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Jakuba Katalpa e il suo linguaggio asciutto! Il romanzo I TEDESCHI letto da Riccardo Gangichiodo  – Lettore Ambasciatore Miraggi

Jakuba Katalpa e il suo linguaggio asciutto! Il romanzo I TEDESCHI letto da Riccardo Gangichiodo – Lettore Ambasciatore Miraggi

In questo romanzo avvincente l’Autrice, con un linguaggio asciutto che rifugge da ogni retorica dei sentimenti, ci mette dinanzi alle ferite aperte della memoria collettiva europea. La storia di Konrad – che riceve periodicamente dalla Germania pacchi di dolciumi da una misteriosa donna che si rivelerà essere sua madre – viene presentata da più punti di vista, in un processo ellittico e spiraliforme nel quale la verità viene diluita al punto da poter affermare che “tra verità e menzogna c’è un confine così labile che si può rimuovere con un semplice gesto della mano, con un battito di ciglia”. Ogni personaggio si muove dentro la trama di una storia che si declina nella forma dello sradicamento e della perdita. I figli di Konrad, come onde concentriche, si ritrovano dispersi in una diaspora quasi naturale, lontani da un padre di cui non riescono a portare il peso della rabbia irrisolta di figlio abbandonato. Addentrandoci dentro le pieghe del dramma di Klara, colpevole di avere lasciato il figlio Konrad all’età di tre mesi nella Repubblica Ceca, nelle mani di una donna chiamata Hedvika, scopriamo un destino segnato dalla guerra e da un Male troppo pervasivo e annichilente per porvi rimedio. Siamo di fronte ad un viaggio nella memoria labile, opaca, e infine lucida come lama di bisturi. Senza memoria chi siamo? E cos’è la memoria se il nostro mondo non viene attraversato dalle ragioni dell’altro? Se non affonda infine le radici nella carne viva, nel grumo delle proprie viscere? Quando il Male diventa sistemico e onnipervasivo, la coscienza del singolo raggiunge l’estremo lembo della carne, fino a toccare le ossa, e ogni uomo solca i sentieri più arcaici e impenetrabili, pur di sopravvivere e mettere in salvo la propria vita. Il problema è che mentre tutto ciò accade si è inconsapevoli della barbarie entro cui si è inabissati.

La lingua ha sì il potere di rianimare e rievocare l’appartenenza alle proprie radici, ma il tedesco – “le cui consonanti ricordavano il fruscio delle foglie che cadono” – non riesce a salvare se non per un attimo personaggi votati a un destino crudele. La geografia delle emozioni, come quella degli Stati, è costellata da confini labili e fluttuanti e valichi impossibili da attraversare.

Se fosse un medicinale quale sarebbe?

Accosterei il romanzo a un farmaco omeopatico, cioè il dolore curato con lo stesso dolore rammemorato.

Solitamente leggi a voce alta o mentalmente?

Amo leggere i libri mentalmente, così entrano nel vortice dei miei pensieri, fino a formare un’unica matassa con i miei vissuti. Sottolineo le cose che più risaltano, in modo che al termine  possa riassaporare tutta la storia nei suoi punti più nevralgici.

Tre aggettivi per descrivere “I tedeschi”?

Carnale, epico, lancinante.

Consigli una libreria che conosci, di fiducia, che ritieni importante?

Fino a qualche decennio fa nella mia città c’era una libreria – l’Aleph – entrando nella quale venivi introdotto in un mondo ricco di risonanze mitteleuropee. Il proprietario amava i suoi libri, li selezionava, e trasmetteva il suo amore a noi lettori in cerca di sapori forti. Poi, con la sua morte, fu chiusa. Oggi sostituisco quella ricerca con la lettura di inserti culturali qualificati, come la Domenica de IlSole24ore, o gruppi letterari online come “Billy, il piacere di leggere”.

Ragagnin fa un’operazione sconvolgente! Il nuovo romanzo IL BAMBINO INTERMITTENTE letto da Lara Martini – Lettrice Ambasciatrice Miraggi

Ragagnin fa un’operazione sconvolgente! Il nuovo romanzo IL BAMBINO INTERMITTENTE letto da Lara Martini – Lettrice Ambasciatrice Miraggi

Ragagnin fa un’operazione sconvolgente: prende Berg, ovvero Bambolo, ovvero Nini, ovvero Bambino Parentesi, ovvero Giorgio Santacroce….e ne fa un distillato nel senso letterale del termine. Sottopone il suo personaggio ad un processo di distillazione destinato a separare la sostanza, l’essenza di cui è fatto da tutto il resto: da chi lo ha messo al mondo, da chi lo ha cresciuto, dalla madre, dal padre, dai nonni di città e di mare, dai compagni dell’asilo, dagli amici dell’oratorio, dalle donne che attraverseranno la sua vita, dal catavoletto, da Kioko e dalla coda del cappello alla David Crockett. Ma non si tratta di una separazione nel senso, a cui siamo abituati, di allontanamento di scissione, quanto piuttosto di una separazione generativa, di un processo di creazione, di derivazione: Berg è e contiene tutto ciò che ha attraversato e tutto ciò che ha attraversato, tutto ciò che ha incontrato persone, luoghi, affetti, ansie, ricordi, relazioni, inadeguatezze, idiosincrasie, addii e ritorni lo hanno forgiato e legittimato per come è.

