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La lettura di IL CIMITERO DELLE MACCHINE di Gianni Barone

La lettura di IL CIMITERO DELLE MACCHINE di Gianni Barone

Sergio La Chiusa, Il cimitero delle macchine, Miraggi ed./Scafiblù, 2024.

Avevo molto apprezzato l’esordio narrativo di La Chiusa, il romanzo “I Pellicani” (Miraggi, 2020), cui ha fatto seguito il godibilissimo racconto lungo “Madre nel cassetto” (Industria e Letteratura, 2023). Ma devo dire che con “Il cimitero delle macchine”, (che riprende e rielabora una prima stesura degli anni 2003-05) mi sembra che l’autore segni una svolta nella sua poetica e acquisisca sempre più consapevolezza delle sue capacità autoriali. Il romanzo gronda letterarietà da ogni pagina. Sia per l’architettura formale e le tecniche narratologiche che lo sostengono, sia per le scelte simboliche (il personaggio “Ulisse” e il suo viaggio surreale; “la città delle opere”), sia infine per i riferimenti e gli omaggi letterari (tra tutti, a mio vedere, Buzzati e Bianciardi). Il pedinamento del personaggio, la voce narrante che segue il personaggio e ne racconta pensieri e azioni, narratore e personaggio che a volte si sovrappongono e il soggetto diventa un “noi”: sono espedienti narrativi che qualificano l’opera e certificano un impianto formale studiato, curato e interessante. C’è fin da subito nel romanzo anche, come dicevo, un impianto simbolico: l'”odissea” surreale del personaggio che, di passaggio in passaggio, finisce per perdere dignità sociale e identità tanto che le ultime pagine del romanzo lo vedono cercare riparo e luogo dove passare la notte nel cimitero della “città della moda e degli eventi”.

C’è, va detto, una ripresa del topos presente ne “I Pellicani”, ma qui volutamente più ridondante: quello del condominio fatiscente, dei cantieri edilizi, le impalcature, i palazzi in costruzione. C’è l’esatto opposto dei sentimenti di vitalismo che volevano proporre i futuristi (“La città che sale”). La città cresce, sì, in altezza e si espande, ma qui in più di un cantiere si trovano nicchie dormitorio per i senzatetto e i loro cani, orde di abusivi, tanto per chiarire che la città delle opere nutre in seno possibili apocalissi future.

C’è un ricorso a piccole resistenze urbane (non pagare le spese condominiali, essere in ritardo con l’affitto); iniziative velleitarie e come si vedrà autolesionistiche, che comunque rappresentano le uniche piccole anarchie che Ulisse Orsini può mettere in atto contro il sistema. Troviamo nel romanzo paesaggi urbani desolati: periferie piene di capannoni industriali, containers, cimiteri di automobili, cantieri abbandonati, stazioni dismesse rifugio di reietti umani con i loro cani. Nella desolazione urbana e suburbana svetta simbolicamente -vi compare più volte nel testo- il duomo della “città delle opere”. Ma è un ricorso corrivo: le sue guglie si sollevano dal marasma umano, sì, ma puntano su un cielo sempre cupo e plumbeo. Su un cielo da cui cade quasi sempre pioggia (ho pensato a “Hard rain” di Bob Dylan).

Nel suo andare, (nel suo fuggire?, nel suo cercare? nel suo disumanizzarsi?) Ulisse Orsini passa da un contesto simbolico all’altro, ognuno con personaggi che esercitano il potere o lo combattono: il condominio con l’amministratore e i vicini che si coalizzano per farlo sfrattare; la struttura ospedaliera con infermieri corrotti e ambigui; il cimitero delle macchine con i ragazzi incendiari che s’illudono di combattere il sistema; le campagne accanto alla statale, con donne contadine che s’impegnano per i diritti umani che devono valere anche per gli animali. Troviamo anche un povero Cristo redivivo, col suo asino, ridotto a disdicevole evento. E in questo “paese dei campanelli”, che mette a profitto persino l’impensabile, svetta la figura di Lazzaro Lanza, un guru della resistenza urbana, un profeta delĺ’anticonsumismo e della difesa dell’ambiente che Bianciardi avrebbe trasformato in guerrigliero urbano ed eroe ma che La Chiusa preferisce ironizzarci su e presentarcelo come un borderline.

