fbpx
Miraggi e Olmoti, “tra l’aorta e l’intenzione”

Miraggi e Olmoti, “tra l’aorta e l’intenzione”

di Stefania Bruno

Festa per i 15 anni di Miraggi Edizioni, dedicata a Giorgio Olmoti Magazzino sul Po/Salone OFF
Un sogno clandestino tra ‘stracci e ossa’ in musica e parole scritte, cantate, sognate

Giorgio e il suo inseparabile Nash

Il Salone del Libro 2025, sezione Off quest’anno ha ospitato tra i suoi eventi un racconto tra musica e storie dedicato al compleanno di Miraggi editore e alla figura di Giorgio Olmoti, scrittore e (anche) storico collaboratore de L’Isola che non c’era, recentemente scomparso, che mantiene vivo il suo ricordo con le parole scritte e cantate che in occasioni come questa fioriscono in nuove storie e canzoni per mano, strumenti e voce di molti amici scrittori e musicisti.

Ma prima di raccontare l’incontro dedicato ad Olmoti, una veloce ma doverosa panoramica su chi questo incontro l’ha ospitato. Miraggi dunque.

Nasce a Torino e debutta al Salone del libro nel 2010, non certo in sordina, e quest’anno festeggia in musica e parole i suoi 15 anni di resistenza sottotraccia e sottopelle. Un’editrice così non può nascere a caso, svanirebbe in un lampo. Miraggi editore nasce con un’idea fissa, anzi due, da un lato una maniacale cura redazionale e grafica, a cui si aggiunge uno stile progettuale subito riconoscibile, dall’altro la scelta di pubblicare libri che guardano a nuove tendenze e nuovi scenari in tutti i continenti. Sono tre i protagonisti di Miraggi: Alessandro De Vito (responsabile della collana Ceca), Fabio Mendolicchio e Davide Reina.

Ci sono testi nati in italiano e testi tradotti dal mondo, e tutte le collane fanno riferimento alla “letteratura di contrabbando”, a opere spesso censurate, nascoste, a volte proibite. Tra queste la collana di letteratura ceca NováVlna, ‘Nouvelle Vague’, chiaro riferimento alla libertà e creatività artistica degli anni della Primavera di Praga. Nata nel 2017 e attualmente unica nel panorama editoriale italiano, ha in De Vito un curatore d’eccezione, madrelingua, fine traduttore e profondo conoscitore della materia; poi la collana Tamizdat, termine che nel blocco comunista e in Urss indicava le opere straniere, per lo più occidentali, fatte circolare clandestinamente; Scafiblù, collana il cui nome prende spunto dalle imbarcazioni utilizzate per il contrabbando delle sigarette a Napoli, con autori italiani che, per stile e contenuti, seguono sempre vie non ordinarie, diffidando del canone, e infine Janus|Giano, la preziosa collana dedicata alle traduzioni con testo a fronte di poesia, prosa, lirica.

Miraggi è dunque per progetto e per scelta un editore sottotraccia, cammina e si muove con acuta determinazione in una direzione piuttosto ostinata restando nella cifra della qualità delle sue ricercate penne. I suoi autori portano ognuno il respiro di una letteratura senza confini, nell’idea, perfettamente espressa di recente da una delle autrici di punta dell’editrice, un’intellettuale lucidissima, Radka Denemarková, che esista LA LETTERATURA, che non ha bisogno di essere confinata in una lingua, in un luogo o in momento storico, in quanto capace di rompere ogni diaframma. Il suo meraviglioso ‘Ore di piombo’ testimonia bene questo sentire. “Viviamo il tempo degli oligarchi narcisisti, che considerano il mondo un giocattolo privato” dice, e ancora “Io sono una scrittrice e una cittadina, e il XX secolo ci ha insegnato che il diritto di criticare è importantissimo. Un diritto che da una parte fa paura, ma dall’altra costituisce la nostra grande forza. Ha notato che una delle prime misure messe in atto da tutti i sistemi autoritari è quella di condizionare gli scrittori? Perché rappresentano lo specchio del potere. La censura è sempre tragica, ma allo stesso tempo è anche una buona notizia: significa che la voce della letteratura è ancora forte”.