La distillazione sfrutta la separazione che avviene tra gli elementi ad una certa temperatura e così fa Ragagnin con Bambolo: lo accompagna talvolta con ironia, talaltra con pazienza, altre volte ancora con dolore (ma sempre con un garbo che definirei taumaturgico) attraverso i giorni, i mesi, gli anni mentre la temperatura delle emozioni, gli sconvolgimenti dell’anima lo mettono sottosopra e lo ricompongono come in un puzzle in cui ciò che fa da sfondo è in realtà il contenitore necessario a poter tracciare i confini e l’identità del soggetto per il quale il quadro esiste; il narratore accompagna il suo personaggio fino a fargli prendere consapevolezza del proprio essere e ad attribuirgli la dignità tipica dell’essere unico, differente, dell’essere proprio se stesso. E lo fa accudendo le sue emozioni, prendendosene cura, attribuendo ad ognuna di esse un fine, uno scopo e considerandole tutte, anche quelle più intime ed ancestrali, funzionali a divenire l’uomo che Bambolo può essere. Leggere Il Bambino Intermittente è infilarsi e sfilarsi più volte una maglia al rovescio mentre sali in vetta in una tersa e ventosa giornata di primavera inoltrata. In quota il sole scotta, anche sotto qualche lieve velatura; il vento soffia, non vuoi fermarti, ti raffredderesti, continui a camminare e infili la maglia al rovescio concentrato sui tuoi passi, senti sulla pelle sudata e irritata ogni singola cucitura, ogni piccolo difetto della stoffa, la cerniera sotto collo al contrario è insopportabile non puoi fermarti, stai salendo al tuo passo, al tuo ritmo e continui spinto dal suono di una scrittura che è una colonna sonora. Ragagnin non narra solo con le parole, Ragagnin narra con parole destinate a fare parte di una melodia che l’orecchio prima intuisce e poi sente chiaramente con l’andare delle pagine (e arrivati in fondo vorresti continuare a canticchiarle quelle pagine come il testo di una canzone di cui non puoi più fare a meno…).

Il Bambino Intermittente raccoglie come un’enciclopedia interattiva tutto ciò che è dell’uomo: il rapporto con i genitori (separati), il ruolo dei nonni, il rapporto col cibo, con la propria città, l’importanza dei luoghi in cui si cresce, l’asilo, la scuola, l’oratorio, gli amici, le ragazze, l’innamoramento, i viaggi (fatti o desiderati), i sogni, i ricordi, l’esigenza di trovare un lavoro dentro il quale sentire realizzata la propria essenza. E poi ci sono la morte e la musica. Non occorre essere a conoscenza della confidenza che Ragagnin ha con la musica per attribuire un ruolo fondamentale al rapporto che Berg ha con la musica. Mi piace pensare che la musica sia per Berg una sorta di traduttore on line, che il narratore abbia consegnato proprio alla musica il compito di decifrare e subito dopo tradurre in un linguaggio universalmente riconosciuto la strada che Berg compie per diventare se stesso, una strada lungo la quale tutto ha senso e tutto trova il suo posto: hanno senso le sbucciature sulle ginocchia, le piscine vuote, i souvenir a forma di bara, i nomi degli alberi, gli occhi azzurri di nonna di mare ed il nero di seppia degli spaghetti del nonno morto da anni. Tutti i giorni Berg apre porte dietro le quali trova persone, cose, situazioni che non riesce a spiegare fino in fondo ma alle quali riesce a riconoscere quel valore anticipatorio che non gli consente di archiviarle del tutto, che gliele fa tenere lì, a portata di mano, per poterle usare al momento giusto, per poterle collocare come tasselli nel quadro d’insieme a mano a mano che la sua vita si compie ed il suo posto al mondo prende forma nella stanza azzurra. “Vivo nella camera azzurra, che adesso è la mia camera a valvole, con il mio impianto a valvole e l’azzurro delle pareti rinfrescato, ripassato per buona educazione olfattiva perché tutti quelli che sono passati di qui, non molti per la verità, una madre, una moglie, un figlio hanno lasciato un segno distintivo, elusivo, evanescente ma che io non posso smettere di fiutare, anche adesso che non c’è più nessuno”. Il lettore incontrerà anche un personaggio secondario, o forse no, (una comparsa, cinematograficamente parlando….) di nome Luca Ragagnin. Se ne sta seduto ad un tavolo, in un locale…a bere…Il Bambino Intermittente è la melodia della vita di Berg suonata dalle dita esperte di chi riesce a far vibrare la scrittura lungo i propri armonici naturali che non sono suoni puri ma proprio per questo restituiscono una straordinaria sensazione di completezza.Il Bambino Intermittente è, credo, la melodia della vita degli uomini e delle donne del nostro tempo. Grazie…

La mia libreria del cuore è la Libreria Milton di Alba (CN).