Forse, magari sul finire, qualcuno avrebbe anche apprezzato maggiore sintesi, ma l’affabulazione, la ridondanza, il flusso di parole sono cifre dello stile di La Chiusa. Il romanzo scorre sui binari del tragicomico e del grottesco. E probabilmente senza l’eccesso, senza l’espansione del discorso e -diciamolo- il divertissement verbale, questo autore non sarebbe più lui.

Le sue parole che, se a un certo punto non decidesse di fermarle con la parola Fine, avvolgerebbero il mondo, sono troppo preziose e godibili per chiedergli maggiore sobrietà. Non è quello il suo stile. Come non è il suo stile rappresentarci la “città delle opere” come luogo dove possa regnare un qualche bene del mondo. Al contrario, in quell’ombelico della postmodernità, vi si annidano per il nostro autore tutti i mali possibili. Pesantezza? No, nel modo più assoluto. Perché La Chiusa sa raccontare quei mali con la corriva ironia e con la piacevole affabulazione del cui sapiente uso è abilissimo estensore.

Per finire voglio rendere merito ai responsabili delle edizioni Miraggi: intercettare un autore della portata di Sergio La Chiusa, capirne le prospettive, investirci pubblicando un romanzo denso di contenuti ma accattivante al sommo grado e di forte profilo letterario, non è cosa da tutti. Come non è cosa da tutti poter realizzare un libro con tanta minuziosa cura, senza economia di mezzi, con un progetto grafico d’avanguardia come è questo. Grazie.

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La UBIK VESPA LIBRERIA a Cocconato d’Asti – 16/12/2023

La UBIK VESPA LIBRERIA a Cocconato d’Asti – 16/12/2023

Ciao a tutti, oggi 16 dicembre 2023 è la prima volta a Cocconato d’Asti.

Anche in questo caso per le 8.30 iniziava il mercato, quindi son dovuto partire da Torino abbastanza presto con il mio carico di libri.

Una mattina dalle temperature di stagione piuttosto basse ma sopportabile, come ben sappiamo in questo inverno pazzerello. Inizio a prenderci gusto a prendere posto tra le bancarelle del mercato.

Le persone che vengono a fare la spesa al mercato non se l’aspettano di trovare una vespa adibita a libreria, colma di libri…

e posso dirvi che vedere le loro facce stupite mi piace, vedo in loro una sottile dose di dovertimento!

Ribadisco. Non lo dice nessuno ma i libri soddisfano un bisogno primordiale, fanno compagnia. Il bisogno della conoscenza e del confronto. Quello della comprensione. L’evasione e il riconoscersi nei personaggi che si incontrano. Essere in grado di utilizzare la capacità critica e analitica del pensiero anche a lavoro. La stessa abilità utilizzata per analizzare i dettagli, ritornerà utile per criticare la trama se è scorrevole o no, se è stato scritto bene, se i personaggi sono stati sviluppati in modo appropriato, ecc…

Anche qui il mio arrivo è iniziato con un buon caffè caldo, ho poi ho aperto la libreria come la vedete nella foto e nel video.

Tre persone sono arrivate dritte dritte a cercarmi e hanno comprato diversi libri, gli brillavano glki occhi e anche i miei occhi erano pieni di felicità. All’una e mezza sono andato a mangiare in un posto speciale, alla Cantina del Ponte. Ho assaggiato una tipica pizzetta bianca con formaggio e patate che si chiama Schiciola. Un buon bicchiere di vino rosso, una barbera dell’astigiano!

Nel pomeriggio le signore dell’amministrazione comunale mi hanno offerto il tè e i dolci di natale. Abbiamo chiacchierato tanto e brindato ai libri e alla lettura.