E poi il tema dei diritti, dell’ascolto, della cura, e la letteratura per Miraggi è tutto questo. Sempre coltivando le produzioni dal basso, quelle che non passano dai grandi media, quelle che non hanno canali social e vetrine che portano storia e vite di margine, non per contenuti ma per scelta sociale. Margine è essere e sentirsi clandestini alla Manu Chao, non dimenticare i rumori di fondo, far passare le parole oltre le lacche e le cronache effimere, gettare ponti per mondi letterari in comunicazione, e letteratura sono anche le parole delle canzoni, i testi di un fumetto, letteratura sono le narrazioni che vogliono arrivare e che portano l’energia della comunicazione, la parola e la musica. Infatti Miraggi ospita sovente tra le sue pagine scrittori che si occupano anche della scrittura di testi di canzoni, perchè la convinzione che abbiamo è che i mondi siano contigui e senza filtro o pareti.  Margine è essere e sentirsi clandestini alla Manu Chao, non dimenticare i rumori di fondo, far passare le parole oltre le lacche e le cronache effimere e gettare ponti per mondi letterari in comunicazione, e letteratura sono anche le parole delle canzoni, i testi di un fumetto, letteratura sono le narrazioni che voglio arrivare e che portano l’energia della comunicazione, la parola e la musica. Infatti Miraggi ospita sovente tra le sue pagine scrittori che si occupano anche della scrittura di testi di canzoni, perché la convinzione che abbiamo è che i mondi siano contigui e senza filtro e pareti.

C’è il mondo intero nelle pagine di Miraggi, il mondo nelle storie di Luca Ragagnin, proposto allo Strega nel 2019 da Alessandro Barbero con il suo ‘Pontescuro’, o con il suo ‘Bambino intermittente’in quelle di celiniana memoria di profondi confini interiori e di deserti abitati da dolenti umanità di Giorgio Olmoti, con il suo ‘Stracci e ossa’, o ancora di Luca Quarin con ‘Di sangue e di ferro’ (qui insieme in una foto di repertorio), e poi ancora Enrico Pastore o Eric Gobetti nel suo particolarissimo ‘Le straordinarie avventure del professor Toti nel mondo dei cevapcici’. Ogni anno una piccola preziosa produzione si arricchisce di nuovi titoli, di nuove scoperte, di nuovi sentieri di esplorazione letteraria, storica antropologica, poetica, umana.

Le ultime opere, le più recenti e le future, sono ancora dedicate al diverso, ai margini.

Per esempio ‘Sul filo della lama: Memorie della disintegrazione’di David Wojnarowicz o i cinque volumi di prossima pubblicazione di Boumi Rabal, già in libreria in ordine cronologico a partire dal 2025.

Ecco questa è Miraggi editore, è esigente e non fa sconti, un laboratorio dove si sperimentano linguaggi. A dimostrazione ancora una volta che la creazione artistica ha i suoi percorsi scoscesi, complessi, spesso lenti oltre molte vite, ma come un fiume carsico scompare, riappare, scompare ancora ma continua a scorrere, a fluire, a sperare, a essere vitale.

E adesso la strada in musica per raccontare questa storia.

Federico Sirianni, Valeria Quarta (percussioni) e Veronica Perego (basso)

Il pomeriggio del Salone off, nella splendida scelta del Magazzino sul Po, storico locale dei Murazzi lato Buscaglione, affacciato sul fiume che corre lì a un passo dall’aperitivo, ha offerto un bel dibattito su quanto sia legittimo sognare, e quanto sia resistente chi rimane coerente al suo obiettivo e prova e spezzare il pregiudizio del “non potrai mai farlo” di cui ognuno di noi ha una bella collezione. Già lì la musica scaldava motori e parole ed era più forte dell’acqua.

La serata è partita poi all’interno del locale, con una sapiente introduzione del maestro di cerimonie Federico Sirianni che, insieme a Valeria Quarta alle percussioni e Veronica Perego al basso, accoglie uno per uno gli artisti, guida e lascia snocciolare in una lunghissima serata presenze poetiche, musicali, racconti, performante teatrali. Ognuno ha attinto alla sua storia, alle sue parole, ai suoi percorsi e li ha mescolati sul palco offrendoli all’ascolto.