La lettrice Ambasciatrice Lara Martini e la sua onirica lettura de I PERDENTI di Aaron Klopstein

La lettrice Ambasciatrice Lara Martini e la sua onirica lettura de I PERDENTI di Aaron Klopstein

Penso da sempre che quel momento più o meno lungo nel quale con garbo si passa dal sonno alla veglia, di prima mattina, dopo una nottata di riposo, quello in cui ti galleggiano in giro per la mente pensieri ed immagini che stanno lì a metà tra sogno e realtà, ecco, quello ho sempre pensato sia l’attimo in cui ciascuno di noi crea, riassembla, elabora il lato più intimo e vero di sé. Lì, proprio in quei brevi istanti, trascorsi in una sorta di terra di mezzo in cui le immagini fugaci dei sogni appena fatti e quelle delle giornate reali, siano esse ricordi o proiezioni di un futuro prossimo, si fondono in una mistura che ha qualcosa di magico, di quella magia di cui è fatto il nostro strato più sottile, quello composto di anima e mente, quello scevro del plumbeo raziocinio che ci tiene pericolosamente legati ai paradigmi della vita contemporanea, proprio lì noi costruiamo ciò che siamo, proprio lì è installata la nostra capacità di creare. Non so fino a che punto un essere umano possa, anche con l’esercizio, rimanere in quella dimensione a lungo proprio perché essa non appartiene alla sfera di ciò che dipende dalla volontà ma a quella degli eventi che semplicemente accadono. Una cosa, però, mi pare innegabile: per dote di nascita o per allenamento Klopstein aveva imparato a rimanerci in quello stato. Aveva imparato a viverci nel continuo. Non so se per semplice merito o demerito dell’alcool, oppure, più probabilmente per una sua peculiare capacità di contattare quella dimensione che per comodità siamo abituati a definire onirica. Io temo, in realtà, la si definisca onirica più per paura di entrare in contatto con se stessi, più per poter evitare di ammettere che in quello spazio ciascuno di noi è ciò che è, con tutte le proprie debolezze, i propri limiti, col proprio passato non necessariamente risolto, coi propri desideri, forse non sempre così riconoscibili, più per prenderne le distanze da tutto ciò che per altro. I Perdenti, a mio parere, si gioca tutto in quella dimensione. E infatti, non a caso, i personaggi del romanzo usano molto la vista, l’udito, l’olfatto ma molto meno il tatto. Louis Berenstein mette in scena figure eccezionali, con caratteri così potentemente descritti da diventare tridimensionali. Essi però si annusano, si guardano, si scrutano, si sfiorano ma non si toccano a meno di non essere fantasmi. Allora si, essi abbracciano, stringono e trasmetto calore. Nelle descrizioni che il narratore disegna c’è spesso fumo, ci sono aloni di luce rosa, verde, azzurro, ci sono voci, musica, corridoi bui ed elefanti dipinti su tela stando ad una finestra di Orchard Street ma la dimensione del tatto scompare quasi del tutto, tranne laddove, mentre un piccolo gruppo di formiche trasporta una enorme briciola di pane in un qualche anfratto e ricompare….senza la bara, le dita di Louis sfiorano e fanno rotolare e poi ruzzolare nella tromba delle scale….la morte.

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Coerentemente con questa caratteristica del romanzo, nella prefazione di Hedda Hopper si legge che Aaron Klopstein fu un assoluto cultore della tradizione orale. Non scriveva, narrava e basta. Componeva nella propria mente anche un romanzo intero per poi, semplicemente raccontarlo. A braccio, perché la scrittura non è che l’ultimo gesto per uno scrittore e non il più importante. Quasi a voler affermare che ciò che si tocca non è infine l’essenza. Essa sta altrove.I Perdenti è disseminato di numerosissime metafore delle questioni che attengono ai dilemmi, agli irrisolti della vita umana: inferno, paradiso, amore, amicizia, solitudine, passato presente, molte di esse incarnate da personaggi letterari, più o meno celati, di indubbia fama. Ancora Hedda Hopper ci svela che Klopstein era un patito di ascensori e dei loro meccanismi di funzionamento, dei loro ingranaggi ed era affascinato dalla loro capacità di portare gli utilizzatori in alto. Una attrazione per metà verso le cose razionali e per metà verso ciò che sta in alto o verso la visione che dall’alto è possibile avere delle cose.”Louis restò per un attimo in strada, quasi che tornare nel proprio appartamento lo spaventasse ancora di più che rimanere al Paradiso”.Una provocazione: e se Thodd Phillips con il suo Joker fosse stato influenzato da Aaron Klopstein? Buona lettura.

La Libreria Milton è la sua libreria preferita!