Ogni buon libro è un seme pronto a germogliare in qualsiasi momento.

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La UBIK VESPA LIBRERIA a Neive nel cuore delle Langhe – 29/11/2023

La UBIK VESPA LIBRERIA a Neive nel cuore delle Langhe – 29/11/2023

Ciao a tutti, oggi 29 novembre 2023 è la volta di Neive un piccolo borgo medievale nel cuore delle Langhe. Territorio piemontese in provincia di Cuneo famoso per i pregiatissimi vini Nebbiolo e Barbaresco.

Devo arrivare a Neive Borgonuovo per le 8.30 che inizia il mercato in piazza Garibaldi e quindi son partito da Torino alle 7.30.

Una mattina dalle temperature basse. Quasi meno sei gradi e vi confermo che viaggiando ho dovuto trascorrere tutto il tempo a muovere le dita che tendevano a congelare.

Che emozione stare in mezzo alle bancarelle di frutta e verdura…

tra formaggi, salumi, pesce e vestiti. Capite vero?

I libri laddove ci sono i beni di prima necessità! Perché non lo dice nessuno ma anche i libri soddisfano un bisogno primordiale, fanno compagnia. Il bisogno della conoscenza e del confronto. Quello della comprensione. L’evasione e il riconoscersi nei personaggi che si incontrano.

Soprattutto il bisogno del piacere… e così dopo un buon caffè caldo, ho aperto la libreria come la vedete nelle foto e nel video. Chi curiosando e chi invece arrivando dritto a cercarmi, sapendo già della mia presenza, si è creato interesse e movimento intorno alla vespa. Piano piano con il passare dei minuti e delle ore la mattina è volata e ho venduto un cospicuo numero di libri. La cosa magica che un gruppo di tre anziani, dopo avermi detto che non l’avrebbero comprato un libro, mi hanno chiesto e proposto un caffè. Ho accettato e apprezzato molto il gesto. Prima o poi un libro riuscirò a vederglielo…

All’una e mezza sono andato a mangiare in un posticino particolarissimo. Il piatto del giorno era uno spezzatino con purea. Mi sono gustato questo piatto come se fosse la prima cosa che mangiassi dopo un digiuno di tre giorni!

Nel pomeriggio Annalisa Ghella il sindaco mi ha accompagnato a fare una passeggiata per le vie del Borgo alto. Poi mi ha mostrato la biblioteca posta sopra all’ufficio turistico dove gli alunni vanno a afre laboratori di lettura.

Ogni buon libro è un seme pronto a germogliare in qualsiasi momento.

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La UBIK VESPA LIBRERIA inizia da Rueglio 23/11/2023

La UBIK VESPA LIBRERIA inizia da Rueglio 23/11/2023

Ciao a tutti, oggi 23 novembre 2023 sono iniziate le mie peripezie proprio da un borgo molto attento alla cultura e sono stato molto emozionato, oltre ad incontrare i residenti per le vie del paese, tutto è incominciato dalla scuola. Proprio così, 36 bambini che aspettavano il mio arrivo. Questo articolo che annuncia l’inizio di un’attività che definisco “rivoluzionaria” perché anche se le incursioni coinvolgeranno piccole realtà di borghi e comuni piemontesi, sono consapevole che è dalle piccole cose che nascono idee e progetti che sognano in grande.

Ci vorrà il tempo che ci vorrà ma la scommessa è questa. Riuscire a far capire che leggere un buon libro è quanto di più prezioso e importante che un essere umano oggi possa fare. I motivi sono tanti ma uno su tutti è che leggere ci aiuta ad essere migliori in qualsiasi lavoro si faccia. I più ricchi e famosi imprenditori sono tutti forti lettori. Divenire protagonisti in un determinato ambito ci chiama ad essere abili e capici nella lingua, a dominare la comunicazione, ad avere un dizionario di vocaboli più ampio possibile!

Leggere, perciò, ci trasforma in esseri pensanti dalla mente aperta, sempre di più, oltreché farci compagnia e metterci a confronto con storie che ci parlano.

