene i morti abbiano compreso di stridere con l’immagine moderna della città delle opere, “tali testardi sabotatori dell’ottimismo non conoscono recessioni” – e per la “corsia degli incurabili” di un ospedale che non guarisce nessuno e ti mette di fronte al tuo “stato di spettro ambulante scomposto e replicato”. Fino ad arrivare – insieme a un orsini in pigiama, con una valigia piena di biancheria e senza documenti, “ed eccolo agitarsi, Ulisse, sentirsi perduto, preso nella massa anonima dei profughi” – al luogo centrale di questo romanzo: il cimitero delle macchine, collina di rottami e di rifiuti anche e soprattutto umani, rifugio di un gruppo di antispeciste per cui i diritti umani valgono anche per i moscerini, di una “tardona” naturista incinta di un imbrattamuri, sede di un movimento di piromani ragazzini e regno incontrastato dell’imbianchino Lazzaro Lanza, sedicente riformatore del mondo, messia che, seduto su un bidet incastrato in un monticello di ceramica, predica di “poter costruire ponti ideologici e spirituali” per traversare il tempo e tornare a quando “si viveva tutti in pace, nel giardino dell’eden”.
Ed è in questo “paesaggio degenere, anzi, un’anteprima della fine dei tempi” che, alla fine di un corteo molto simile a una via crucis per il centro della città, prima dell’ennesima fuga di Ulisse orsini, capiamo due cose: non solo a stare in equilibrio sul filo teso tra reale e non reale, ma soprattutto che, in libreria, vorremo molti più romanzi come questo: perché ci mostra che è possibile abbandonare il dominio assoluto del realismo e, allontanandosi dalla mera cronaca, dai fatti, servirsi dell’inverosimiglianza per illuminare i meccanismi del reale.
di Alessandro Catalano
La ceca Radka Denemarková costruisce un romanzo fluviale su più piani narrativi che è un atto d’accusa contro i totalitarismi.
La Cina è uno splendido campo di concentramento dal confini impermeabili, la Cina e un giardino fiorito, e non è una contraddizione», grida un’artista nel corso di uno del tanti incontri del peculiare diario di viaggio nell’anima dell’Europa e nell’anima di un pezzo d’Asta» di Scrittrice, la protagonista del ro manzo Le ore di piombo, Radka Denemarková, apprezzata intellettuale ceca, non sfuggite certo i temi controversi. Versatile autrice che vuole «svincolarsi dalle catene della mia lingua, del mio sesso, del mio Paese e della mia epoca », Denemarková è una delle voci più originali dell’attuale letteratura ceca. Arriva ora nelle librerie il violento atto d’accusa Le ore di piombo, con cui Denemarková ha vinto nel 2019, per la quarta vol-ta, il più importante premio letterario ceco, Magnesia Litera. Monumentale alfresco narrativo traboccante di riferimenti culturali, Il romanzo riprende nel titolo una poesia di Emily Dickinson sui momenti fatali che trasformano i destini individuali. Fatale ha del resto un duplice significato: il piombo è una sostanza che avvelena lentamente. Denemarková stessa ne ha paragonato la scrittura alla costruzione di un tempio. Le ore di piombo è un ro manzo che ricorda l’arte raffinata della calligrafia cinese. L’ampiezza e la densità del testo hanno rappresentato una sfida editoriale vinta sia per l’editore che per l’ammirevole traduttrice.
Abbiamo di fronte un’opera che si dilata nello spazio e nel tempo, basata sulle vicende di una serie di personaggi che esplorano variazioni esistenziali della stessa situazione: Scrittrice, Programmatore, sua moglie e la figlia Olivie, Amico, Marziano e la sua famiglia, Diplomati-co, Ragazza Cinese e Madre Cinese, Avvocato, Studentessa America-na, Pittore, Arrampicatore. Sulle pagine del romanzo si dipanano sotto lo sguardo attento della polizia segreta cinese, ambigui e spesso patologici legami, piccoli intrighi quotidiani e scambi di parole prive di contenuto. Il destino di questi lugubri personaggi è quello ti trovarsi di fronte alla loro ora del la verità, che per qualcuno porterà a scene di violenza familiari o alla fuga verso oriente, per altri alla dittatura dei rituali domestici o anche a un braccialetto spia. Più che un romanzo sulla Cina, abbiamo di fronte uno specchio, una luce sconsolata puntata sul labirinto di rap porti servili che legano gli europei alla Cina, che spesso mascherano solo sete di profitto.