Lara Martini (lettrice ambasciatrice Miraggi) e la sua lettura di La Teoria Della Stranezza – Collana #NováVlna

Lara Martini (lettrice ambasciatrice Miraggi) e la sua lettura di La Teoria Della Stranezza – Collana #NováVlna

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𝒯𝓊𝓉𝓉𝒾 𝒾 𝓁𝒾𝒷𝓇𝒾 𝒹ℯ𝓁𝓁𝒶 𝓂𝒾𝒶 𝓋𝒾𝓉𝒶 𝐔𝐧𝐚 𝐫𝐮𝐛𝐫𝐢𝐜𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐢 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐢 🔖

Immaginate di essere il vostro piede quando sta all’interno di un calzino, tutto il piede dalla punta dell’alluce, passando per il tallone, salendo lungo la caviglia e la gamba fino ad arrivare a quella porzione di gamba stretta da un più o meno fastidioso elastico che circuisce il ginocchio: le dita poggiano di tanto in tanto su quella cucitura a ricordarti che anche lei c’è. La fattezza delle maglie, laddove il tallone dovrebbe stare a proprio agio, è tale da scivolare ora a destra e ora sinistra e farti avvertire quel mucchietto di stoffa di troppo ad ogni passo, o quasi. E quell’elastico? Troppo stretto per essere confortevole e non lasciare segni. Troppo largo perché il calzino non tenda ogni tanto a ricordarti che la forza di gravità è imbattuta ed imbattibile. Paula Horakovà consegna ad Ada Sabovà, la capacità di guardare il mondo stando appena sotto quel sottile riparo che è la stoffa di un calzino con le sue imperfezioni, stando dentro il proprio essere, ma appena sotto quella superficie di pelle d’uovo che le consente di sentire il cosmo che palpita al ritmo delle leggi regolatrici della fisica quantistica, di muoversi nello spazio e nel tempo cogliendo il continuum in cui siamo immersi. Ricercatrice, antropologa, donna con l’energia nei capelli e la sensibilità necessaria per scorgere i segnali che possono condurre ciascun essere umano all’interno del flusso proprio a lui destinato. Il figlio di Valerie scompare misteriosamente. Ada non può fare a meno di cercarlo, non tanto e non solo per mezzo di azioni finalizzate al suo ritrovamento ma piuttosto stando ancorata a ciò che alla sua vita accade mentre più o meno consapevolmente cerca Kaspar. Ada si fa guidare dagli eventi senza esserne mai vittima. La fisica di newton, quella in cui ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria non è il corretto paradigma a mezzo del quale interpretare ciò che agli uomini accade. E Ada lo sa. Sa che il solo atto di stare ad osservare produce una determinata realtà. Quindi reagire non occorre. Basta pensare e condurre il proprio pensiero lungo la via di ciò che si desidera. Ed in questo i sogni sono maestri. “Faccio un sogno. Volo attraverso un tunnel nello spazio interstellare. E’ facile, basta volerlo ed è necessario muoversi con cautela come sott’acqua, per non farsi travolgere dalle forze di azione e reazione”. La ricerca di Kaspar conduce Ada al ritrovamento della propria libertà e al compimento delle ragioni per cui lei stessa sta al mondo. “Le nostre occupazioni nel mondo esteriore servono a farci elaborare le parti corrispondenti della nostra interiorità”. Quello della Horakovà è il romanzo della coscienza collettiva, è la storia dei segnali deboli che attraversano le nostre giornate, è la dimostrazione che la sincronicità esiste e che posare sempre gli occhi sull’orologio alla stessa ora è un fatto che non dovrebbe essere trascurato come non dovrebbe essere trascurata la memoria legata a certi odori e lo stato d’animo che ne deriva. “Come è possibile che a persone diverse vengano le stesse idee?…. Spesso si inventano cose uguali nello stesso momento, solo in posti diversi……qualcuno direbbe che l’inconscio è maturo per un nuovo pogresso”.

Hai una libreria del cuore che suggerisci a chi ci legge?

Libreria Milton di Alba

Grand Hotel, Romanzo sopra le nuvole – di Jaroslav Rudis letto da La Lettrice al Contrario

Grand Hotel, Romanzo sopra le nuvole – di Jaroslav Rudis letto da La Lettrice al Contrario

Grand Hotel di Jaroslav Rudiš







Grand Hotel di Jaroslav Rudiš è un romanzo particolare pubblicato in Italia da Miraggi Edizioni, nella collana NováVlna diretta da Alessandro De Vito.



Clicca sull'immagine per vedere la scheda libro, leggere qualche pagina e goderti il booktraielr!

Grand Hotel di Jaroslav Rudiš portato in Italia da Miraggi edizioni con la traduzione di Yvonne Raymann è un’opera di narrativa che incuriosisce il lettore catturandolo fin dalle prime pagine. 

Ma iniziamo dal principio.

Siamo in Repubblica Ceca, Fleischman è un giovane uomo sui trent’anni, con qualche difficoltà e un passato tragico alle spalle, lavora come tuttofare al Grand Hotel di Ještěd, ha una passione smodata per la meteorologia che utilizza soprattutto come termine di paragone con la vita stessa. Vita che procede monotona fino a quando non conoscerà due persone che in modi differenti influiranno su molte delle sue decisioni. 