Quindi ecco cosa è stato il primo giorno della Ubik Verspa Libreria, un manifesto, guardate la foto e ci troverete un folle innamorato della lettura in mezzo a 36 bambini e ragazzi che hanno portato il loro libro preferito e che è divenuto il loro volto!

Che bello.

Poi la giornata è continuata con un pranzo al bar ristorante Americano, un arrosto con purea, un buon bicchiere di vino da tavola, ho respirato aria umile e conviviale. Nulla di sofisticato. Due chiacchiere con i lavoratori che però rifiutano la lettura, la trovano noiosa, e forse, anzi per meglio dire, non sono abituati ed è ciò che frena non solo loro ma anche i loro figli, e altri.

Non è facile, è faticoso soprattutto all’inizio ma se qualcosa cattura e poi per sempre.

Nel pomeriggio ho incontrato alcune mamme che aspettavano i figli fuori dalla scuola, erano contente di vedermi lì e alcune di loro si sono regalate una lettura acquistando un libro. Questa prima giornata può bastare, felice di tutto.

Ogni buon libro è un seme pronto a germogliare in qualsiasi momento.

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I PELLICANI di Sergio La Chiusa, libro del giorno a Fahrenheit il 15/09/2021

I PELLICANI di Sergio La Chiusa, libro del giorno a Fahrenheit il 15/09/2021

Ascolta la puntata:

Rare volte la lettura di un romanzo dà tanto piacere per la scrittura in sé; e rare volte tanta ricchezza narrativa viene con tanta disinvoltura stipata in un solo romanzo, in un solo appartamento, quasi in una sola stanza.l giovane Pellicani è un chiacchierone. Si presenta una sera – una sera tardi – nella casa del padre, casa dalla quale si era allontanato – dopo aver sottratto certi risparmi da un certo cassetto – vent’anni prima. L’immobile, un condominio di sei, sette piani, è disastrato. Ma la scritta «Pellicani» sul campanello dell’ultimo piano c’è ancora; e la porta è appena accostata. Il giovane Pellicani – un completo grigio un po’ sdrucito, una valigetta ventiquattrore portata solo per darsi un tono – vuole fermarsi una notte e via, andare altrove: ha degli affari in Cina, sostiene. Il padre avrà dimenticato i fatti di vent’anni prima, lo accoglierà volentieri. 

Jakuba Katalpa e il suo linguaggio asciutto! Il romanzo I TEDESCHI letto da Riccardo Gangichiodo  – Lettore Ambasciatore Miraggi

Jakuba Katalpa e il suo linguaggio asciutto! Il romanzo I TEDESCHI letto da Riccardo Gangichiodo – Lettore Ambasciatore Miraggi

In questo romanzo avvincente l’Autrice, con un linguaggio asciutto che rifugge da ogni retorica dei sentimenti, ci mette dinanzi alle ferite aperte della memoria collettiva europea. La storia di Konrad – che riceve periodicamente dalla Germania pacchi di dolciumi da una misteriosa donna che si rivelerà essere sua madre – viene presentata da più punti di vista, in un processo ellittico e spiraliforme nel quale la verità viene diluita al punto da poter affermare che “tra verità e menzogna c’è un confine così labile che si può rimuovere con un semplice gesto della mano, con un battito di ciglia”. Ogni personaggio si muove dentro la trama di una storia che si declina nella forma dello sradicamento e della perdita. I figli di Konrad, come onde concentriche, si ritrovano dispersi in una diaspora quasi naturale, lontani da un padre di cui non riescono a portare il peso della rabbia irrisolta di figlio abbandonato. Addentrandoci dentro le pieghe del dramma di Klara, colpevole di avere lasciato il figlio Konrad all’età di tre mesi nella Repubblica Ceca, nelle mani di una donna chiamata Hedvika, scopriamo un destino segnato dalla guerra e da un Male troppo pervasivo e annichilente per porvi rimedio. Siamo di fronte ad un viaggio nella memoria labile, opaca, e infine lucida come lama di bisturi. Senza memoria chi siamo? E cos’è la memoria se il nostro mondo non viene attraversato dalle ragioni dell’altro? Se non affonda infine le radici nella carne viva, nel grumo delle proprie viscere? Quando il Male diventa sistemico e onnipervasivo, la coscienza del singolo raggiunge l’estremo lembo della carne, fino a toccare le ossa, e ogni uomo solca i sentieri più arcaici e impenetrabili, pur di sopravvivere e mettere in salvo la propria vita. Il problema è che mentre tutto ciò accade si è inconsapevoli della barbarie entro cui si è inabissati.