E possibile resistere in «un’epoca in cui qualcosa di essenziale sì sta sfaldando e trasformando»? È giunta per la cultura europea l’ora fatale? Di fronte all’onnipresente paura della società cinese torna attuale la questione della battaglia spesso vana contro la propaganda (anche russa) e in favore dei diritti umani, qui personificata dal lascito ideale di Václav Havel. Dopo ripetuti soggiorni a Pechino, certo non sorprende che l’autrice sia stata bandita dal Paese per i suol contatti con la locale scena dissidente del manifesto Charta 08, che si rt-collegava alla cecoslovacca Charta 77. In quella che è forse la più inquietante linea narrativa del romanzo, per colpa di Scrittrice quest’eredità contagia Ragazza Cinese, ma la sua rivolta conduce solo alla sua esecuzione, dopo l’asportazione del reni, merce pregiata sul mercato nero degli organi. La persecuzione dei “non rieducabili” come lei si svolge davanti all’indifferenza generale, rimarcata dalle reiterate conversazioni da salotto de gli europei che contano: «Gradisce un altro bicchiere? E la sua prima volta in Cina? Com’è andato il volo? Le piace la Cina?-. In questo squallido panorama di maschi predatori e donne superficiali sembra no tutti concentrati sulla propria scalata sociale, Tra le pochissime eccezioni, Olivia e David, giovani outsider sui quali si riflettono le malattie del presente. Sulla propria pelle vivono invece la minaccia alla libertà le gazze azzurre che combattono nei cieli una battaglia impari con le cornacchie nere (‘on-nipresente polizia segreta?), e il gatto millenario Arancio e il suo discepolo Mansur, che attraversano la storia, osservando i travagli dell’uomo con sempre maggiore disincanto.
Radka Denemarková descrive un’umanità moribonda, che avreb be urgente «bisogno di una trasfusione» perché «nel suo sangue circolano liberamente i virus dell’anti-semitismo e del razzismo. La narrazione avanza per microsituazioni, per accumulazione di storie, ognuna delle quali avrebbe potuto rappresentare materiale sufficiente per una novella. Anche per questo Scrittrice può affermare a buon diritto che «probabilmente non troverò mai più l’energia per scrivere un libro come questo».
di Laura Ghidini
Il cimitero delle macchine di Sergio La Chiusa è un romanzo coinvolgente nel senso più stretto del termine: l’autore usando la prima persona plurale, fa sembrare che il protagonista e la sua storia siano nelle mani del lettore e che insieme lo si plasmi e ne si diriga le sorti, in una sorta di Truman show di tempi moderni.
Un modo davvero inusuale e “furbo” per farci sentire parteci del destino del nostro eroe.
“L’ abbiamo detto che è solo? No? Lo diciamo adesso e anzi, dato che la famiglia è un impaccio per il nostro romanzo, diciamo pure che ha perso entrambi i genitori così ci siamo levati di dosso un po’ di zavorra biografica”.
Il nostro protagonista (ecco, ho ceduto alle lusinghe dell’autore cadendo nel suo tranello) si chiama Ulisse Orsini.
Un nome impegnativo che suppone una vita movimentata fatta di viaggi, avventure e incontri.
Ma più che al famoso progenio, il nostro Ulisse sembra più un Don Chisciotte de nojaltri.
Siamo stati davvero ingenerosi con il nostro protagonista (ops, ci sono cascata di nuovo)… abbiamo deciso debba essere troppo lungo e magro con braccia e gambe svitate e scricchiolanti.
Imbranato, sfigato, cammina sfruttando la striscia d’ombra lungo i muri in balia di persone ed eventi.
E infatti quando il poveretto si trova improvvisamente disoccupato, sfrattato e senza un soldo, non trova di meglio da fare che errare in pigiama per una Milano che La Chiusa fa sembrare post apocalittica, con una valigia piena di tutto ciò che gli resta: la sua biancheria intima.
Con una scrittura originale e una creatività espressiva tragico/umoristica, faremo scoprire al nostro (!) Ulisse nel suo vagabondare tra emarginati, Guru e fuori di testa che vogliono salvare il mondo, lo stridente contrasto tra edifici sciccosi su cui troneggiano le pubblicità patinate con modelli vestiti all’ultima moda e gli ambienti in cui si trovano a galleggiare i derelitti che, inevitabilmente, escono nelle tenebre e coi quali si accompagnerà.