Da Miriam Gallea a Stefania Rosso, dalla fisarmonica incantata di Matteo Castellan alle parole cesellate di Enrico Remmert, e poi un robusto Luca Morino, signore del palco e del suo pubblico, accanto alla levità determinata di Liana Marino. Seguono le parole di un racconto di Giorgio Olmoti, che aleggiano e ballano sui tasti delle chitarre, e poi la voce salda di Paolo Archetti Maestri (qui in altro durante la sua esibizione) e quella timbrica e profonda di Tiberio Ferracane che canta magistralmente e a cappella Lu pisce spada di Modugno, e poi ancora Mao, e Carlo Pestelli con la sua Clelia o Jeio Freschi con il Tun cul carburo che suona più forte di una bomba. E ancora le parole sonore, sghembe e acute di Domenico Mungo, l’emozione di Arsenio Bravuomo che riesce a diventare colore poetico e calore arancio vivo, la voce & note di Lory Muratti e Andy Bluvertigo con la loro meravigliosa performance.

Lory Muratti e Andy dei Bluvertigo

E ce ne sarebbero da dire, da Luca Quarin ad Alessandra Racca fino all’invenzione della parola a manovella di Guido Catalano, poeta elegante che trascina con l’ironia del paradosso e della sottigliezza, e ancora un elenco infinito di testimoni, di creativi innocenti e resistenti, che hanno dimostrato una volta di più che su un palcoscenico si possono fare magie democratiche che incantano e abbracciano tutti e a tutti arrivano come paradigma di sogno ma anche di impegno civile, con un solo pensiero di piuma a Giorgio e un motore che spinge potente verso l’invenzione. Essere ed esserci insieme, nei suoni autoriali e nelle parole dei poeti, condividendo una storia come questa, non è scontato, non è facile, ma è infinitamente generoso, alto, gesto unico di amore e paradosso, è un taglio che ci fa sentire ancora una volta vivi, e con la musica dentro e addosso, in quel filo sottile che Giorgio metteva “tra l’aorta e l’intenzione”, ci si sente al sicuro in questa incertezza amata, voluta, infine scelta. Finché ci saranno visioni ne varrà certamente la pena.

Questa è una delle immagini che Giorgio amava vivere, respirare, quando rientrava dai suoi viaggi

Servizio fotografico dell’evento a Magazzino sul Po, a cura di Ivano Antonazzo.

Le foto di Giorgio Olmoti sono prese dal suo profilo ufficiale 

(https://www.facebook.com/search/top?q=giorgio%20olmoti)

Evento: Salone internazionale del Libro Torino/ Eventi Salone OFF 2025

Luogo: Magazzino sul Po, Torino

Orario: dalle 18,30 alle 24

Data: 16 maggio 2025

Ospiti: Federico Sirianni, Veronica Perego, Valeria Quarta, Sergio Garau, Guido Catalano,

Luca Ragagnin, Lory Muratti, Andy Bluvertigo, Davide Passoni e Simone Savogin, Matthias Martelli, Francesco Deiana, Valeria Carletti, Enrico Remmert, Matteo Castellan, Arsenio Bravuomo, Alessandra Racca, Domenico Mungo, Carlo Pestelli, Miriam Gallea, Blughost, Paolo Enrico Archetti Maestri e Yo Yo Mundi, Mao, Luca Morino, Matteo Castellan, Claudio Bellino, Gigi Bandini Cosi, Stefania Rosso, Liana Marino, Luca Quarin, Jeio Freschi e Dario Snidaro.

QUI l’articolo originale: https://www.lisolachenoncera.it/rivista/recensioni/miraggi-e-olmoti-tra-laorta-e-lintenzione?fbclid=IwY2xjawKuHWNleHRuA2FlbQIxMQABHufuMxIPThVkNRi2imMvU2ReRBAI2wetJfIfJwG61UMZh8LGPgjGz7Iudqbg_aem_mnkqgM7KjiWSZ86ZMgqpeg

Andrea Pennacchi legge “I bei tempi andati” racconto tratto dalla prima opera di Bohumil Hrabal LA PERLINA SUL FONDO

Andrea Pennacchi legge “I bei tempi andati” racconto tratto dalla prima opera di Bohumil Hrabal LA PERLINA SUL FONDO