La lingua ha sì il potere di rianimare e rievocare l’appartenenza alle proprie radici, ma il tedesco – “le cui consonanti ricordavano il fruscio delle foglie che cadono” – non riesce a salvare se non per un attimo personaggi votati a un destino crudele. La geografia delle emozioni, come quella degli Stati, è costellata da confini labili e fluttuanti e valichi impossibili da attraversare.

Se fosse un medicinale quale sarebbe?

Accosterei il romanzo a un farmaco omeopatico, cioè il dolore curato con lo stesso dolore rammemorato.

Solitamente leggi a voce alta o mentalmente?

Amo leggere i libri mentalmente, così entrano nel vortice dei miei pensieri, fino a formare un’unica matassa con i miei vissuti. Sottolineo le cose che più risaltano, in modo che al termine  possa riassaporare tutta la storia nei suoi punti più nevralgici.

Tre aggettivi per descrivere “I tedeschi”?

Carnale, epico, lancinante.

Consigli una libreria che conosci, di fiducia, che ritieni importante?

Fino a qualche decennio fa nella mia città c’era una libreria – l’Aleph – entrando nella quale venivi introdotto in un mondo ricco di risonanze mitteleuropee. Il proprietario amava i suoi libri, li selezionava, e trasmetteva il suo amore a noi lettori in cerca di sapori forti. Poi, con la sua morte, fu chiusa. Oggi sostituisco quella ricerca con la lettura di inserti culturali qualificati, come la Domenica de IlSole24ore, o gruppi letterari online come “Billy, il piacere di leggere”.

“Andandosene altrove” Roberto Calasso lascia un grande insegnamento e un invito per il futuro.

“Andandosene altrove” Roberto Calasso lascia un grande insegnamento e un invito per il futuro.

“Andandosene altrove” Roberto Calasso lascia un grande insegnamento e un invito per il futuro.

L’insegnamento è che si può diventare editori per moltitudini di lettori con la curiosità, l’amore per il sapere, la certosina ricerca del valore letterario anche dove le opere nascono lontane dai dettati commerciali.

Imprevedibilità, estro, intuizione e colpi di genio, ma anche cura estrema, eleganza, precisione. E la padronanza del tempo, perché i libri ticchettano diversamente dagli orologi.

L’invito è di continuare con calma, con pazienza, anche noi piccoli che ci siamo seduti alla sua ombra, all’ombra di un gigante.

Non è un caso che il typeface delle collane di Miraggi sia il Baskerville: l’abbiamo scelto per omaggiare lo stile inconfondibile delle creature di Roberto Calasso.

Miraggi si è ispirata senza nasconderlo. La realtà è fatta di ogni visione. Grazie.

Alessandro De Vito

Davide Reina

Fabio Mendolicchio

Francesco Marchianò

Luca Ragagnin

Marco Repetto

Paolo Ciampi

IN VIAGGIO CON MIRAGGI – Fabio Mendolicchio parte in tour facendo il giro d’Italia con la sua vespa trasformata in libreria Miraggi

IN VIAGGIO CON MIRAGGI – Fabio Mendolicchio parte in tour facendo il giro d’Italia con la sua vespa trasformata in libreria Miraggi

Cosa succede quando tutto sembra essere immobile? Quando le parole sono filtrate da uno schermo, i libri visti da lontano e, con essi, i volti degli autori e dei lettori? Succede che una casa editrice decide di partire in vespa e girare l’Italia.