Viene rapito e liberato, si unisce ai salvatori e alla loro lotta per sopravvivenza dell’umanità partecipando a improbabili cortei, diffondendo volantini “Anche tu puoi riformare il mondo. Movimento di Lazzaro Lanza imbianchino e riformatore del mondo. Per informazioni tel xxx disponibile anche per tinteggiature”, brucia auto contro il sistema capitalistico.
È preso da un vortice. È questo il vero lui o quello pacato e mite del prima?
D’altra parte è solo al mondo, l’Orsini.
“Pedagoghi tutti intorno a sostenere i primi passi: madri, padri, maestri d’asilo e delle elementari, insegnanti di italiano e matematica, di sostegno per i più riluttanti, e più avanti, per farsi strada in società, tutta una serie di tutori patrocinatori che indirizzano, raccomandano, procurano posti. Ulisse Orsini, invece, non ha nessuno cui rivolgersi. Non ha avuto il privilegio di un Dante per esempio: Nel mezzo del cammino della vita non si è presentato il suo idolo di gioventù uscito da un poster a prestargli soccorso nella selva di rate e bollette, tirarlo fuori dal suo monolocale in affitto e organizzargli un percorso di conoscenza articolato in tre cantiche e Cento Canti in terzine endecasillabi”.
Ma il nostro protagonista è più duro di quanto pensiamo e “tiene botta” negli incontri a volte aspri con il popolo del cimitero delle macchine nel quale trova accoglienza e rifugio.
Probabilmente fa suo il detto “Se non li puoi sconfiggere unisciti a loro” pur non essendo previsto dal nostro copione.
E torniamo al Truman show.
Ce la farà a emergere dall’incubo in cui lo abbiamo gettato?
QUI l’articolo originale: https://www.exlibris20.it/il-cimitero-delle-macchine-di-sergio-la-chiusa/
di Federico Preziosi
Titolo emblematico, tematica attuale, storia antica. No, non è una nuova puntata editoriale sul conflitto russo-ucraino o israeliano-palestinese che angoscia i nostri giorni, sebbene i due principali focolai del presente abbiano molta attinenza con i contenuti di questo libro. Malapace (Miraggi) è un romanzo nato dalla riformulazione di uno scenario storico non molto approfondito in verità tra i banchi di scuola. Parliamo della Francia della Repubblica di Vichy, argomento che l’autrice, Francesca Veltri, ha affrontato per ragioni professionali.
Come l’Italia, anche se per diverse dinamiche, la Repubblica transalpina era divisa in due parti durante la Seconda Guerra Mondiale, in un arco di tempo che va dal 1940 al 1945, ben più lungo rispetto alla separazione avvenuta di fatto all’indomani dell’8 settembre del 1943 sul territorio italiano. La parte meridionale della Francia, convenzionalmente chiamata Repubblica di Vichy, era di fatto un satellite del Terzo Reich sebbene si dichiarasse neutrale sulla carta. Dopo l’invasione nazista e l’occupazione del nord del paese, lo Stato francese aveva trovato un compromesso per sopravvivere in quanto entità politica e culturale, accettando una condizione di “malapace”, volendo estendere il titolo del libro al contesto storico fin da subito.
Fatte queste doverose seppure sbrigative premesse, il titolo dell’opera e l’ambito in cui la vicenda si snoda costituiscono elementi già sufficientemente precisi su cui incardinare qualche riflessione utile per il presente, perché in letteratura è necessaria una ricerca di natura esistenziale e spirituale: laddove l’attuale interroga il presente è necessario attingere al passato per poter arrivare a deduzioni più vaste e complete da parte della nostra coscienza.
Francesca Veltri ci guida in questo processo con ponderatezza, ma altrettanta decisione, e nel definire personaggi credibili, tra loro complementari eppure opposti, attraversa una serie di situazioni e stati d’animo talmente intricati da rendere così bene la tragedia che si consuma pagina dopo pagina. La Storia non può essere solo un fatto memoriale, si caratterizza per atti, azioni che in determinanti momenti vanno oltre le ideologie e le convinzioni personali. Pertanto non mi soffermerò sui caratteri principali dei protagonisti, preferisco lasciare al lettore l’onere di empatizzare con François, Antoine, Martine e Jean-Pierre; chi legge ha il diritto di regalarsi un giudizio pieno o parziale, riflettere doverosamente e vivere l’azione come se si svolgesse sulla propria pelle.