Come già detto in precedenza, Grand Hotel di Jaroslav Rudiš è un romanzo unico nel suo genere, raccontato in prima persona dallo stesso protagonista, con molteplici similitudini tra la meteorologia e la vita stessa, un’opera che favorisce l’introspezione di chi legge, anche grazie a uno stile onirico quasi ipnotico, capace di suscitare una forte empatia. 

I personaggi sono molti e tutti ben delineati, anche se si legge di loro tramite l’occhio del protagonista. 

Il mio preferito é come sempre un secondario: Ilja, la ragazza che irromperà nella vita Fleischman in modo del tutto inaspettato. Proprio questa irruzione aiuterà lo nella sua crescita personale. 

Jaroslav Rudiš ci guida per mano in questa storia e ad ogni pagina ci sospinge ad un’autocritica spronandoci però a gioire delle piccole cose della vita senza mai perdere la speranza verso il futuro. 

Chiede il lettore di fare i conti con le proprie paure e trovare uno slancio, un appiglio per fronteggiare l’ignoto, il tutto senza mai perdere il ritmo della narrazione né facendo scemare la tensione narrativa.

Le varie metafore con base meteorologica non appesantiscono né la narrazione né lo stile narrativo anzi hanno la capacità di rendere ancora più efficace l’impatto emotivo della storia sul lettore. In conclusione, mi sento di affermare che Grand Hotel di Jaroslav Rudiš è un romanzo brillante e potente al contempo che può essere un’ottima guida in questi tempi d’incertezza. 

Grand Hotel di Jaroslav Rudiš, Miraggi Edizioni pp.224, Brossura 18 €, versione digitale disponibile.

Ringrazio la casa editrice per la copia cartacea del romanzo.  

Casa editrice scoperta Grazie alla libreria Gogol & Company di Via Savona 101 Milano

Francesca Maccani – Ambasciatrice Miraggi legge GRAND HOTEL – ROMANZO SOPRA LE NUVOLE di Jaroslav Rudiš

Francesca Maccani – Ambasciatrice Miraggi legge GRAND HOTEL – ROMANZO SOPRA LE NUVOLE di Jaroslav Rudiš

Miraggi è sempre una garanzia.
💗💗💗
Mi sono innamorata di questa voce narrante così incredibile, di questa storia così malinconica e per certi versi calviniana.
Fleischmann, il protagonista è un ragazzo orfano che da piccolo viene adottato da uno zio tirchio e senza scrupoli, abita nell’hotel dove lavora come factotum. Sta a 1012 metri sul livello del mare, sul monte Ještěd, dove finisce la terra e comincia il cielo. Veste in modo strano e pensa in modo ancora più strano. 

Visto che si parla di meteorologia, venti, nuvole, leggerlo che perturbazione ha scatenato in te?

Grand Hotel ha scatenato in me un forte temporale che poi ha lasciato spazio a un a pioggia leggera e nel finale a un cielo azzurro e spoglio di nuvole, esattamente in questa sequenza.

Se fosse un medicinale quale sarebbe?

Se Gran Hotel fosse un medicinale sarebbe uno di quei farmaci che non hanno effetto antidolorifico ma che annebbiano la mente. Più che un farmaco direi che questo romanzo somiglia ha un effetto collaterale. Non toglie il dolore ma ti fa perdere la testa in un mondo ovattato e piano di cose troppo strane per essere vere.

Consiglieresti leggerlo ad alta voce e perché?

Io preferisco sempre la lettura intima e silenziosa e nel caso di questo gioiello direi che va proprio assaporato in solitudine magari davanti a un caminetto scoppiettante. Ad alta voce leggerei qualcuno dei dialoghi surreali fra il protagonista e gli altri personaggi che gravitano attorno all’hotel.


Tre aggettivi per descrivere Grand Hotel – Romanzo sopra le nuvole?
I tre aggettivi che secondo me descrivono questo romanzo sono perturbante, onirico e indimenticabile

Ci consigli tre librerie che conosci, di fiducia, che ritieni importanti?

Tre librerie di riferimento dove acquisto io i libri sono Modusvivendi e Prospero Enoteca letteraria a Palermo e i Diari di Bordo a Parma

Francesca Maccani – Ambasciatrice Miraggi legge IL LAGO di Bianca Bellová

Francesca Maccani – Ambasciatrice Miraggi legge IL LAGO di Bianca Bellová

Ci siamo conosciuti a Palermo e ti regalammo questo libro, qual’è stata la tua esperienza di lettura con questo libro?
La casa editrice Miraggi sforna meraviglie. Quando mi capita fra le mani un gran bel lavoro, in genere lo capisco fin dalle prime pagine.
Così è stato per questo libro.