Un po’ Nanni Moretti un po’ no.

Tante tappe, tanti libri, tanti personaggi. Per umanizzare, scambiare opinioni, conoscersi. Rendere di nuovo onore ai corpi e alle parole.

Miraggi Edizioni c’è e si mette in Viaggio nei giorni del suo 11° anno di attività, tra pochi giorni sveleremo le tappe di questo tour e i protagonisti!

“Stiamo producendo alta letteratura straniera e italiana, scelta con estrema attenzione e l’intento è di comunicare l’esistenza di questi libri con letture 24/24h durante l’intero arco delle giornate del tour. 400 km in media ogni giorno, 2-3 librerie che vado a trovare ogni giorno, caffè presi con scrittori, giornalisti, blogger, colazioni, pranzi e cene che diverranno diretta streaming sui social networks.” Fabio Mendolicchio

Ragagnin fa un’operazione sconvolgente! Il nuovo romanzo IL BAMBINO INTERMITTENTE letto da Lara Martini – Lettrice Ambasciatrice Miraggi

Ragagnin fa un’operazione sconvolgente! Il nuovo romanzo IL BAMBINO INTERMITTENTE letto da Lara Martini – Lettrice Ambasciatrice Miraggi

Ragagnin fa un’operazione sconvolgente: prende Berg, ovvero Bambolo, ovvero Nini, ovvero Bambino Parentesi, ovvero Giorgio Santacroce….e ne fa un distillato nel senso letterale del termine. Sottopone il suo personaggio ad un processo di distillazione destinato a separare la sostanza, l’essenza di cui è fatto da tutto il resto: da chi lo ha messo al mondo, da chi lo ha cresciuto, dalla madre, dal padre, dai nonni di città e di mare, dai compagni dell’asilo, dagli amici dell’oratorio, dalle donne che attraverseranno la sua vita, dal catavoletto, da Kioko e dalla coda del cappello alla David Crockett. Ma non si tratta di una separazione nel senso, a cui siamo abituati, di allontanamento di scissione, quanto piuttosto di una separazione generativa, di un processo di creazione, di derivazione: Berg è e contiene tutto ciò che ha attraversato e tutto ciò che ha attraversato, tutto ciò che ha incontrato persone, luoghi, affetti, ansie, ricordi, relazioni, inadeguatezze, idiosincrasie, addii e ritorni lo hanno forgiato e legittimato per come è.

La distillazione sfrutta la separazione che avviene tra gli elementi ad una certa temperatura e così fa Ragagnin con Bambolo: lo accompagna talvolta con ironia, talaltra con pazienza, altre volte ancora con dolore (ma sempre con un garbo che definirei taumaturgico) attraverso i giorni, i mesi, gli anni mentre la temperatura delle emozioni, gli sconvolgimenti dell’anima lo mettono sottosopra e lo ricompongono come in un puzzle in cui ciò che fa da sfondo è in realtà il contenitore necessario a poter tracciare i confini e l’identità del soggetto per il quale il quadro esiste; il narratore accompagna il suo personaggio fino a fargli prendere consapevolezza del proprio essere e ad attribuirgli la dignità tipica dell’essere unico, differente, dell’essere proprio se stesso. E lo fa accudendo le sue emozioni, prendendosene cura, attribuendo ad ognuna di esse un fine, uno scopo e considerandole tutte, anche quelle più intime ed ancestrali, funzionali a divenire l’uomo che Bambolo può essere. Leggere Il Bambino Intermittente è infilarsi e sfilarsi più volte una maglia al rovescio mentre sali in vetta in una tersa e ventosa giornata di primavera inoltrata. In quota il sole scotta, anche sotto qualche lieve velatura; il vento soffia, non vuoi fermarti, ti raffredderesti, continui a camminare e infili la maglia al rovescio concentrato sui tuoi passi, senti sulla pelle sudata e irritata ogni singola cucitura, ogni piccolo difetto della stoffa, la cerniera sotto collo al contrario è insopportabile non puoi fermarti, stai salendo al tuo passo, al tuo ritmo e continui spinto dal suono di una scrittura che è una colonna sonora. Ragagnin non narra solo con le parole, Ragagnin narra con parole destinate a fare parte di una melodia che l’orecchio prima intuisce e poi sente chiaramente con l’andare delle pagine (e arrivati in fondo vorresti continuare a canticchiarle quelle pagine come il testo di una canzone di cui non puoi più fare a meno…).