Da parte mia, invece, cercherò di addentrarmi nello spirito che caratterizza il romanzo e nella complessità che i contesti e le convinzioni personali generano, nell’intento di deragliare da un dibattito attuale dominato dall’opinionismo da talk show, più interessato a eccitare gli animi che a ragionare. Non è importante maturare immediatamente un’idea definita, questo non è un romanzo che intende osannare i vinti e crocifiggere i vincitori, ma è pur sempre un testo che ribadisce la labilità tra idea e coerenza al cospetto della necessità. Le parole di Francesca Veltri tentano di andare oltre determinate contrapposizioni, la Storia è terreno comune quando riesce a trovare, per quanto possibile, chiavi interpretative che sappiano infondere un senso di condivisione e appartenenza. Per certi versi tutti i personaggi del romanzo sono degli sconfitti, uomini e donne non privi di ingegno e di cultura, abitati da passioni incontenibili, da un senso di bene comune dai propositi nobilissimi. Eppure, qualcosa di più grande nelle loro vite incrina questo assetto di idee e i protagonisti si ritrovano a rivedere posizioni e lottare su postazioni divenute quasi irriconoscibili tenendo conto proprio dei presupposti iniziali. Si è spesso portati a ritenere che certi cambiamenti siano frutto del trasformismo e della convenienza personale, al contrario Malapace riesce a far emergere la perfetta buona fede delle parti, prigioniera nell’ineluttabilità degli errori dettati dalle contingenze, nonché dalle terribili conseguenze che il contesto politico e sociale impongono. Volendo trovare un parallelismo, oggi come allora ci si chiede se sia un bene sacrificare lo Stato, inteso come entità di valori e luogo di espressione collettiva, in nome di una non identificata sopravvivenza, chiamando con la parola pace un mero esistere. Ci si chiede se sia necessario ribadire i principi di libertà e combattere fino in fondo laddove le forze individuali e plurali possono arrivare o se non sia meglio cedere sul terreno dei diritti in funzione di uno stato di relativa quiete. Sono domande urgenti che da qualche anno a questa parte hanno ritrovato dimora nelle coscienze di molti. Mai come in questi tempi avvertiamo i confini sottili di una pace che in un nonnulla si converte in resa o addirittura prostrazione. Nulla di nuovo sotto al sole, è solo che a tali dinamiche del tutto comuni nella Storia ci eravamo disabituati per via di decenni di stabilità, crescita, fiducia e prosperità farcite da considerazioni storiche fatte con il senno del poi. Questo romanzo arriva a interrogarci su questioni delicatissime, sulla necessità di dover fare scelte dure, con consapevolezza e fuori dalla retorica nazionalista, pacifista o non interventista, andando verso le ragioni che spingono gli attori politici a muoversi e che determinano le misure del campo da gioco con o senza il consenso popolare.
Malapace non risparmia critiche alle dottrine politiche dell’epoca (i cui echi non si smarcano dall’attualità), non elude il processo di autocritica all’interno della trama in cui si muovono i personaggi: nello sfondo della vicenda si intravedono momenti dove le attuazioni delle utopie, nelle declinazioni più drammatiche, scuotono convinzioni granitiche mettendo a repentaglio valori personali, imprescindibili, e Francesca Veltri, atomizzando il proprio Io autoriale in varie creature letterarie riesce a entrare nel vivo di certi sentimenti attraverso una grande capacità di immedesimazione, strumento di cui la letteratura non dovrebbe fare a meno, in particolar modo in un’epoca in cui tutto viene polarizzato dall’esperienza personale e/o familiare, senza ricercare un senso più ampio dei contesti. In altre parole, si tratta di un romanzo che intende fare i conti con la Storia andando oltre le storie mettendo da parte la buona fede e l’appartenenza.
Termino questi spunti con un passo brevissimo, esempio di una capacità rappresentativa notevole da parte di Francesca Veltri, decisamente lucida e schietta nella narrazione, senza risultare tagliente in maniera forzata. La parte affilata di questa faccenda spetta al non detto, al silenzio, un invito a nozze per il lettore. A chi legge lascio le conclusioni.
«Immaginai Martine che usciva insieme alle SS da quella stessa porta, il cappotto sulle spalle perché all’Est avrebbe fatto freddo, un po’ curva sotto il peso della valigia, forse appena affannata, in viso la smorfia di sfida che le riusciva così bene. Mi chiesi se si fosse fermata a guardare per un attimo la donna che l’aveva venduta, prima che la portassero via.