Qualche tempo fa il Centro Ceco Milano ha organizzato una rassegna intitolata “La cultura in quarantena” perché diversi libri usciti tra Marzo e Maggio 2020 si trovarono privati di degna presentazione e divulgazione, in tal occasione AndreaPennacchi, amante e studioso di narrativa ceca, ha letto uno dei 10 racconti che compongono LA PERLINA SUL FONDO prima opera di Bohumil Hrabal uscito proprio ad aprile, ora ascoltabile in questo contenuto extra… buon ascolto per scoprire che meraviglia sia questo libro #MiraggiDaLeggere

Clicca sull'immagine e scopri il libro
Carlo Borgogno della Libreria Milton legge I PELLICANI

Carlo Borgogno della Libreria Milton legge I PELLICANI

L’ora e il luogo nei quali tendenzialmente finisco i libri della Miraggi appartengono alle ore post-tramonto. Notte, silenzio, solitudine. Il libro che vedete in foto è un’anteprima che abbiamo avuto l’onore di leggere è che usciva un mesto dopo.
Un tuffo nella mente umana, là dove sogno e realtà spesso si mischiano generando un caleidoscopio di immagini, suoni, flussi di coscienza. Un omaggio all’investigazione shakespiriana dell’animo umano.


Scritto con grande sapienza linguistica ci offre varie esperienze: divertimento, curiosità, inquietudine, paura. Tanto che una volta finito non sai se ciò di cui stavi ridendo ignaro non fosse che il preambolo ad un delirio di follia, o se tutto ciò di cui avevi tanto temuto non fosse in realtà un’artificiosa ed innocua nuvola di oblio.
Non vedo l’ora di farmelo raccontare dall’autore in carne ed ossa.

Poi mi succede che a due mesi di distanza dalla lettura di questo splendido romanzo ho ancora un sacco di immagini e sensazioni attaccate alla corteccia. Un labirinto fisico e mentale in cui vedo muoversi il giovane Pellicani. Quando un libro ti lascia per tanto tempo sensazioni così vivide è perché ha smosso il tuo inferno e questa è un’arte che di solito è appannaggio dei grandi classici. Vi invito ad infilarvi nelle oscure stanze creato da La Chiusa. Ne uscirete diversi!

Grazie per l’esperienza mitici Miraggi!

i Pellicani

Česká kultura je rodinné dědictví (La cultura ceca è un’eredità di famiglia) – Štěpán Kučera sull’inserto culturale Salon del quotidiano «Právo» e su novinky.cz

Česká kultura je rodinné dědictví (La cultura ceca è un’eredità di famiglia) – Štěpán Kučera sull’inserto culturale Salon del quotidiano «Právo» e su novinky.cz

«A volte sembra che i libri siano un bene accessorio, come tutta la cultura, il teatro, il cinema, la musica, i concerti, ma in realtà non ne possiamo fare a meno» dice Alessandro De Vito (1971), italiano con radici ceche e allo stesso tempo traduttore e editore della casa editrice Miraggi, che nella collana NováVlna pubblica una serie di autori cechi, da Karel Čapek a Markéta Pilátová. Abbiamo parlato dell’interesse per la nostra letteratura in Italia e di come il mercato librario di quel paese sia stato colpito dalla crisi del Coronavirus.

Come è nato per lei l’amore per la cultura ceca?

La cultura ceca è un’eredità di famiglia, mia mamma è di Ostrava. I miei genitori si sono conosciuti in Bulgaria, al mare, nell’estate del 1967, e si sono visti 2 o 3 volte nel 1968 in Cecoslovacchia e in Italia. Mio padre era un giornalista, e ha avuto la fortuna di vedere e vivere la Primavera di Praga, e allo stesso tempo la sfortuna di ripartire per l’Italia il 20 agosto 1968, il giorno prima dell’invasione. Si sono sposati nel 1969, e da allora hanno sempre vissuto in Italia, dove sono nato. Ogni anno venivamo ad Ostrava dai nonni per le vacanze, e lì da piccolo ho imparato la lingua, in famiglia e dai ragazzi con cui giocavo, a Sleszká Ostrava.

Lei ha studiato Storia del cinema e ama il cinema ceco. In che modo si è occupato della nostra cinematografia?

Clicca per vedere il libro!