Il Bambino Intermittente raccoglie come un’enciclopedia interattiva tutto ciò che è dell’uomo: il rapporto con i genitori (separati), il ruolo dei nonni, il rapporto col cibo, con la propria città, l’importanza dei luoghi in cui si cresce, l’asilo, la scuola, l’oratorio, gli amici, le ragazze, l’innamoramento, i viaggi (fatti o desiderati), i sogni, i ricordi, l’esigenza di trovare un lavoro dentro il quale sentire realizzata la propria essenza. E poi ci sono la morte e la musica. Non occorre essere a conoscenza della confidenza che Ragagnin ha con la musica per attribuire un ruolo fondamentale al rapporto che Berg ha con la musica. Mi piace pensare che la musica sia per Berg una sorta di traduttore on line, che il narratore abbia consegnato proprio alla musica il compito di decifrare e subito dopo tradurre in un linguaggio universalmente riconosciuto la strada che Berg compie per diventare se stesso, una strada lungo la quale tutto ha senso e tutto trova il suo posto: hanno senso le sbucciature sulle ginocchia, le piscine vuote, i souvenir a forma di bara, i nomi degli alberi, gli occhi azzurri di nonna di mare ed il nero di seppia degli spaghetti del nonno morto da anni. Tutti i giorni Berg apre porte dietro le quali trova persone, cose, situazioni che non riesce a spiegare fino in fondo ma alle quali riesce a riconoscere quel valore anticipatorio che non gli consente di archiviarle del tutto, che gliele fa tenere lì, a portata di mano, per poterle usare al momento giusto, per poterle collocare come tasselli nel quadro d’insieme a mano a mano che la sua vita si compie ed il suo posto al mondo prende forma nella stanza azzurra. “Vivo nella camera azzurra, che adesso è la mia camera a valvole, con il mio impianto a valvole e l’azzurro delle pareti rinfrescato, ripassato per buona educazione olfattiva perché tutti quelli che sono passati di qui, non molti per la verità, una madre, una moglie, un figlio hanno lasciato un segno distintivo, elusivo, evanescente ma che io non posso smettere di fiutare, anche adesso che non c’è più nessuno”. Il lettore incontrerà anche un personaggio secondario, o forse no, (una comparsa, cinematograficamente parlando….) di nome Luca Ragagnin. Se ne sta seduto ad un tavolo, in un locale…a bere…Il Bambino Intermittente è la melodia della vita di Berg suonata dalle dita esperte di chi riesce a far vibrare la scrittura lungo i propri armonici naturali che non sono suoni puri ma proprio per questo restituiscono una straordinaria sensazione di completezza.Il Bambino Intermittente è, credo, la melodia della vita degli uomini e delle donne del nostro tempo. Grazie…

La mia libreria del cuore è la Libreria Milton di Alba (CN).

#letterARIA vi suggerisce la lettura de IL REPORTAGE rivista trimestrale di rara cura e bellezza, direttore Riccardo De Gennaro autore di LA REALTÀ PURA

#letterARIA vi suggerisce la lettura de IL REPORTAGE rivista trimestrale di rara cura e bellezza, direttore Riccardo De Gennaro autore di LA REALTÀ PURA

Con il numero 45 il Reportage entra nel suo dodicesimo anno, mantenendo ancora a 10 euro il prezzo di copertina e a 32 euro l’abbonamento annuo (sconto del 20% e spese di spedizione incluse). Il primo numero del 2021, l’Anno del Vaccino, apre con un’intervista molto importante all’intellettuale e giornalista Furio Colombo, che il primo gennaio ha compiuto 90 anni. Colombo ripercorre tutta la sua carriera, dai tempi dell’Olivetti e della Rai alla direzione dell’Unità, passando per la militanza nel Gruppo 63 e la sua lunga permanenza negli Stati Uniti. A registrare le sue “confessioni” è il giornalista del Fatto quotidiano, Giampiero Calapà.