Clicca sul libro per maggiori info

“Il Lago” è un romanzo incredibile. È la storia di Nami, un ragazzino che viene cresciuto dai nonni e che si trova ad affrontare mille peripezie. Patisce fame e freddo e gliene capitano di tutti i colori.
Ma lui resiste.
E alla fine la sua tenacia viene premiata.
Nella sua ricerca mai paga dei genitori, passa attraverso un doloroso percorso di affrancamento e, suo malgrado, si scontra con un epilogo brutale. Quello del regime che in cerca di capri espiatori, insabbia le scomode verità e sacrifica i più deboli.
Sullo sfondo profumi e colori della campagna che sa di povertà, essenziale ma rassicurante.
Nami dopo la scomparsa dei nonni resta solo, viene picchiato e maltrattato da un sinistro personaggio che occupa con la sua famiglia la sua casa e che dovrebbe tutelarlo.
Il ragazzo si innamora della compagna Zaza, la quale una sera subisce violenza da due soldati russi.
Nami assiste allo stupro, salvo poi fuggire.
Il suo peregrinare è un continuo allontanarsi dai ricordi e dal dolore, unito alla spasmodica ricerca delle sue radici.
Nami lascia il villaggio natio e si avventura oltre l’amato/odiato specchio d’acqua.
Il lago, presenza che la popolazione locale personifica, diviene una sorta di totem o meglio di altare sacrificale al cui spirito le genti del posto fanno offerte e pagano tributi.
In questo lago il protagonista, a 3 anni rischia di affogare, a fine romanzo invece ci si immerge consapevolmente in una sorta di rito battesimale, chiudendo un cerchio che era rimasto aperto.

Un libro intenso, che ti afferra per il bavero e ti costringe ad aprire gli occhi sulle atrocità della politica e le nefandezze del regime sovietico.
Una penna pulita e impeccabile quella della Bellova.
Una prosa asciutta, spietata e marziale.
Da leggere assolutamente. Per chi ama la qualità. Lo consiglio a occhi chiusi perché merita davvero molto!

Che significato ha per te scegliere un nuovo libro da leggere?

Scegliere un libro nuovo da leggere per me è come conoscere una persona nuova che mi incuriosisce. Sembrerà pazzesco ma di solito io mi sento chiamare dai libri, scorro la mano sui nuovi arrivi e uno o due al massimo mi attirano, mi ci soffermo, li sfoglio e provo un’emozione particolare che mi fa dire “ok questo lo prendo”.A volte succede che io acquisti cinque o sei libri e alcuni rimangono mesi sul mio comodino prima che io li apra. Poi di colpo attirano il mio sguardo, anche dopo molto tempo e inizio a leggerli. Ogni libro che inizio mi emoziona, mi carica di aspettative, mi parla e mi insegna qualcosa.


Tre aggettivi che possano valere per tutti i libri di cui sei Ambasciatrice?
Originale, Incisivo, Coinvolgente.

A chi li consiglieresti? 
Da “influencer” in genere ci sono diverse persone che accolgono i miei consigli di lettura, amici e follower che mi leggono sulla pagina nella quale scrivo dei brevi post corredati con le fotografie delle copertine e di alcuni stralci. Ormai, col tempo, ho un discreto seguito e questa cosa mi rende davvero orgogliosa e felice.
Tre librerie di riferimento dove acquisto io i libri sonoModusvivendi e Prospero Enoteca letteraria a Palermo e i Diari di Bordo a Parma

Ci consigli tre librerie che conosci, di fiducia, che ritieni importanti?

Tre librerie di riferimento dove acquisto io i libri sono Modusvivendi e Prospero Enoteca letteraria a Palermo e i Diari di Bordo a Parma

Francesco Piperis – Ambasciatore Miraggi legge PONTESCURO di Luca Ragagnin

Francesco Piperis – Ambasciatore Miraggi legge PONTESCURO di Luca Ragagnin

Ci descrivi in di 10 righe questa tua esperienza di lettura?

“C’è tutto un paese con i suoi poveri, inconsapevoli infelici, che sta attendendo un contorno”. In questa cornice sociale si sviluppa il racconto che Luca Ragagnin ambienta nel paese immaginario di Pontescuro. Un luogo chiuso, ripiegato su se stesso, all’interno del quale i cittadini, sfruttati, repressi nelle loro intenzioni, riversano sugli innocenti Dafne e Ciaccio, davvero liberi, le loro frustrazioni. “Pontescuro” è una storia che ci racconta molto del presente, del nostro presente, abitato da uomini e donne che scelgono piazze virtuali per rigurgitare frustrazioni e solitudini invece di guardarsi dentro. La natura, viva, pulsante e dotata di parola, è testimone di tale violenta frustrazione, mostrando ancora una volta quanto sia pura al contrario dell’uomo, corrotto, dannato e incapace di empatia.

I personaggi socialmente accettati sono quelli più ipocriti: il prete, la perpetua, il fattore, il poliziotto, a conferma di un mondo che corre veloce verso il baratro. Perché, come si legge, se ancora oggi come negli anni Venti, “tutti sanno tutto di tutti, è anche vero che questa particolare condizione consente di proteggere un segreto o un peccato inconfessabile nel nascondiglio migliore: davanti agli occhi dei compaesani, dritto sulle loro facce, come una gelata improvvisa”.

Perché consiglieresti a qualcuno di leggere questo libro?
Perché “Pontescuro” ci guarda negli occhi e ci racconta, con metafore, neanche troppo tali, il presente e ci esorta a superare il qualunquismo, il falso e confortevole senso comune, il disimpegno, la mancanza di empatia.