Ho sempre vissuto con il mito del cinema cecoslovacco degli anni Sessanta, di quel gruppo di “brillanti giovani uomini e donne”, come li definì Škvorecky, che ebbero un’importanza molto grande in quegli anni e non solo per il cinema ma per l’intera società. Per questo per me è stato naturale, sfruttando un po’ la conoscenza della lingua, svolgere la tesi di laurea sulla Nová Vlna. E non è un caso che, anni dopo, il primo libro che ho tradotto sia statoVolevo uccidere J.-L. Godarddel regista Jan Němec, che ho avuto la fortuna di conoscere poco prima della morte.

Nella collana ceca che pubblica la nostra casa editrice ci sono altri punti di contatto con quella stagione del cinema ceco: Il bruciacadaveridi Ladislav Fuks, La perlina sul fondo di Bohumil Hrabal, e l’anno prossimo tradurremo proprio la storia personale del cinema ceco di Škvorecky, Tutti quei brillanti uomini e donne, che ho citato prima.

Quale è stata in Italia la risonanza della recente morte del regista Jiří Menzel?

Jiří Menzel, come Jan Němec e Miloš Forman, sono stati ricordati sulla stampa, e proprio grazie alla pubblicazione dei nostri libri siamo riusciti a far proiettare alcuni dei film della Nová Vlna al cinema, a Torino e a Trieste. Per ora tutto è interrotto a causa del Coronavirus, ma abbiamo intenzione di ripetere l’esperienza. 

Nella collana NováVlna pubblicate letteratura ceca, da opere di Bohumil Hrabal e Ladislav Fuks fino ai libri di Bianca Bellová e Pavla Horáková. Come scegliete i libri?

Stiamo seguendo due direzioni, è una nostra idea di letteratura. Da un lato autori (più autrici) contemporanei, da un altro il recupero di grandi classici purtroppo dimenticati o mai tradotti in italiano.

Tutti rispondono ai requisiti di qualità e particolarità che li rendono interessanti anche per il lettore italiano, anche se sono molto differenti uno dall’altro. Si tratta di letteratura, e non narrativa di consumo. Bianca Bellová, ma anche Tereza Boučková, Jan Balabán o Ladislav Fuks sono voci uniche e irripetibili.

E nel caso di Pavla Horáková e del suo romanzo La teoria della stranezza mi è piaciuto molto l’uso che fa di un humour intelligente per descrivere il nostro tempo e disillusione della generazione degli odierni quarantenni. Il suo romanzo si può leggere come una serie su Netflix. Il lettore segue la protagonista nelle sue quotidiane e naturalmente “strane” vicissitudini, e in breve se ne innamora.

Clicca per vedere il libro!

Altri temi a cui tengo molto sono la questione femminile nella nostra epoca e l’importanza della libertà, che ci viene ricordata sia dalle storie su guerra, olocausto e nazismo, sia da quelle che ci riportano alla vita sotto il totalitarismo comunista. Credo che sia sempre fondamentale mantenere viva la memoria.

Qual è l’eco delle traduzioni di letteratura ceca nel suo Paese?

Noi siamo una piccola casa editrice, e anche se il nostro progetto è ambizioso non è facile uscire dall’angolo. Direi che la collana è apprezzata, che sta crescendo, e che abbiamo riscontri positivi. Trovavo assurdo che molti dei nuovi talenti e tanti grandi autori classici cechi non fossero disponibili in italiano se non in modo non sistematico.

Credo che la casa editrice stia facendo un buon lavoro; allo stesso tempo è vero che ora per le nostre vendite non si può parlare di grandi cifre. Cerchiamo di fare il massimo del possibile.

Ha cominciato anche a tradurla, la letteratura ceca. Durante la traduzione dal ceco all’italiano, incontra qualche specifica difficoltà?

Se non ci fossero difficoltà non ne varrebbe la pena. Le difficoltà cambiano a seconda degli autori, alcuni hanno una lingua più facile, altri presentano espressioni quasi intraducibili, che mettono in difficoltà anche il lettore ceco, come accade per Hrabal.

Clicca per vedere il libro!