Il primo reportage è quello che fornisce anche la foto di copertina e documenta un’insolita giornata tra i ladri di tombe della Valle dei Re in Egitto. Lo firma il fotografo americano Christopher Pillitz, che racconta la sua rischiosa esperienza. Paola Rizzi, invece, ripercorre i 50 anni di Ciudad Abierta, una sorta di “isola utopica” cilena, costituita nel 1970 da un gruppo di intellettuali, architetti, poeti e artisti del Cile, che resistette perfino ai duri anni di Pinochet. Il mastodontico progetto del Tren Maya, che dovrebbe tagliare a fette il Sud del Messico con 150mila chilometri di ferrovia, è l’oggetto del terzo reportage firmato da Vittoria Romanello, la quale dà voce alle popolazioni locali che temono una devastazione ambientale non solo per i lavori di realizzazione, ma anche per l’avvento di un turismo poco rispettoso delle risorse naturali (le foto sono di Heriberto Paredes).

Il portfolio di questo numero è dedicato al caporalato della mafia nigeriana nel Foggiano. Il fotografo Alessandro Zenti ha documentato il lavoro massacrante e la vita nelle baraccopoli degli immigrati, che per essere in grado di lavorare sono costretti a ricorrere al Tramadolo, conosciuto come la “droga del combattente”. Il reportage successivo – firmato da Gianluca De Bartolo – parla invece del Ruanda, il piccolo Paese africano che tenta di risollevarsi dal suo tragico passato. La novità è data dal completamento di un servizio di droni (primo Paese al mondo ad adottarli in questo settore) per il trasporto delle sacche di plasma e dei medicinali nelle zone rurali del territorio. Graziano Graziani, invece, ci porta nelle Azzorre sulle orme di Tabucchi, che qui ambientò “Donna di Porto Pym”. Di Nicola Zolin il reportage conclusivo, che racconta il rinnovato business, in Italia, della coltivazione, produzione e distribuzione della cannabis, soprattutto per uso terapeutico.

Non mancano le cinque recensioni librarie, la “Lettera Aperta” di Valerio Magrelli, la rubrica “Un autore, un libro” di Maria Camilla Brunetti, che questa volta conversa con Federica Sgaggio. Il racconto di questo numero è della scrittrice italiana Marta Cai, che da qualche tempo vive in Brasile. L’editoriale di Riccardo De Gennaro è dedicato alle ardue previsioni per il nuovo anno, la foto vintage che chiude come di consueto il numero ricorda il tentato golpe Tejero nel 1981 in Spagna, esattamente quarant’anni fa.

Andrea Pennacchi legge “I bei tempi andati” racconto tratto dalla prima opera di Bohumil Hrabal LA PERLINA SUL FONDO

Andrea Pennacchi legge “I bei tempi andati” racconto tratto dalla prima opera di Bohumil Hrabal LA PERLINA SUL FONDO

Qualche tempo fa il Centro Ceco Milano ha organizzato una rassegna intitolata “La cultura in quarantena” perché diversi libri usciti tra Marzo e Maggio 2020 si trovarono privati di degna presentazione e divulgazione, in tal occasione AndreaPennacchi, amante e studioso di narrativa ceca, ha letto uno dei 10 racconti che compongono LA PERLINA SUL FONDO prima opera di Bohumil Hrabal uscito proprio ad aprile, ora ascoltabile in questo contenuto extra… buon ascolto per scoprire che meraviglia sia questo libro #MiraggiDaLeggere

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