Definisci questo libro con un aggettivo?
Avvolgente.

Se ritieni opportuno, pensi che questo libro sia utile leggerlo a scuola?
Potrebbe essere utile sollecitare gli studenti in un esercizio di immedesimazione con i personaggi, in un lavoro di confronto con la società presente.

Ci consigli tre librerie che conosci, di fiducia, che ritieni importanti?

Sicuramente La Gang del pensiero, ho ricordi bellissimi de La Feltrinelli di Bari e per dirne una terza per il tour teatrale di Pert, sospeso dopo la prima tranche in Sicilia, direi la Libreria La Paglia di Catania.

Antonio Fragassi – Ambasciatore Miraggi legge IL LAGO di Bianca Bellová

Antonio Fragassi – Ambasciatore Miraggi legge IL LAGO di Bianca Bellová

Ci racconti in poche righe la tua impressione di lettura?

Metafora della vita che attrae e respinge, espelle o avvolge fino a risucchiare l’esistenza umana, “Il lago” può essere considerato un romanzo di formazione, una sorta di Bildungsroman, nel solco della tradizione mitteleuropea, della quale l’autrice, Bianca Bellová, fa parte a pieno titolo. Scrittrice ceca, cinquantenne, della generazione nata dopo la fine della Primavera di Praga e l’inizio della restaurazione sovietica a suon di carri armati, la Bellová dà una prova di pregio con questo romanzo incentrato attorno alla figura di Nami, un bambino costretto a crescere in fretta in mezzo a un mondo prima sconosciuto poi ostile, quindi ad affrontare da solo le incognite della vita sino a raggiungere, faticosamente e attraverso prove cruente, la maturità. Anche la scansione del volume, 180 pagine dense di emozioni e tensioni suddivise in quattro grossi capitoli, conferma che la natura de “Il lago” è quella del romanzo di formazione con un preciso richiamo al mondo animale: Uovo, Larva, Crisalide e Imago sono il titolo dei capitoli nei quali si snoda l’avventura umana di Nami, con un richiamo neanche tanto nascosto alla metamorfosi che accompagna l’evoluzione da fanciullo a uomo che Nami porta a compimento dopo prove cruciali, che ne segnano indelebilmente il carattere. A un secolo pieno di distanza dall’uscita del capolavoro di Franz Kafka (1915), la letteratura boema ci regala con “Il lago” (2016) un’altra versione del tema della metamorfosi, ma l’accostamento non può andare oltre l’iniziale metafora animale-uomo perché la natura dei due romanzi differisce in tutta la sostanza tematica e narrativa. Se sia in un caso che nell’altro, l’individuo deve fare i conti con un mondo ostile, in Franz Kafka la lotta si risolve nella sconfitta dell’uomo attraverso l’annientamento fisico e psicologico, mentre in Bianca Bellová l’esito è il riscatto del bambino divenuto uomo che riesce a sconfiggere le forze avverse. 

Qual’è secondo te il messaggio questo libro?

Non è il classico happy end, quello della Bellová, ma comunque un messaggio di riscatto che segnala “Il lago” tra le opere letterarie destinare a “rimanere” in questo scorcio iniziale di Terzo Millennio.

Definisci questo libro con tre aggettivi?

Tenero, crudo, surreale.

Pensi sia utile far leggere nelle scuole questo libro?

Penso sia utile far leggere questo libro alle scuole, per la parabola che disegna e perché è un modo per raffrontare la nostra società con quella di un paese ex sovietico. Se fosse un medicinale sarebbe un eccitante, uno stimolante, tipo integratore!

Antonio è legato alla libreria On The Road di Montesilvano (PE)

Manuela Barban – Ambasciatrice Lettrice Miraggi legge GRAND HOTEL – ROMANZO SOPRA LE NUVOLE di Jaroslav Rudiš

Manuela Barban – Ambasciatrice Lettrice Miraggi legge GRAND HOTEL – ROMANZO SOPRA LE NUVOLE di Jaroslav Rudiš

Fleischman, nato il 21 settembre 1973, vive e lavora come tuttofare nell’hotel sulla collina. È un uomo solitario che ha subito diversi traumi e per questo è seguito da una psicologa, inoltre è pieno di manie e con una passione maniacale per la meteorologia. Fleischman racconta la sua storia perché glielo ha chiesto la dottoressa. Per 217 pagine il lettore diventa una specie di amico invisibile di Fleischman con cui lui condivide i pensieri e la sua visione della realtà e racconta la sua storia o meglio, le diverse versioni della sua storia. Di fianco a lui si muovono personaggi memorabili come Jégr, il proprietario dell’hotel o Franz un anziano ospite che coinvolge Fleischman nella sua missione e Ciuffo, un vecchio compagno di scuola di Fleischman. Ci sono poi Zuzanna che lavora in hotel e Ilja la ragazza di Ciuffo con cui Fleischman ha un rapporto complicato.
La storia è contemporaneamente avvincente e piena di nostalgia ed è narrata con ritmo.