Un caso particolare è stato il libro di Markéta Pilátová Con Bata nella giungla, in cui i personaggi spesso si esprimono nel dialetto dello Slovácko o della Haná. Ma è stato più divertente che difficoltoso. Mi ha aiutato il fatto che metà della mia famiglia ceca ha origini di quelle parti.

Io mi occupo anche della rilettura delle traduzioni degli altri traduttori, come la nostra bravissima Laura Angeloni. Abbiamo poi la possibilità di avere i consigli del disponibilissimo boemista prof. Alessandro Catalano, e credo che sia un fatto abbastanza unico, e ci dia tranquillità per quanto riguarda la qualità.

Come è stato colpito il mercato librario italiano, compresa la sua casa editrice, dalla pandemia?

Il mercato del libro è stato colpito duramente, calcoliamo di aver perso quest’anno circa metà del fatturato, e l’attuale seconda ondata di contagi probabilmente peggiorerà le cose.

Clicca per vedere il libro!

Miraggi, la mia casa editrice, ha limitato i danni proprio perché molto piccola, non abbiamo molte spese fisse e siamo una struttura leggera e flessibile. Dovremo cercare idee nuove e innovative, per poter continuare il nostro lavoro. Credo però che tutto andrà a finire bene.

A volte sembra che i libri siano un bene accessorio, come tutta la cultura, il teatro, il cinema, la musica, i concerti, ma in realtà non ne possiamo fare a meno. Pubblicheremo meno, e meglio. Vogliamo e dobbiamo restare fiduciosi nel futuro. È nella natura dell’uomo. Certamente pubblicheremo meno, ma forse meglio e con ancora maggiore qualità. Dobbiamo restare fiduciosi nel futuro.

Qui potete curiosare la collana NováVlna

Qui l’articolo originale: https://www.novinky.cz/kultura/clanek/vydavatel-alessandro-de-vito-ceska-kultura-je-rodinne-dedictvi-40339412?fbclid=IwAR3E1cRa1oQjeZYgS8eXBm0AZ9OQKHlaONQGiVheMewUVfr67uyznqoY1iY

Il Miraggio della Scrittura, voce agli scrittori per imparare a scrivere! Fabio Mendolicchio intervista Luca Ragagnin.

Il Miraggio della Scrittura, voce agli scrittori per imparare a scrivere! Fabio Mendolicchio intervista Luca Ragagnin.

Fabio Mendolicchio: Buongiorno Luca, spesso e volentieri gli scrittori esordienti o aspiranti scrittori si iscrivono a corsi di scrittura con l’intento di acquisire e conquistare segreti e malizie di un mestiere che prima di tutto è fatto di talento.
Talento o meno, la ricerca sembra andare quasi sempre nella direzione di qualche scorciatoia e con questo non voglio assolutamente affermare che i corsi non servano, anzi! Spesso s’ignora che il miraggio della scrittura possa trovare realizzazione nel suo opposto, ovvero la lettura…
Sappiamo noi addetti ai lavori quanto sia importante la lettura in generale, tu sei lettore di vari generi, oserei dire abbastanza onnivoro, giusto? 

Luca Ragagnin: Consiglierei di non porsi limiti e di andare a curiosare ovunque, nel presente e nel passato. Leggere i classici, partire da lì, anche i classici moderni vanno benissimo. Lasciarsi trasportare, non recintare l’emozione è fondamentale ma altrettanto importante è l’attenzione che richiedono certe opere e le scuole di scrittura, in questo senso, dovrebbero assolvere la loro primaria funzione, e spesso lo fanno, cioè diventano delle scuole di lettura, educano alla lettura, insegnano ad analizzare un testo, ad aprirlo come una scatola magica o un orologio e a mettere sotto osservazione gli ingranaggi, il registro, lo stile, la psicologia, le categorie, il tempo e i tempi, lo spazio e i luoghi, i dialoghi, eccetera. Non sono un fanatico delle categorie ferree della narratologia ma penso che possa essere utile prenderne conoscenza, se si vuole scrivere. Magari poi allontanarsene o ignorarle del tutto. In generale credo che per trovare una propria voce un autore debba leggere tanto e opere molto diverse, cioè accostare l’inaccostabile, che è un’azione che paga sempre dei buoni dividendi. Per me questa è l’unica strada possibile e se, come a volte capita, qualche giovane autore mi chiede un consiglio, non gliene so indicare un’altra.