Com’è che aveva detto a Jean-Pierre, in quel parco di Leningrado? Fammi vedere la faccia di quest’umanità per cui si fanno le rivoluzioni».
QUI l’articolo originale: https://www.exlibris20.it/malapace-di-francesca-veltri/?sfnsn=scwspmo&fbclid=IwY2xjawFdfxRleHRuA2FlbQIxMQABHURwkhV06RlA-MzFdg1jBXKG8KY0uDUV7TXKC9N6mmIJ4q46gIQ1hQnJ6w_aem_f27Wusj-KIrGYb4mYeuqTA
di Lorenzo Germano
Basta dire che il titolo proposto da Riccardo De Gennaro per il quarto piano (Miraggi) era la libreria, per capire a chi si rivolge questo romanzo: ai bibliofili e agli amanti della carta che non saprebbero vivere senza circondarsi di libri e di storie. Libro agile e vero divertissement per chi è capace di cogliere il gioco di sottili rimandi – ma non preoccupatevi, qualora non li individuiate tutti, nelle ultime pagine c’è un utile elenco di tutti i volumi citati -, l’ultima uscita del giornalista torinese è un duro attacco all’editoria contemporanea, per la quale il libro è divenuto merce e profitto, capace anche d’interrogare nel profondo ogni lettore sul ruolo che la letteratura riveste nella propria esistenza. Ponendo anche il dubbio che, a volte, sia meglio posare quanto si ha in mano per confrontarci con la realtà. Sempre che ci si riesca.
Mezzanotte tra gli scaffali
Protagonista è Giorgio Lanfranchi, cinquantenne mai sposato, non ha una fidanzata, non lavora e vive con gli anziani genitori, una madre succube e un padre burbero. Attanagliato dai giramenti di testa, ama la narrativa italiana dal ’67 al ’77 – come non vederci l’amore autobiografico di De Gennaro verso autori come Lucio Mastronardi, di cui ha curato una biografia e a cui il titolo è omaggio al tentato suicidio dal balcone del proprio appartamento
— e suole recarsi nella libreria sotto casa che, due giorni la settimana, apre fino a mezzanotte. Il romanzo prende avvio dalla magra cena da cui, irritato, Giorgio scappa e si rifugia per una sera nel suo luogo preferito. Una vicenda che seguiamo quasi in presa diretta, tanto il tempo di lettura si avvicina a quello delle vicissitudini surreali e divertenti tra gli scaffali. Ed è qui che si mostra ancora una volta il raffinato mondo narrativo dello scrittore torinese, che porta avanti un’opera compatta, tutta giocata in poche ore e personaggi.
L’industria della letteratura
L’ironia tagliente verso l’industria letteraria si perpetra in primis attraverso i personaggi. I commessi della libreria sono descritti come antipatici, ignoranti e digiuni di libri. Lo è la responsabile, che «avrebbe potuto lavorare come impiegata del catasto, nelle retrovie di un qualsivoglia ufficio» (p.46), e soprattutto Renzo, doppio di Giorgio, in quanto figlio unico che vive con i genitori e ha superato la soglia dei cinquant’anni, ma che si rivela un inetto totale nel mestiere di libraio. Contro di lui si scaglierà la foga del protagonista, picchiandolo e relegandolo in uno scantinato, e contro quei libri stupidi che, per una mera divisione alfabetica, finiscono vicini a veri capolavori: per loro andrebbero inseriti cartoncini divisori, è una delle proposte di Giorgio.
In questa discesa agli inferi tra personale squalificato e spreco di carta per volumi inutili, due sono le figure salvifiche, entrambe alla cassa o in giro per il locale: Maria, commessa che scrive romanzi, e Laura, ragazza di cui il protagonista era innamorato tra i banchi di scuola e che rivede dopo trentasei anni. Quest’ultimo incontro, forse onirico, anticipa un finale che sovverte l’ordine della trama e rivela la vera essenza del volume, ma di cui preferisco non fare spoiler.
QUI l’articolo originale: https://lemuseinquiete.it/de-gennaro-ovvero-la-vicenda-di-un-bibliofilo/
Da martedì 17 Settembre, è in libreria, in radio e disponibile in digitale “L’ORA DELLE DISTANZE”, il romanzo edito da Miraggi Edizioni e l’omonimo singolo, pubblicato da Riff Records: https://linktr.ee/muratti_andy