Quale momento della storia, se c’è, hai fatto tuo? C’è qualcosa in cui ti sei riconosciuta?
Il “click” è scattato a pagina 16: […] il Torino vince contro il Manchester United con lo sbalorditivo punteggio di 4:0. Ecco, ho pensato, in questa storia ci sarà una forte componente epica.

Se fosse un farmaco questo romanzo cosa sarebbe? E pensando al suo bugiardino potresti indicarne la posologia?
Immunostimolante, da prendere in un’unica soluzione.

D’ora in poi vivrai il meteo in modo diverso? Guarderai di più il cielo ed i venti?
Il meteo è una cosa fatta di numeri, che non amo e di cui non riesco a vedere la poeticità. Continuerò a non guardarlo e a farmi sorprendere la mattina da quello che vedo dalla finestra.

Descrivi questa storia con 3 aggettivi?
Autistica, nostalgica, ventosa.

Tre librerie che sono il tuo riferimento per gli acquisti e che consigli?
Le mie tre librerie sono: Pantaleon, Trebisonda e la Gang del pensiero.

Patrizio Zurru – Ambasciatore Lettore Miraggi legge UNO DI NOI di Daniele Zito

Patrizio Zurru – Ambasciatore Lettore Miraggi legge UNO DI NOI di Daniele Zito

Dieci righe non basterebbero a descrivere Uno di noi, il nuovo romanzo di Daniele Zito, a meno che non si cerchi di comprimere il petto e si miri subito all’obiettivo, la straordinaria capacità linguistica dell’autore, le possibilità che riscopre con l’uso di strutture evidentemente “Fuori uso”, fuori dalla norma, che poco o niente spazio troverebbero oggi sul mercato.

L’uso della tragedia greca come arma di tensione, come struttura che avvicina e ti tiene sotto minaccia per tutta la durata della lettura, e tu non puoi, ma già immediatamente non vuoi sottrarti a quest’arma insolita che ti tiene attento agli sviluppi.

La trama è presto detta, come scritto sulla quarta e sul sito dell’editore: Quattro amici di vecchia data, alla fine di una partita di calcetto, decidono di dare fuoco a una baraccopoli. Lo fanno così, senza una ragiona precisa, spinti dall’euforia del momento. Purtroppo, il loro gesto si trasformerà in tragedia.
Il drammatico evento lascia su tutti i personaggi coinvolti tracce indelebili, Uno di noi ne è il resoconto, senza escludere nessuno, né le vittime, né i carnefici.

Brutto scoprire che ognuno di noi è Uno di noi.

Sappiamo bene che ogni medicinale ha una posologia, questo come   dovrebbe essere assunto secondo te?   Posologia: Una lettura al giorno, due capitoli, da ripetersi fino alla guarigione.

Ogni nostro lettore ambasciatore ha una libreria di riferimento la tua qual’è nella città in cui risiedi? O ce ne sono più di una?   Le mie tre preferite a Cagliari: UbiK via Sonnino, Bastione Piazza Costituzione e Mieleamaro via Manno

Ci racconti un aneddoto che ti lega all’autore?   Per il compleanno la moglie mi ha chiesto un video di auguri, e io l’ho registrato seduto al cesso. Credo abbia gradito lo sforzo.

Tre aggettivi per descrivere UNO DI NOI?  Necessario, Forte, Sconvolgente. 

Luca Quarin – Ambasciatore Miraggi legge Pontescuro di Luca Ragagnin

Luca Quarin – Ambasciatore Miraggi legge Pontescuro di Luca Ragagnin

Ci racconti in dieci righe la tua prima impressione di lettura?

1922, un punto imprecisato della bassa padana, a ridosso del Po. Una ragazza di nome Dafne, la figlia del signorotto locale, viene trovata morta in un fossato. La nebbia, il fiume, la ghiandaia, la blatta, sanno chi è stato a ucciderla. Il lettore lo scopre pagina dopo pagina, accompagnato dalla scrittura musicale di Luca Ragagnin. Un romanzo che sembra una ballata di Nick Cave o di Mark Lanegan o di P.J. Harvey, dove una pulsazione sorda scuote tutti i personaggi, facendo emergere l’oscurità nascosta dentro di loro. Oppure un dipinto di Bacon, o di Kirchner o di Clemente, dove il pennello dell’autore rende visibile quello che attendeva sotto la tela di essere smascherato. Un romanzo con dentro un altro romanzo. Un racconto scuro che contiene un racconto ancora più scuro, quello delle paure che non sappiamo come affrontare, delle miserie che cerchiamo di nascondere, dei vizi che vorremmo lontani da noi.

Perché consiglieresti di leggere questo libro?

E’ una fiaba che ha la forza della verità.

Definisci questo libro con un aggettivo?

Ipnotico

Pensi sia utile far leggere nelle scuole questo libro?

Un libro perfetto per far comprendere ai ragazzi come il male possa annidarsi anche nelle relazioni sociali, nei rapporti familiari, nelle abitudini consolidate, e sia necessario guardare le cose da lontano, come la blatta e la ghiandaia, per intravedere in mezzo alla nebbia il riflesso maligno della verità.