LEGGI MOLTO 

«Se vuoi fare lo scrittore, devi fare due cose sopra le altre: leggere molto e scrivere molto. Non conosco stratagemmi per aggirare questa realtà, non conosco scorciatoie.»

Se vuoi migliorare la tua scrittura, leggi molto anche tu. Leggi ogni volta che puoi, esci portando sempre con te un libro e leggi ciò che ti piace. Leggi per il piacere di farlo e vedrai che comunque imparerai da ciò che leggi, più di quanto pensi.

Anzi, paradossalmente si impara più dai libri che non ci piacciono che da quelli belli.

D’altra parte i libri belli insegnano a uno scrittore lo stile, i meccanismi più efficaci per lo sviluppo della trama e la creazione dei personaggi, la sincerità narrativa.

«Sentirsi travolti da una grande storia magistralmente raccontata, esserne schiacciati, rientra nella necessaria formazione di ogni scrittore. Non puoi sperare di travolgere qualcuno con la forza della tua penna se non ci sei passato prima tu.»

SCRIVI CIÒ CHE AMI LEGGERE

Puoi scrivere di qualunque cosa, purché tu scriva la verità.

SCRIVI CIÒ CHE AMI LEGGERE

Allora è meglio partire da ciò che ami leggere, perché probabilmente lo conosci meglio e comunque, amando quel genere, ti piacerà lavorarci così come ti piace leggerlo.

SCRIVI

CIÒ

CHE

AMI

LEGGERE

LIBERATI

DALLA

PAURA

E DALL’

OSTENTAZIONE

Scrivere bene significa prima di tutto liberarsi dalla paura: paura di non essere capiti dal lettore, di non saper trasmettere i propri concetti esattamente come li sentiamo dentro di noi, paura di essere fraintesi o sottovalutati.

Scrivere bene significa però anche liberarsi dall’ostentazione, dalla voglia di dimostrare quanto si è bravi, mettendo lo stile al di sopra della storia.

Ecco, toglitelo dalla testa. Se pensi di accontentare tutti, alla fine non accontenterai nessuno.

Se pensi che uno stile sia migliore di un altro solo perché lo dice qualche critico importante, lascia stare. Tu devi usare il tuo stile, quello che senti giusto per te, per le tue pagine, per le tue parole.

Con questo ovviamente non soddisferai tutti i lettori, ma l’importante è che tu ti sforzi di soddisfare almeno una parte dei tuoi lettori.

NON PUOI SODDISFARE TUTTI I LETTORI 

Quello che ti voglio chiedere ora è: quale libro e/o autore consiglieresti di leggere e rileggere per imparare a scrivere? Chiesto così sembrerebbe un pro’ generico; proviamo a individuare qualche elemento della scrittura che possa interessare diversi scrittori, come per esempio il ritmo e/o il lessico, oppure lo stile, la forma e perché no qualcosa che abbia a che fare con quelle regole che ogni scrittore dovrebbe avere in mente? Il tuo punto di vista noi lo conosciamo bene ma chi ti legge o chi non ti conosce probabilmente no!

Luca Ragagnin: Per lo stile indico “Esercizi di stile” di Raymond Queneau, un’opera-manuale divertentissima e utilissima (splendidamente resa in italiano da Umberto Eco) in cui si narra un insignificante accadimento di vita quotidiana in 100 stili letterari differenti. Fondamentale. 

Per il registro (forma e contenuto, l’abilità di maneggiare le varie lingue della vita, dei personaggi, etc) i Maestri sono tanti. Scelgo Hemingway, tutti (o quasi) i racconti.
Dialoghi? Anche qui scelta enorme (be’, lo stesso Queneau è un maestro indiscusso). E il gusto personale la fa da padrone, Scelgo invece un manuale di scrittura di Stephen King, On Writing. Me ne parlava l’altro giorno Enrico Remmert. Ogni aspirante scrittore dovrebbe leggerlo, al di là di cosa scriverà e di quanto si allontanerà dalla narrativa di King (peraltro inimitabile), perché è semplice, diretto, pratico e esaustivo, dice tutto quello che bisogna sapere. 
E con questo chiudo, un caro saluto all’affollato mondo degli scrittori in erba.